Antonio Medici, direttore del Premio Cesare Zavattini, a Fattitaliani: digitalizzazione e Web possono essere strumenti straordinari di diffusione e conoscenza del Cinema. L'intervista

di Laura Gorini - Anche quest' anno il prestigioso Premio Cesare Zavattini è stato presentato nell’ambito della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, grazie all’ospitalità dell’Istituto Luce Cinecittà - partner del Premio - negli spazi dell’Italian Pavillion presso l’Hotel Excelsior. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Antonio Medici, direttore del Premio.

Dottor Medici, la nuova edizione di cui stiamo parlando è la terza: quali riscontri ha avuto finora?
Il Premio Zavattini è nato nel 2016 ed ha ottenuto fin dall'inizio un buon riscontro sia in termini di partecipazione al concorso, sia in termini di attenzione da parte del mondo del Cinema. E' una iniziativa della Fondazione Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, sostenuta dal MiBACT, dalla Siae e dalla Regione Lazio, con la partecipazione dell'Istituto Luce Cinecittà e la collaborazione di altri archivi partner. Il suo obiettivo è stimolare la conoscenza degli immensi patrimoni cinematografici custoditi nelle cineteche o in archivi privati e promuoverne il riuso creativo in nuovi prodotti audiovisivi. Il meccanismo del Premio è piuttosto articolato: vi possono concorrere, attraverso un bando pubblico, giovani film-maker di qualsiasi nazionalità, di età compresa tra i 18 e i 35 anni: basta presentare il progetto di un cortometraggio documentario che preveda l’utilizzazione anche parziale del materiale filmico della Fondazione Aamod e degli archivi partner. Una Giuria – quest'anno presieduta dalla regista Susanna Nicchiarelli e composta dal produttore e regista Ugo Adilardi, dalla regista Elisabetta Lodoli, dal regista Roland Sejko e dal docente universitario Giovanni Spagnoletti – sceglie tra i progetti pervenuti dieci finalisti, i cui autori hanno la possibilità di partecipare a un percorso formativo e di sviluppo guidato da affermati professionisti del Cinema italiano. Al termine, la stessa giuria seleziona fra i finalisti tre progetti vincitori che, oltre a utilizzare liberamente, con licenze Creative Commons, il materiale filmico dell’Aamod e degli archivi partner, ricevono servizi gratuiti di supporto per la realizzazione dei cortometraggi e la somma di 2.000 euro per ciascun progetto realizzato. 
Si parla molto, ho notato, di tecnologia, in particolare della differenza tra passato e presente, lei crede che questo “boom” tecnologico in continua crescita nel quale viviamo oggi sia un bene o può, in qualche maniera, portare ad una perdita di vecchi valori dal punto di vista tecnologico?
Le tecnologie digitali e il Web hanno cambiato le nostre le vite e il nostro modo di lavorare: il Cinema non fa eccezione. Il Premio Zavattini è realizzabile, nella formula attuale, grazie alla possibilità di poter visualizzare, dovunque ci si trovi, i film degli archivi sui canali Youtube dell'Aamod, dell'Istituto Luce e di altre realtà istituzionali e private.
Questo fatto offre la possibilità di conoscere grandi patrimoni cinematografici e, magari stimolati dall'idea di partecipare al Premio, esplorarli per progettare un nuovo film. In epoca analogica, per esplorare e conoscere i film di una cineteca occorreva recarsi fisicamente presso la sua sede. Dunque, la digitalizzazione e il Web possono essere strumenti straordinari di diffusione e conoscenza del Cinema. L'aspetto problematico dei nuovi ambienti mediali di fruizione è che l'enorme quantità di contenuti che vi vengono riversati ogni giorno, anzi ogni istante, crea una massa indistinta dove è facile perdere l'orientamento e capire realmente che cosa si sta vedendo. Ma questo è un problema culturale, da affrontare con strumenti che producano maggiore consapevolezza negli spettatori contemporanei, che sono anche, spesso, creatori. 
Rimanendo collegati alla domanda precedente, ha l’impressione che i giovani d’oggi si interessino realmente alla realizzazione di una documentazione video di argomentazioni serie oppure che puntino di più a realizzare un tipo di intrattenimento “commerciale”? 
Per i giovanissimi, mi sembra prevalere l'aspetto ludico, narcisistico e relazionale nell'uso delle tecnologie digitali e del Web. Si “gioca” con la possibilità di creare immagini fisse e in movimento, anche manipolando quelle che già si trovano in Rete, ci si racconta proiettandosi in “personaggi” che spesso sono lontani dalla vita reale. Qui c'è un aspetto che già Cesare Zavattini, il grande sceneggiatore e intelletuale cui è intitolato il Premio, aveva individuato alla fine degli anni sessanta del Novecento, e cioè il fatto che, se si utilizza il cinema, che è uno strarodinario strumento di scoperta della realtà, senza la consapevolezza del suo linguaggio, si tende a riprodurre il linguaggio dominante e i suoi schemi (e quindi anche i valori che vi sono connessi). Per quel che concerne i partecipanti al Premio Zavattini, abbiamo avuto positive sorprese: si tratta di ragazzi e ragazzi che hanno meditato i loro progetti, vi hanno lavorato seriamente, esplorando sia gli archivi sia le proprie motivazioni a raccontare qualcosa attraverso un film. E questo “qualcosa” spesso ha a che fare con temi di scottante attualità, pur attingendo alla memoria cinematografica: la società che cambia, anche a livello locale, l'emigrazione e l'immigrazione, il lavoro e la precarietà, il rapporto genitori/figli, il rapporto tra uomo e donna, e così via. Inoltre, in molti casi, i progetti hanno una componente “metalinguistica” molto forte, cioè inventano nuovi modi di combinare le immagini, slegandole dalla loro natura di testimonianza di fatti reali e attribuendogli nuovi significati.    
Al giorno d’oggi quale crede che sia il modo e l’argomento migliore per tutti i giovani che vogliono fare “cinema” e di conseguenza farsi notare per fare carriera nel mondo audiovisivo? Crede che questi eventi, possano anche essere un modo per i giovani di incontrarsi fra di loro e confrontarsi in maniera costruttiva, e perché no, per far nascere future collaborazioni? Secondo lei esiste un modo per poter capire se un giovane videomaker amatore possa avere la “stoffa” per diventare un buon professionista? Ci sono ancora, a suo avviso, in tempo di crisi come oggigiorno delle concrete possibilità di intraprendere un futuro professionale per coloro che intendono lanciarsi nel mondo dell’audiovisivo?
Il Premio Zavattini è destinato a giovani film-maker, professionisti e non: in sostanza è l'occasione per realizzare un progetto di cortometraggio documentario, con l'ausilio di professionisti affermati. Quindi, se si è selezionati, è già un modo per entrare in contatto con il mondo del Cinema, per chi non ha ancora mosso i primi passi in questo settore. Inoltre, i cortometraggi realizzati grazie al Premio Zavattini vengono proiettati in eventi pubblici e possono essere presentati ai Festival: ad esempio, Blue Screen di Alessandro Arfuso e Riccardo Bolo è stato candidato ai Golden Globe e ha vinto la propria sezione al Torino Film Festival; Fuori programma di Carla Oppo è stato selezionato dal Festival of Archive, Memory and Ethnography di Porto e dal Festival ULTRAcinema MX di Puebla in Messico; Dimenticata militanza di Patrizio Partino è stato selezionato dal Sulmona International Film Festival e infine Massimino di Piero Li Donni ha partecipato al Film-maker di Milano. 
Ciò che ha dato spessore a questi film e agli altri realizzati grazie al Premio Zavattini, più che l'argomento, sono la serietà degli intenti, il lavoro sui materiali e l'orginalità con sui sono stati proposti. In alcuni casi, i cortometraggi sono anche il primo passo per produzione più impegnative, che rappresentano uno sviluppo del progetto realizzato. Ormai molti festival e realtà internazionali hanno adottato la formula di selezionare nuovi talenti sulla base di idee progettuali e accompagnarne la realizzazione con attività di tutoring, come nel caso del Premio Zavattini: credo che sia una ulteriore, preziosa opportunità offerta a chi voglia lavorare con il Cinema e l'audiovisivo. 

