di Domenico Logozzo* - “Il mio ultimo bambino...”, scrive su facebook “Piano man” Sante Auriti, e pubblica le foto “dell’ultimo pianoforte iniziato
nell’ultimo anno di lavoro”. L’emigrante italiano di successo, originario di Orsogna (Chieti), si è guadagnato
l’appellativo “Piano man”, perché da
quasi 40 anni realizza strumenti musicali di alta qualità nella celebre
fabbrica Steinway & Sons di New York.
E nel 2009 è stato in vetrina
per tre settimane per far vedere ai passanti come si realizza un pianoforte.
Molto noto in America, tanto che una
sua foto è stata utilizzata per una campagna pubblicitaria. “Ho deciso di
smettere. Il 14 maggio 2019 saranno 40 anni che lavoro in questa prestigiosa
compagnia e penso che sia giunto il momento di andare in pensione”. E chi a lui
è molto vicino, come Maria Fosco, apprezzata
donna di cultura nella Grande Mela, pure lei originaria di Orsogna, conferma:
“Sì, Sante sta cercando di pensionarsi. Ha dichiarato che questo è l'ultimo
anno, ma vediamo. Di sicuro c’è che la Steinway & Sons cerca di non
perderlo. Ma lui è stanco e vorrebbe andare in pensione proprio il giorno in
cui raggiunge il traguardo di 40 anni di lavoro nella famosa fabbrica”. Sante
ha realizzato il sogno americano a colpi di scalpello. Competenza, passione,
estrema perfezione in ogni lavoro. Una pazienza certosina e tanti mesi per
creare un pianoforte composto da ben dodicimila pezzi! “Il mio bambino”, lo
chiama il geniale emigrante e precisa che “per costruirlo ci vogliono almeno
nove mesi, lo stesso tempo d’attesa per la nascita di un bambino”.
Partito nel 1979 dall’Abruzzo, con una valigia piena di sogni e tanta voglia di farcela, venti
anni dopo “è diventato una celebrità a New York”, ha scritto il Corriere
della Sera, raccontando nel 2009 “la leggenda del pianista sulla Cinquantasettesima”. Ricorda oggi Auriti: “Eravamo a marzo del 2009 e
l’economia andava un po’ male. La Steinway & Sons decise di mandarmi a
lavorare dove avevamo l’esposizione dei pianoforti, sulla 57esima strada di New
York City. Steinway & Sons, in vetrina, lavoro “a vista” per 3 settimane.
Ho intagliato il legno del mio ultimo pianoforte Luigi XV. E tutti potevano vedere. Moltissime persone si fermavano,
attratte dalla novità. E tante, spinte dalla curiosità, entravano per vedere
più da vicino come lavoravo. Mi facevano anche delle domande ed io ero molto
felice di spiegare ogni cosa”. E la cronista del Corriere a questo proposito sottolineava: “Piano man li accompagna tra le sale dell’esposizione e mostra
alcuni degli strumenti che lui stesso ha costruito. – “Questo è in noce, quest’altro in legno di rosa” -, spiega, e
intanto i visitatori attraversano con lui una galleria di memorabilia che
racconta un secolo e mezzo di storia della musica: lettere (dei pianisti
Paderewski e Rachmaninoff, tra gli altri), disegni e premi raccolti dal 1853 a
oggi”.
Ricorda ancora Sante: “Il giorno di St. Patrick si
saranno fermate a guardarmi oltre quattrocento persone e il New
York Times ha pubblicato la mia foto con il titolo: L’uomo che ferma il traffico. E’ stata
la “Foto della settimana”, mentre il New York Daily News ha titolato: L’uomo dei pianoforte non sa suonare, ma fa
grandi lavori. Nel telegiornale del canale 5, il giornalista ha detto:
“Attenzione, non è Billy Joel, ma Sante Auriti”. Tutti i giornali locali mi
definivano “Piano Man” riferendosi
alla canzone di Billy Joel, e scrivevano: The
Pianoman: It’s Not Billy Joel, But Sante Auriti. Notorietà anche oltre i
confini americani. In Italia la vicenda del “maestro artigiano italiano in
vetrina a New York” ha avuto un grande rilievo non solo sui giornali ma anche
in tv. Mi hanno chiamato da Milano quelli di Mediaset. La soddisfazione più grande è stata quando la Rai ha trasmesso il servizio in Italia.
Mia madre, gli amici e tanti paesani mi hanno potuto vedere mentre lavoravo e
hanno ascoltato l’intervista che mi è stata fatta. E per me è stato proprio
questo il momento più bello in tanti anni di lavoro”.
