di Domenico
Logozzo * MONTESILVANO (Pescara)
- Umili artigiani, esempio di umanità e cultura del bene nella Calabria dei
mestieri che scompaiono. Storie di persone comuni che hanno lavorato in
silenzio per il bene comune.
E che meritano tanto rispetto. E che vanno
ricordati. Doverosamente. Perché senza memoria non c’è futuro. È morto a
Gioiosa Jonica “Mastru Roccu” Totino,
uno degli ultimi ciabattini calabresi. Aveva 94 anni. Era un Maestro artigiano,
ma anche un Maestro di vita. Esempio luminoso per i giovani di ieri ed
illuminante per i giovani di oggi e di domani. “Impegnarsi nel lavoro, per far
bene nella vita. Purtroppo oggi ci sono mestieri che nessuno vuole più fare e
il mio è uno di quelli che i giovani non seguono più. E mi dispiace. Ma finché
posso continuerò a farlo. Perché buttare un paio di scarpe se si possono
riparare? Risparmiate ragazzi, risparmiate!”
Consigli utili, più
volte ripetuti, da un uomo che ha vissuto anni difficili. Sia nella sua Gioiosa
che emigrante in Piemonte. Una
grande esperienza giovanile quando i vecchi negli anni Cinquanta
rappresentavano “ciò che è sopravvissuto alle tempeste; le quattro mura, i
mobili, la biancheria, gli oggetti utili: un patrimonio. E quello che oggi un
giovane consuma nella sua piccola vita quotidiana, è quanto a noi, a soldo a
soldo, serviva per mettere insieme gli oggetti utili”, scriveva allora Corrado Alvaro.
Uomo Buono, uomo
Giusto. Una grave perdita per la comunità di Gioiosa Jonica e non solo per la sua famiglia. Che tanto amava. E
che tanto lo amava. “Sei stato un padre, un nonno, un amico e un compagno di
vita. Hai lottato fino alla fine, con la forza che ti ha fatto andare avanti
fin da quando è morto papà. Ora ho due bellissimi angeli lassù, per andare
avanti e lottare, per raggiungere ciò che voi volevate che io raggiungessi.
Riposa in pace angelo mio, sei e sarai sempre il mio secondo papà. Ti amo
tanto”. Con queste parole d’amore e di riconoscenza e con l’impegno di
continuare sulla strada che luminosamente ha tracciato con il buon esempio
quotidiano, Anna Bruna Rodinò ha
annunciato su facebook che il suo caro nonno e mio carissimo amico della bella
gioventù gioiosana, “Mastru Roccu”
Totino, non c’è più. Aveva 94 anni, l’ultimo “mastru scarparu” di Gioiosa.
Se ne è andato un pezzo di storia della grande tradizione gioiosana
dell’artigianato
Grandi Maestri. Veri
Artisti nel realizzare le scarpe o i vestiti per donna e per uomo, nel lavorare
il legno o il ferro. Tutti mestieri purtroppo scomparsi. Una notizia che mi
riempie di tristezza. Quando tornavo a Gioiosa andavo spesso a trovare “Mastru
Roccu”. Lo stimavo moltissimo. Era uno dei miei grandi punti di riferimento. Ed
ogni incontro con lui era un ritorno al passato. E ritornavo bambino. Scrivo
queste righe lontano da Gioiosa. Ma con il pensiero sono a Gioiosa. Sono
accanto alla dolcissima e specialissima moglie, Maria Grazia Martino, che abbraccio forte, forte! Una grande donna,
sarta apprezzatissima, “maista” (maestra) di generazioni di brave sartine
gioiosane. Ma anche straordinaria erede e custode della civiltà contadina. E’
nata e cresciuta in una lontana e un tempo molto isolata contrada di Gioiosa.