Si è svolta, nell’ambito del settantacinquesimo festival del cinema di Venezia, la conferenza di presentazione del PREMIO CESARE ZAVATTINI, terza edizione del concorso pubblico rivolto a giovani filmmaker, professionisti e non, che ha la particolarità di stimolare e premiare l’originalità, la sperimentazione, il “tradimento” e il rimescolamento dei generi nell’ambito del riuso del cinema d’archivio. Un’occasione, insieme a numerosi relatori intervenuti, per sottolineare il valore e l’importanza dell’utilizzo delle immagini del passato per stimolare nuovi percorsi di presente e futuri avvalendosi dei linguaggi e tecnologie contemporanee.
Il primo a intervenire, Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia, ha evidenziato come per far vivere e circolare lo straordinario patrimonio filmico italiano e internazionale occorrano “uomini vivi”, interessati a utilizzare gli archivi non solo per ricostruire la storia, ma anche come strumenti per ampliare la conoscenza del mondo contemporaneo. Concetto ripreso da Vincenzo Vita, presidente della Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (promotore del Premio Zavattini, con Istituto Luce Cinecittà), il quale ha utilizzato la formula dell’archivio come “realtà aumentata”, cioè mezzo indispensabile per amplificare la nostra conoscenza della realtà attuale. Se – ha continuato Vita, citando Cesare Zavattini – i materiali custoditi negli archivi devono scrollarsi di dosso la polvere degli scaffali, allora, come dice Baratta, sono gli uomini e le donne che vi si accostano a ridargli nuovi significati, rimettendo in circolo le immagini di ieri in storie che parlano all’oggi. Antonio Medici, direttore artistico del Premio, ha sottolineato come i contenuti di un archivio siano sempre contemporanei, nel senso che se sollecitati da interessi non accademici, ma autenticamente innestati nel tempo in cui si vive, diventano fonti preziose di indagine e racconto, anche intimi e personali. Inoltre, come confermato dall’esperienza condotta sin qui con i giovani partecipanti al Premio, il confronto con le immagini d’archivio è anche un corpo a corpo con il cinema, il suo linguaggio e le sue estetiche, che può condurre a rivisitazioni critiche, originali, visionarie. Enrico Bufalini, in rappresentanza del Luce Cinecittà, ha ricordato come lo storico Istituto abbia digitalizzato grandissima parte del suo patrimonio, che dal 2000 è online fornendo così opportunità di accesso e conoscenza agli operatori di tutto il mondo: non è un caso che dal 2012 sia stato anche iscritto dall’UNESCO nel registro della Memoria del mondo. Per Franco Montini, presidente Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, il Premio Zavattini si inserisce in una corrente molto vitale del cinema contemporaneo, ricco di interessanti sconfinamenti tra finzione e documentario. Lo ha sottolineato anche Laura Delli Colli, presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, rendendo merito alla Fondazione Aamod di partecipare attivamente alla costruzione di ciò che di più significativo si muove nel cinema italiano. Francesco Martinotti,  Presidente Associazione Nazionale Autori Cinematografici, consorella dell’AAMOD nell’impegno relativo alla tutela del cinema della memoria e del cinema d’autore, ha evidenziato il valore comune del Premio Zavattini e del Premio Lizzani, istituito proprio dall’ANAC-AUTORI. Martinotti ha anche ricordato l’appello per la liberazione del regista ucraino Oleg Sentsov, condannato a 20 anni di carcere, appello ribadito anche da Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale Stampa italiana, che ha sostenuto il progetto del Premio Zavattini e colto l’occasione della qualifica partecipazione del pubblico per ricordare quanto sia importante e necessario difendere la libertà di espressione. 
L’incontro è stato moderato da Aurora Palandrani, CDA AAMOD e coordinatrice del Premio insieme a Paola Scarnati, co-fondatrice AAMOD.