Nato nel 1951, Sante
ha lasciato giovanissimo Orsogna per
cercare un lavoro all’estero. “Ero un ragazzo quando sono andato per la prima
volta in Germania. Operaio nel settore tessile. Avevo appena 17 anni e lavoravo
12 ore al giorno. Turni molto duri: una settimana di giorno (dalle 6 alle 18) e
un’altra di notte (dalle 18 alle 6). Sono tornato in Italia per il servizio
militare e poi di nuovo in Germania. Mi sono sposato e nel 1979 sono partito
per l’America. Inserirmi nella società americana e adattarmi al nuovo lavoro
non è stato molto difficile. Nel mio reparto si parlava italiano. Eravamo
quattro di Orsogna e gli altri erano istriani e croati”.
Ma quello che sta costruendo sarà davvero il suo
ultimo pianoforte?
“Sì. Ripensarci è un po’ difficile, perché ho una
certa età. Confesso che mi dispiace dover prendere questa decisione. Amo troppo
questo lavoro. Se hanno bisogno di me sono comunque pronto ad aiutarli. I
vertici di Steinway & Sons hanno avuto fiducia in me. E li ringrazio. Sono
da sempre molto attento e meticoloso sul lavoro. Ho iniziato facendo la pulizia
dei pavimenti, non mi vergogno a dirlo. Poi con molto impegno, correttezza e
professionalità sono riuscito ad avanzare, gradualmente. Passo dopo passo, ho
raggiunto traguardi molto importanti: responsabile dei Baby Grand Piano, Chippindale
e Luigi XV, dove sono rimasto fin ad
oggi. Ho fatto tutte le varie serie di produzioni limitate e sto facendo un
altro gruppo di 100 pianoforti. Quando ho tempo libero, lavoro ai pianoforti
normali. Ogni settimana ci sono le visite in fabbrica e tutti vengono da me per
ringraziarmi del lavoro che faccio. Incontro quanti vogliono acquistare i
pianoforti e anche i rivenditori provenienti dagli Stati Uniti e da tutto il
mondo. Mi chiamano per nome e facciamo le foto insieme. Cordialità e rispetto. Tutto
questo mi fa tantissimo piacere”.
“Piano man”,
divenuto indubbiamente il lavoratore-immagine della Steinway & Sons, evidenzia che “nella fabbrica di New York, da
quando sono entrato nel 1979 fino ad oggi, abbiamo costruito 110.550
pianoforti”. Gli chiediamo i prezzi. “Il Baby
Grand costa intorno a $ 150.000, il Grand
Piano oltre $ 200.000, mentre pianoforte più costoso arriva $ 2.500.000. Il
90% degli artisti usano lo Steinway e spesso e volentieri vengono nella
fabbrica per vedere come si costruisce un pianoforte. E poi, quelli più
importanti, fanno un concerto di mezzora per tutti i lavoratori. A Billy Joel
abbiamo preparato due pianoforti, rinforzando il coperchio, perché dovevano
ballarci sopra. Ma i più simpatici sono stati The 5 Browns: 3 sorelle e 2 fratelli che hanno suonato tutti
insieme con cinque pianoforti. Che spettacolo!”.
Lei è considerato un maestro nella realizzazione dei
pianoforti. C’è interesse per questo mestiere?
“No. Non c’è molto interesse. Il lavoro manuale nella
fabbrica è fatto esclusivamente dagli emigrati. Quando ho iniziato alla
Steinway & Sons eravamo cinquanta italiani, ben undici di Orsogna. Adesso
sono solo io del mio paese e pochissimi italiani, tanto che si possono contare
sulle dita di una mano. Ma anche dagli altri Paesi dell’Europa non arriva più
nessuno. La maggior parte sono della Repubblica Dominicana, Haiti e Guyana”.
Mettere a disposizione di altri la grande esperienza
acquisita. Non le è mai venuto in mente di dare vita ad una scuola dove
insegnare le tecniche realizzative e creare nuovi specialisti in questo
settore?
“L’esperienza che ho maturato nasce dal fatto che sono
stato sempre interessato a tutto. E ho cercato di migliorare sempre di più le
mie conoscenze. Ammetto anche di essere stato fortunato. Sono entrato in una
grande compagnia che, voglio sottolinearlo ancora, mi ha dato fiducia. Fiducia
che ho ricambiato e ricambierò fino all’ultimo giorno di lavoro. Credere in quello
che si fa è necessario, necessarissimo per ottenere i buoni risultati sperati.
Lei mi chiede se ho mai pensato di creare una scuola per trasmettere
l’esperienza agli altri. Le rispondo con molta franchezza che non è cosa facile
qui a New York. Ci vogliono innanzitutto grandi capitali. Comunque ci sono
anche le scuole professionali che ti avviano nel campo del lavoro con il
legno”.
Famoso a New York e fortemente legato alle radici. Non
dimentica le origini. Orsogna nel cuore.
“Con il mio paese ho avuto sempre un buon rapporto.
Vivo da 39 anni in America e sono tornato a Orsogna trentasette volte,
rimanendo sempre un mese. E provo sempre emozioni nuove rivedendo le persone
care, gli amici e i luoghi degli anni giovanili”.
*già Caporedattore TGR
Rai