Ci
sono alcuni temi di cultura politica, nell’accezione più nobile del termine,
che tutti noi cittadini diamo per scontati. Qualche volta, invece, non li diamo
per scontati, ma temiamo semplicemente di apparire “ignoranti” agli altri e
talvolta a noi stessi, per cui evitiamo di dare o darci delle spiegazioni,
delle risposte, e procediamo nei ragionamenti e nelle bonarie o accese
discussioni politiche al bar o nel salotto di casa con amici e conoscenti
schifati dalla politica e dai politici contemporanei, e proponiamo le nostre
avventate risposte che più che nei contenuti riusciamo a sostenere nei toni e
negli atteggiamenti saccenti e di chi la sa lunga.
Ma
se, per un attimo, volessimo con sincera umiltà porre a noi stessi, più che ai
nostri interlocutori, alcune semplici domande, allora scopriremmo che i nostri
ragionamenti poco prima sostenuti con supponenza e arroganza, crollerebbero
impietosamente e noi, ragionando con noi stessi, ci ritroveremmo a precipitare
metaforicamente in un vorticoso precipizio di fragili idee di cultura politica
senza riuscire a trovare un appiglio al quale aggrapparci fortunosamente per
non rovinare miseramente sulla dura “terra” che al contempo rappresenta quella
cruda realtà politica che non avevamo saputo vedere.
La
questione è allora quella delle giuste domande da porsi.
E
quali sono queste domande alle quali potremmo trovare risposte sensate e
ragionevoli tanto da farci vedere dove non avevamo visto, tanto da farci capire
dove non avevamo capito, tanto da farci ragionare dove non eravamo riusciti a
ragionare, tanto da, finalmente e imperiosamente, da farci divenire quei
cittadini consapevoli del proprio potere di voto e consapevoli del proprio
potere di scelta politica da fare dentro l’urna elettorale per garantire a noi,
ma soprattutto ai nostri figli e ai nostri nipoti, un futuro migliore e una
vita sociale degna dei nostri tempi e degna dei diritti di cittadini del
ventunesimo secolo?
Gustavo
Zagrebelsky con “Il diritto mite” edito da Einaudi nel 1992 (revisionato e
ripubblicato nel 2013) risponde ad alcune domande fondamentali che, se
comprese, ci consentono di capire qual è la cornice giuridica che garantisce e
tutela i diritti costituzionali.
Cos’è
il diritto costituzionale?
Cos’è
lo Stato sovrano?
Cos’è
il diritto dello Stato?
Cosa
sono veramente i diritti dei cittadini?
Quale
dei due diritti in uno Stato è prioritario sull’altro? Il “diritto dello Stato”
o il “diritto del cittadino”?
Cos’è
il diritto pubblico?
Qual
è la differenza fra sovranità dello Stato e sovranità della Costituzione?
Ha
più senso, nel ventunesimo secolo, parlare di Stato?
Qual
è oggi la sovranità reale di uno Stato concepito in un contesto internazionale,
europeo?
Se è
vero che lo Stato, all’interno dello scenario internazionale, come modello di
unità politica è ormai morto, qual è la prospettiva politica sovranazionale che
potrà garantire sicurezza, giustizia, diritti a tutti i cittadini?
Ha
più senso parlare di diritti in un contesto internazionale sovra-statale sul
quale si affaccia prepotentemente ed imperiosamente il più potente dei poteri,
quello dell’“economia globalizzata”, altresì conosciuto come “capitalismo
finanziario”?
Quale
sarà, allora, il “nuovo diritto” che queste potenti forze economiche
sovra-statali imporranno al mondo intero?
Zagrebelsky
dà al lettore tutti gli elementi per fargli comprendere come spesso dietro lo
“Stato di diritto” si celino gruppi di potere, lobby internazionali, élite,
classi politiche per le quali lo Stato, concepito come soggetto unitario
astratto – “una persona statale” - capace di volontà e di azioni concrete, non
è altro che uno schermo, una maschera, uno strumento per consentire loro – alle
lobby di potere e al “capitalismo finanziario” - di fare ciò che non potrebbero
altrimenti fare.
Al
contempo, Zagrebelsky ci rappresenta tutti i complessi, e spesso astrusi,
rivoli normativi a tutela dei diritti e a tutela dell’unità nazionale.
Oggi
in Italia la Costituzione rappresenta, per tutti i cittadini e per tutte le
forze sociali, la massima e più autorevole garanzia di vita comune, di
legittimità di ciascuna delle parti costitutive della società italiana di
esistere e di esprimersi liberamente. Forze sociali costitutive dello Stato che
oggi in Italia sono garantite e tutelate nei loro diritti e nelle loro libertà
dal diritto costituzionale.
O
almeno così dovrebbe essere!
Sono
questi i temi trattati in questo interessantissimo saggio di Gustavo Zagrebelsky
che andrebbero letti e riletti per avere una cornice chiara di quali sono i
diritti e i doveri costituzionali previsti dalla nostra Costituzione.