La terza edizione del Premio Zavattini, attualmente in corso, ha visto selezionare 12 nuovi progetti di giovani filmmaker che attualmente stanno frequentando un percorso formativo tenuto da importanti professionisti del cinema italiano, oltre ad essere affiancati da qualificati tutor per lo sviluppo dei loro progetti. Al termine dell’itinerario formativo, la Giuria del Premio sceglierà tre progetti vincitori che, oltre a utilizzare liberamente (con licenze Creative Commons) il materiale filmico dell’Aamod e degli archivi partner, riceveranno servizi gratuiti di supporto per la realizzazione dei cortometraggi (produzione e post-produzione) – la cui fase di lavorazione è prevista fra gennaio e giugno 2019 - e la somma di 2.000 euro per ciascun progetto realizzato. La Giuria del Premio Zavattini 2018 è formata da: Susanna Nicchiarelli (presidente), Ugo Adilardi, Elisabetta Lodoli, Roland Sejko e Giovanni Spagnoletti.

Il Premio Zavattini è promosso dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (di cui lo stesso Zavattini fu primo presidente), sostenuto dalla Siae e dal MiBACT (attraverso il bando “Sillumina”) e dalla Regione Lazio, e realizzato in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà, con la partecipazione della Cineteca Sarda, Deriva Film e Officina Visioni.
Fattitaliani

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