Con Sal Pizzurro lo Swing si innamora della Musica Italiana. L'intervista di Fattitaliani

di Caterina Guttadauro La Brasca - Si deve a circa un milione e ottocentomila neri, che nel 1910 lasciarono le piantagioni del sud del Mississipi, vagabondando per le campagne e riversandosi nelle città a svolgere i lavori più pesanti rifiutati dai bianchi, la nascita di una Musica che conquistò il mondo. Come disse Joel Augustus Rogers: "Il jazz è la rivolta delle emozioni contro la repressione".

Nei ghetti delle grandi città i neri mischiarono il loro patrimonio musicale (work song, blues, gospel, spiritual) per dare origine al Jazz. Fu la città di New Orleans, importante porto fluviale della Louisiana, teatro dei più significativi incontri dei musicisti neri dell’epoca, a segnare una svolta storica nella musica popolare americana. Dice Alan Jaffe: “New Orleans è l’unico posto che conosco in cui, se chiedi a un bambino che cosa vuol fare da grande, invece di dire “Voglio essere un poliziotto”, oppure “voglio essere un vigile del fuoco,” risponde, “voglio essere un musicista”.
Ma il primo documento originario ci viene fornito, a New Orleans, dalla Original Dixieland Jazz Band, che nel 1917 incide, appunto, il primo disco della storia del jazz. Noi vi parliamo oggi di Salvatore Pizzurro al quale si deve la divulgazione in Sicilia della conoscenza di questa musica eccelsa, perché suonata con l’anima, cantata con il cuore , partorita dalla fatica dei neri che si riscattavano dalla ghettizzazione grazie alla loro voce e a questo sound.
Nasce a Montelepre nel 1967 e si diploma nel 1989 in trombone alla Scuola presso il Conservatorio di Musica “Vincenzo Bellini” di Palermo. Successivamente, nel 1998 si diploma in Musica Jazz. Iniziò a suonare giovanissimo nell’Orchestra Jazz Siciliana e, collaborando con altri amici musicisti, ne impreziosi la qualità. È stato diretto dai più importanti musicisti Jazz del mondo, quali Gil Evans, Vince Mendoza, Bob Mintzer, Bill Russo, Ernie Wilkins, Gunther Schuller, Frank Foster, Lester Bowie, Pete Rugolo, Bob Brookmeyer, ecc. Il 27 gennaio, al Real Teatro Santa Cecilia con l’Orchestra Jazz Siciliana in concerto, ha presentato il disco: “ Vieni via con me” che ha dedicato a tutti gli Italiani nel mondo. Si tratta di grandi classici della canzone italiana, rivisitati con respiro jazzistico.
Questo Progetto è stato frutto di una scelta accurata dei pezzi, in un repertorio molto vasto, e, dopo due anni, è diventato disco, il terzo in assoluto della OJS, dopo lo storico esordio del 1990 sotto la guida di Carla Bley ed il successivo "Three Drums Show" del 2009 con Peter Erskine, Alex Acuña e Gianluca Pellerito. All’evento hanno preso parte anche alcuni solisti della Fondazione The Brass Group, un gruppo vocale e l'Orchestra Jazz Siciliana al gran completo. Pizzurro possiede una rara capacità di abbinare sapienza strumentale e cuore palpitante, imprimendo un piglio obliquo all’aura del repertorio proposto.
Un progetto, dunque, “leggero” nella spumeggiante e ironica forma espressiva vocale-strumentale ma certamente “pesante” nella sostanza musicale, nella brillantezza degli arrangiamenti, nel turgore delle sonorità, nel trascinante swing orchestrale e, non ultimo, nell’adesione a rievocare suoni e climi di un periodo importante della nostra storia musicale e sociale.
D. Cosa le ha fatto amare la Musica al punto di farne la colonna sonora della sua vita?
R. La bellezza dei suoni, il fatto che ha l’energia e la forza più dolce che esistano nella vita. La forza di aggregare e di unire i popoli.
D. Perchè il Jazz: è stata una sua scelta o una conseguenza magari di incontri lavorativi con Jazzisti?
R. È stata una precisa scelta estetica. Perché la musica jazz è la sintesi di tutto. Nel jazz c’è la melodia, contenuta nella bellezza dei temi e l’armonia, che permette all’esecutore la facoltà d’improvvisare, quindi di comporre e rappresenta la cultura musicale europea; il ritmo, l’elemento forse più caratterizzante del genere, che rappresenta l’Africa e l’America latina con i ritmi caraibici; la composizione, cioè la facoltà, improvvisando, di creare ed esprimere delle idee musicali che ti permettono di essere tu stesso creatore e non soltanto esecutore. In parole diverse, ho scelto il jazz perché è la musica più democratica perché tutti, contribuiscono alla sua creazione e alla sua esecuzione. E, non in ultimo, perché è la musica degli ultimi, degli immigrati. La musica del mondo.
D. Qual’è la prima cosa che valuta nel giudicare un trombonista?
R. La bellezza della sua voce, del suo suono e del suo timbro.
D. Un musicista che l’ha particolarmente colpito nel corso delle sue esibizioni?
R. Gary Valente, trombonista con il quale suonai, in orchestra, per il concerto che svolsi con Carla Bley e dal quale nacque il CD “plays the music of Carla Bley”
D. Cosa ne pensa Lei di Jazz e Fusion?
R. Sono termini che preludono, che anticipano il futuro. Tra alcune centinaia di anni esisterà soltanto l’essere umano, le cui origini si disperderanno nel tempo. Non esisteranno più gli asiatici, i neri, i bianchi. Esisterà soltanto l’uomo. Ecco perché il jazz è FUSION. È la musica del mondo che include tutto per esprime una cosa sola: l’uomo.
D. Il momento più bello della sua carriera?
R. L’ultimo che vivo perché comprende sempre la summa delle mie esperienze musicali.
D. Un consiglio da dare a un giovane che vuole seguire la sua strada?
R. Di restare libero. Di volare senza condizionamenti. Di essere sempre se stesso.
D. Il Jazz ha a che fare con la Cultura, secondo Lei?
R. Certamente in senso antropologico. Diversamente, direi che il jazz discenda più dalla natura, dal sole, dal mare, dalla luna …
D. Sappiamo che fra qualche mese riceverà, nel contesto della Premiazione del Concorso Letterario L’anfora di Calliope, un importante riconoscimento per essere riuscito a diffondere ed a sicilianizzare il Jazz. E’ così? La Musica sposa la Poesia?
R. Direi più semplicemente che la musica è poesia. Talvolta le parole e le note si sposano così bene da diventare indissolubilmente un tutt’uno.
La ringraziamo, augurandole ovviamente successi sempre più grandi e ci piace ripetere ciò che disse Maxence Fermine: Non dimenticartelo mai: suonare il jazz, è come raccontare una storia. Una volta svanita la musica e finito il pezzo, deve restare solo felicità… Altrimenti, non serve a niente!

Fattitaliani

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