Questo
primo saggio, “Il diritto mite”, è
un’ottima premessa per approfondire i tema dei diritti costituzionali che Zagrebelsky
affronta nei due successivi che abbiamo selezionato: “Fondata sul lavoro. La
solitudine dell’articolo 1” del 2013 e “Contro la dittatura del
presente. Perché è necessario un discorso sui fini” del 2014.
Ma
andiamo in ordine.
Gustavo
Zagrebelsky, “Fondata sul lavoro. La solitudine
dell’articolo 1”, Ed. Einaudi, Torino, 2013
Il 5
dicembre 2016, il risultato popolare del Referendum Costituzionale voluto
dal Governo Renzi è stato chiaro. Il Referendum costituzionale era quello del 4 dicembre 2016,
che portava un titolo impegnativo ed altisonante “Disposizioni per il
superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei
parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la
soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della
Costituzione”.
Alla luce di questi fatti di cronaca
politica italiana di appena due anni fa, che ha segnato una imprevedibile
(allora!) inversione di rotta delle scelte politiche degli italiani, è
opportuno rileggere un piccolo saggio del Grande Costituzionalista italiano
Gustavo Zagrebelsky, che non ha certo bisogno di presentazioni, né di pubblici
elogi perché ampiamente riconosciuto e apprezzato da tutti – nessuna parte
politica o intellettuale esclusa- per la sua rettezza morale e per la sua
grande onestà intellettuale: sia da suoi amici che dai suoi nemici, sia da chi
la pensa come lui che da chi non la pensa come lui.
Zagrebelsky in Italia, più che un
affermato, stimato e apprezzato giurista e costituzionalista, rappresenta agli
occhi di molti italiani, un “monumento vivente” della cultura giuridica del
nostro paese e un indiscutibile punto di riferimento intellettuale per chi ha
sete di conoscenza, di sapere, di cultura non contaminata dagli interessi di
parte, di lobby, di “aggregazioni”, di
“club-intercontinentali-di-potere-economico”. Insomma, la storia professionale
ed umana di Zagrebelsky è unanimemente riconosciuta come quella di un uomo che
ha tracciato ed ha segnato la Cultura giuridica italiana come pochi dei
giuristi viventi del nostro Paese.
Se proprio vogliamo scrivere qualcosa
per i lettori che lo conoscono poco, essendo Zagrebelsky un uomo assai
riservato e discreto, possiamo certamente dire che è un grande intellettuale
italiano, uomo di grandissima cultura giuridica, otre che giurista e professore
emerito in diverse università italiane e straniere; assai noto in Italia per la
sua immensa cultura giuridica, per l’onestà intellettuale che ha sempre saputo
dimostrare in qualsiasi importantissimo ruolo istituzionale che ha ricoperto,
per la sobrietà che malgrado le altissime cariche istituzionali rivestite ha
sempre mantenuto.
Il saggio al quale facciamo riferimento
qui, ci parla del fondamento della vita democratica di un Paese, che oggi
sembra essersi smarrito e sta venendo meno in quasi tutti i paesi occidentali
che si definiscono democratici. Il saggio di Gustavo Zagrebelsky, non a caso,
ha come sottotitolo “la solitudine dell’art. 1” della Costituzione Italiana.
La democrazia, sopra ogni cosa, ha come
ideale la libertà che ceduta al bene comune, ossia ai sani principi della
società democratica, produce libertà per tutti.
La libertà è la possibilità di ogni
cittadino di partecipare alla vita politica attiva.
Se non c’è libertà, non c’è democrazia.
Ma cos’è la libertà? Cos’è la democrazia?
Cos’è la partecipazione alla politica attiva? Cosa c’entra la libertà con il
lavoro? Perché la nostra Costituzione è fondata sul lavoro?
Sono queste le domande alle quali
Zagrebelsky cerca di rispondere prendendo spunto dall’articolo 1 della nostra
Costituzione.
Il fondamento della vita politica di
una degna democrazia è il lavoro. La politica di uno stato democratico che
vuole definirsi tale, deve essere necessariamente e prioritariamente
finalizzata alla creazione di lavoro. L’economia di un paese democratico,
pertanto, è quell’economia che nasce da una politica economica che ha quale
unico e irrinunciabile obiettivo il lavoro per i suoi cittadini.
Se invece, come accade in quasi tutti i
paesi occidentali che pretendono di definirsi democratici, l’economia diviene
una forza che influenza negativamente le scelte della politica economica
riducendo le opportunità di lavoro per i propri cittadini, allora vuol dire che
quel Paese non è un paese democratico, bensì un paese casta-cratico, ovvero, un
paese oligarchico.
La nostra Costituzione pone a suo
fondamento il lavoro. Se la politica del nostro paese non è stata in grado di
creare lavoro per tutti i suoi cittadini, vuol dire che quella politica ha
tradito la Costituzione italiana.
È quello che in questo breve ma intenso
ed incisivo saggio Zagrebelsky vuole dire al lettore: senza lavoro non c’è
libertà. Senza lavoro non c’è democrazia. Senza lavoro c’è oligarchia, ovvero,
un governo imposto da un gruppo ristretto di persone: la cosiddetta “Casta”.