Maria Grazia Martino,
bella contadinella, grande lavoratrice, molto ammirata. Mi raccontò tempo fa
come avvenne il fidanzamento. Con orgoglio. “Come era d’uso in quei tempi, la
richiesta di matrimonio venne fatta ai miei genitori. Mia madre mi chiamò e mi
disse: Ti vuoi sposare con questa persona
che ha un bel mestiere e puoi andare a vivere in paese oppure vuoi che ti compri
una pecora, la allevi e continui a vivere qui in montagna?”. La madre, con
la saggezza della cultura contadina di un tempo, l’aveva messa di fronte ad un
bivio: continuità nelle difficoltà che la vita in campagna presenta ogni giorno
o cambiamento scendendo al paese, con nuove prospettive, dove le condizioni di
vita sono migliori. Maria Grazia non ebbe esitazioni. “Scelsi di andare a
vivere a Gioiosa, ma la mia campagna non l’ho abbandonata mai”. In paese è
diventata una “maista” molto brava, molti clienti, molto amata. Aveva fatto la
scelta giusta. Ma non aveva e non ha reciso le radici contadine. Floridissime.
E continua ad occuparsi attivamente della terra che ha avuto in eredità dai
genitori, nonostante l’età. “No, la terra non si deve abbandonare. Ora ci sono
le comodità: la luce, l’acqua, la strada, guido la macchina, ho il cellulare
sempre con me. Oggi ho piantato venti chili di patate”, ci disse un paio d’anni
fa, quando la incontrammo in casa della mamma Caterina Papandrea, la nonnina ultracentenaria di Gioiosa Jonica, deceduta qualche tempo
fa. Belle bandiere della civiltà contadina calabrese!
“Mastru Roccu”,
anche se avanti con gli anni e con qualche acciacco, continuava a fare qualche
lavoretto. Con grande emozione ho ritrovato poco fa una foto che gli ho fatto
tre anni fa nella sua piccola bottega, testimonianza del bel tempo passato.
Arnesi, ricordi, emozioni. Una vita per il lavoro. Un uomo buono. Un uomo
forte. Un uomo onesto. Un uomo che non si è mai risparmiato. Che ha lavorato
sempre, fino all’ultimo, fino a che ha avuto la forza. Voleva sentirsi attivo. Voleva
rendersi utile. Essere di aiuto alla famiglia. La pensione era quella che era.
“La foto è meglio che non la faccia vedere in giro. Altrimenti finisce che mi
tolgono la pensione”, mi raccomandò. Ed io ho rispettato la sua volontà. La
pubblico ora. E lo faccio con le lacrime agli occhi. Mi emoziono nel rivedere
questo caro vecchietto, così fiero del suo lavoro e così dignitoso eternamente
altruista. “Debbo aiutare le nipoti”, mi diceva spesso.
E le parole della
nipote Anna Bruna, scritte con il cuore, sono la più bella e commovente
conferma: “Sei e sarai sempre il mio secondo papà”. Come un padre. Mi torna
alla mente Corrado Alvaro ed un suo
scritto del marzo 1950, che ho letto proprio qualche giorno fa, sfogliando
alcune pagine dell’archivio storico della Stampa. “Dicono che la società futura – scriveva il grande uomo di cultura
di San Luca - sarà in prevalenza una
società di vecchi, e ciò sulle statistiche le quali dicono che i confini della
vita umana sono allargati. Dicono pure che i giovani dovranno essere allevati
all'idea di dovere un giorno provvedere al mantenimento dei vecchi. Su questo
ho qualche dubbio. Può darsi che la società in avvenire muti, e che venga fuori
un mondo così capovolto e così innaturalmente ordinato. Dico innaturalmente,
perché è un detto consacrato da secoli di esperienza che un padre anche
poverissimo può bastare a provvedere alla vita di tre figli, ma tre figli non
bastano a mantenere in vita un padre”. Aveva ragione Alvaro ad avere
“qualche dubbio” nel 1950, visto come vanno le cose nel 2018! O no?
“Mastru Roccu” era un
uomo sereno, pacato, trovava sempre le giuste parole. “Facimu beni, ca ricivimu beni!” (Facciamo del bene, così riceviamo
del bene), ripeteva. E’ vero. C’è bisogno di tanto bene in quest’epoca in cui
l’individualismo e l’egoismo sono purtroppo tanto diffusi. E non va bene. Il
noi deve prevalere sull’io. Come sagge persone di ieri, tanto preziose oggi, ci
hanno insegnato e ogni giorno ci insegnano con l’esempio. Amore, rispetto,
lavoro, onestà. Non disperdiamolo questo patrimonio che ha consegnato
idealmente a tutti noi “Mastru Roccu”.
*già
Caporedattore TGR Rai