Il valore dell’arte secondo Silvia Senna, artista e pittrice milanese: l'arte è conoscenza completa. L'intervista


di Andrea Giostra.

Ciao Silvia, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Ai nostri lettori che volessero conoscerti quale artista, quale pittrice, cosa dici attraverso le pagine di questo giornale? 
Ciao Andrea, grazie a te dell’invito, e grazie ai lettori che mi seguiranno nella lettura; sono di Milano dove vivo e lavoro da sempre. La mia città mi ha insegnato molto ma soprattutto mi ha dato la possibilità di studiare e lavorare sempre a pieno ritmo. Dal liceo artistico alla grafica pubblicitaria al lavoro in studi di architettura. Però sono anche una sportiva, e la disciplina mentale e fisica mi hanno aiutato a domare il mio lato artistico trattenendolo quando serve e lasciandolo correre quando è il momento.
Ci parli della tua ultima mostra e dei lavori che hai esposto a Milano? Perché questo titolo, Metropolis? 
Tutto nasce dall’incontro con l’artista Marina Kaminsky, per mesi ci siamo inviate complimenti su mostre in cui entrambe abbiamo partecipato o visto da visitatrici, ci siamo contattate in Facebook e da lì abbiamo iniziato a parlarci fino alla tazza di the nel suo atelier, e in pochi minuti ci siamo accorte della sintonia, con naturalezza lì è nato il progetto della nostra prima mostra insieme, il titolo Metropolis è venuto da sé veloce come le nostre visioni metropolitane. Siamo state molto felici di vedere tante persone venire a vedere la nostra mostra lo scorso aprile, dal critico d’arte, ai vari galleristi, alle persone venute e a volte ritornate con amici. Metropolis abbiamo capito che non si fermerà, anzi sarà un percorso, le nostre città sempre in movimento e cambiamento ci porteranno a nuove mostre. 
Da cosa nasce il tuo genere pittorico, e qual è il messaggio che lanci con le tue opere? 
Bella domanda, il mio percorso artistico e stilistico iniziato con il liceo artistico dove ho avuto la fortuna di avere come insegnanti artisti importanti del panorama milanese degli anni ottanta, tra i tanti il più amato Dimitri Plescan.
Sono da sempre fortemente legata al mondo futurista della velocità, ho attraversato molti stili, dal figurativo all’informale all’astratto, ma sempre inseguendo il vento, un percorso lungo 30 anni, ma stupendo che amo definire un insieme di lavori legati al precedente e al successivo, dove in ogni lavoro ho sperimentato. Poi lo sport all’aria aperta mi ha aiutata a trovare quelle visioni naturalistiche che per anni mi hanno seguita o forse meglio dire inseguita. Il vento, il mare, sono sempre stati nelle mie visioni, fino al sopraggiungere nella parte finale del percorso naturalistico informale dei primi concetti astratti, sempre più marcati fino a delle vere e proprie architetture. Fondamentale è stato poi leggere di Zygmunt Baman il trattato sulla società liquida,  da lì ho iniziato a guardare la mia città con occhi più attenti e penetranti nel sociale… qua la nascita del nuovo percorso, Architetture Liquide, nell’apparente contraddizione di un ossimoro, architetture in movimento, dove il cemento è liquido appunto, inteso come precario, incerto, flessibile, turbolento, instabile effimero, volatile, transitorio… col tempo le mie città hanno iniziato a correre, come volessero adeguarsi alla vita delle persone, sempre di corsa tra il lavoro e la vita sociale. 
Come definiresti il tuo stile pittorico? C’è qualche artista al quale ti ispiri o ti sei ispirata nel passato? 
Mi trovo a mio agio nello stile pittorico neo-futurista.
Umberto Boccioni, che ho la fortuna di poter vedere ogni volta che desidero al Museo del 900 di Milano, mi esalta, adoro la sua scultura. Forme uniche della continuità nello spazio, e ogni suo dipinto dove potrei stare ore a trovare nuovi particolari… Rissa in galleria per dirne uno dei tanti… poi Giacomo Balla con i suoi studi sulla velocità, le auto, il movimento, le marce. Ma Amo alla follia Giovanni Segantini, poesia in purezza, un artista troppo poco apprezzato, che mi ha accolta nei pomeriggi liceali quando andavo a studiare nelle sale del Palazzo GAM, allora non si pagava il biglietto per accedervi, vi erano comode poltroncine, e un silenzio penetrante, quale posto migliore per studiare? Ci stavo bene lì, osservata da opere d’arte incredibili, dall’Angelo della vita, e coccolata dal sentimento di armonia e pace dell’opera Ave Maria a Trasbordo dove sembra di percepire in silente rumore dell’alba e quella sensazione di apertura del cuore. 
Come è nata la tua passione per la pittura e per l’arte? Quando hai iniziato a dipingere e perché?
L’arte l’ho sempre vissuta, i miei genitori mi hanno sempre portata a vedere monumenti, musei, chiese, con loro ho costruito le basi e poi per me fondamentale è stato il liceo artistico e le amicizie che si sono create allora e che sono parte della mia vita. Dopo anni di chine, acquarelli, pastelli e grafite, è arrivata la pittura a olio, la tecnica che prediligo, nata dopo aver visto in una galleria di Lecce, opere di un artista che esaltava le campagne del Salento con delle velature pazzesche. Una volta rientrata a Milano ho iniziato a fare le mie prime tele, era il 1995, da allora dipingo quasi prettamente a olio. L’olio è lento, ha i suoi tempi, ti insegna a fermarti, non devi avere fretta, è una disciplina che ti aiuta a contemplare e meditare. Mi trovo a volte seduta senza accorgermi del tempo che passa a osservare una tela dove poche ore prima vi è stata una vera battaglia di istinti. 