L’articolo 1 della nostra costituzione
è stato e continua ad essere calpestato dalla politica dominante del nostro
Paese, l'Italia, e da tutti i paesi occidentali che, da questa prospettiva,
“impropriamente” si definiscono democratici.
Politica divenuta oggi succube e
sottomessa alla politica economia delle oligarchie internazionali che non hanno
certamente come obiettivo prioritario il lavoro, ma l’arricchimento delle lobby
di appartenenza e il potere di controllo delle masse.
Leggere il saggio di Zagrebelsky di cui stiamo discutendo con questo
scritto, ci fa capire tante cose che sembrerebbero scontate, vivendo la nostra
quotidianità ed essendo presi e imbrigliati nelle nostre frenetiche e
stressanti preoccupazioni che non ci lasciano più il tempo di riflettere e di
pensare al senso della vita di comunità, al senso della vita sociale, al senso
dell'appartenenza ad un popolo, al senso dello Stato, o se vogliamo
rispolverare un termine oramai considerato obsoleto, ma che è denso e pregnante
di valori forti, positivi e di storia vissuta sul sangue e sulla pelle dei
nostri nonni e dei nostri avi, al senso della Patria come lo definiva il grande
presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini.
Il prossimo saggio di Zagrebelsky del
quale scriviamo a seguire, si pone il problema del rischio di “dittatura”,
ovvero, della “dittatura” celata dietro la debole democrazia del nostro tempo.
Gustavo Zagrebelsky, “Contro
la dittatura del presente. Perché è necessario un discorso sui fini”, Ed.
Laterza, Roma, 2014.
Viviamo
ancora in democrazia oppure siamo immersi in un sistema post-democratico del
quale non riusciamo a capirne il significato ed i veri fini?
Possiamo
oggi parlare di sovranità dello Stato democratico oppure sono le oligarchie, le
multinazionali e i centri di potere finanziario a governare le democrazie?
Come
può uno Stato fortemente gravato dai debiti definirsi uno Stato libero e
veramente democratico?
Cos’è
diventata oggi la democrazia?
Sono
questi gli interrogativi ai quali Zagrebelsky, con semplicità disarmante,
risponde consapevole che oggi, tutti i potenti, tutti i politici, tutti noi
indistintamente, “parliamo di democrazia
sapendo che usiamo una parola mentitrice, che si presta alla menzogna. In
questo si distingue dalle parole che indicano altre forme di governo come
dittatura, oligarchia, ecc. Queste poterono presentarsi per quello che erano.
La democrazia no. La ragione è che, dal secondo dopoguerra, democrazia è
diventata parola che usiamo per tutto ciò che di buono, di giusto, di degno c’è
nella vita collettiva, nelle relazioni internazionali, politiche, sociali, fino
alla dimensione più piccola, quello dei rapporti interpersonali di coppia. Ai
giorni nostri la democrazia, alla luce dei risultati ottenuti, dovrebbe
semplicemente essere rivisitata nella sua accezione condivisa acriticamente
dalle masse, dal popolo, dalla gente comune, ed assumere, invece, il
significato che le spetta per diritto acquisito per tutte” le promesse non
mantenute a causa dei fattori corruttivi che ha generato: le corporazioni, le
oligarchie, l’insufficiente diffusione nella società, il potere invisibile, la
diseducazione civile, il predominio dei tecnici, il peso degli apparati
burocratici, l’inefficienza”, come direbbe e come ha già scritto nel
lontano 1984 Norberto Bobbio ne “Il futuro della democrazia”.
Se è
vero che la democrazia si è rivelato un sistema di governo e di rappresentanza
che ha prodotto disuguaglianze, corruzione e ingiustizie, qual è la forma di
governo che dovrebbe darsi il popolo?
Quale
il futuro della società civile del XXI secolo?
Perché
diventa necessario un discorso sui fini?
“La crisi provocata dalla finanza ci ha rubato
il futuro. Lo ha letteralmente seppellito sotto le paure del presente. Tocca a
noi riprendercelo”. È questa l’unica alternativa che
suggerisce Marc Augé nel suo saggio “Futuro” (2012).
Se
vogliamo veramente guardare al nostro futuro e al futuro dei nostri figli, è a
queste domande che dovremmo dare una risposta per trovare un’alternativa al
sistema democratico attuale; domande alle quali con questo saggio cerca di dare
delle risposte Gustavo Zagrebelsky.
Il
rischio, altrimenti, è lo stesso vissuto dagli abitanti dell’isola di Pasqua la
cui autodistruzione rappresenta un grandioso e minaccioso apologo su come le
società possano distruggere da sé il proprio futuro per gigantismo e
imprevidenza.
Link:
http://www.einaudi.it/libri/libro/zagrebelsky-gustavo/il-diritto-mite/978880613081
http://www.einaudi.it/libri/libro/gustavo-zagrebelsky/fondata-sul-lavoro/978880621736
ANDREA GIOSTRA