Perché secondo te oggi l’arte, la pittura, la scultura, sono importanti per tutte le persone e non solo per gli artisti? 
L’arte è conoscenza completa, non solo razionale. È principalmente uno svelamento, intuizione, profondo ascolto, è un’esperienza toccante, è moto interiore, in grado di farci star bene anche fisicamente, spingendoci al rispetto e alla condivisione.
L’arte è uno specchio fedele della nostra condizione, per questo possiamo riflettere su noi stessi per ritrovarci e ampliare la nostra conoscenza.
Se una giovane artista ti chiedesse un consiglio, cosa gli diresti? Quali secondo la tua esperienza i tre errori più gravi da evitare da giovani? 
Lavora tanto, non ti fermare mai, studia molto, vai a vedere mostre Alte e leggi tantissimo, i classici della letteratura aprono la mente, i grandi filosofi costruiscono una visione allargata e meditativa che aiuta a interiorizzare emozioni, luci, pensieri, visioni uniche di sensibilità.
Soprattutto poi sii sempre umile e attenta ad assorbire dalle persone che hanno un vissuto di studio e lavoro.
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti artistici? A cosa stai lavorando?
Dal 26 maggio al 2 giugno 2018, la Fondazione Michele Cea mi ha invitata a esporre una delle mie architetture liquide, regalandomi un testo critico stupendo del prof. Massimilano Porro, presso la Rocca Brivio Sforza di San Giuliano Milanese.
Dal 2 al 15 giugno la mostra Metropolis con la mia amica Artista Marina Kaminsky si trasferisce a Mantova presso la galleria M.A.D. in via Cavour 59.
A settembre ci sarà la premiazione di due concorsi diversi, adesso sono tra i finalisti, vedremo…
E poi, il progetto più grande, una mostra personale per festeggiare i miei 50 anni.  
Quali sono le qualità che deve possedere un artista per definirsi tale? 
Per me un artista deve assolutamente conoscere la storia dell’arte, deve sapersi rapportare con il mondo con sensibilità e attenzione e mai e poi mai sentirsi arrivati.
Deve lavorare tanto e trovare un suo stile riconoscibile. Uscire dal già visto, e dal già fatto.
Quale il percorso esperienziale e formativo che secondo te dovrebbe seguire un giovane per definirsi, ad un certo punto, un vero artista? 
Un giovane deve solo lavorare sodo, non c’è una regola, di sicuro quando il gesto si afferma e arriva il graffio che esalta una tela li si inizia a essere sulla strada giusta.
Io stessa dopo 30 anni di lavoro, non trovo in ogni mia tela l’opera d’arte.
Essere Artisti è un sentimento intimo, che racchiude molte sensibilità speciali che a volte non escono facilmente e il pubblico fatica a leggere… per questo ci vuole tanta gavetta.
Dove potranno seguirti i tuoi fan?
A Milano su appuntamento nel mio studio:
+39 349 554 6762
Sul mio Blog:
Su Facebook
Un’ultima domanda Silvia, se dovessi tenere un seminario sull’arte che vede quale platea un folto gruppo di giovani liceali, quindi degli adolescenti, quali sono le cinque cose più importanti che diresti loro e perché? 
I giovani liceali di oggi sono una generazione digitale, si esprimono e si rapportano con i mezzi tecnologici e digitali con la rete, tutto è a portata di mano e quindi hanno la possibilità di rapportarsi con l’arte elaborandola e volendo anche trasformandola, ma hanno un grosso problema che li costringe, l’omologazione di pensiero. Sicuramente argomenterei per giungere a far pensare. I primi cinque punti fermi di cui parlerei sono:
1 l’arte è per tutti, nelle nostre diversità si celano le unicità, non fatevi omologare, non permettere al sistema di cancellare le vostre peculiarità.
2 L’arte oggi è in continuo movimento perché è frutto di una società contemporanea che muta e si evolve molto più velocemente di prima. Per questo è impossibile circoscriverla come in passato all’interno di una corrente o categoria, ma avvicinarsi all’arte che sia contemporanea o del passato permette di mantenere libero il pensiero.
3 sulle basi della velocità della società contemporanea sono portata a far rivedere in chiave attuale le opere di Caravaggio, in quegli sguardi alienati, invoglierei la giovane platea a riprendere una delle tante opere dell’artista e usarla come prova per una nuova visione dinamica e contemporanea. Parlando sempre di Caravaggio ricorderei il suo carattere ribelle e rissoso, ma soprattutto il suo voler essere libero.
4 Farei sicuramente poi un passo avanti nel tempo per far vedere le opere di William Turner, pittore del 700, che fu un grande artista dal carattere innovativo, maestro della luce. Tutto per inseguire sempre le unicità che rendono liberi gli uomini.
5 sicuramente porterei per catturare l’attenzione l’arte di strada di Keinth Haring, che per quanto possa sembrare semplice, invece è frutto dello studio dall’arte classica italiana a Picasso. Haring disse: «mi è sempre chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi. L’arte è per tutti, e questo è il fine a cui voglio lavorare».

Silvia Senna

Andrea Giostra


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