Rigoletto si inserisce nel periodo centrale della produzione operistica verdiana e con Il Trovatore e La Traviata costituisce la trilogia popolare. L'opera venne scritta da Verdi su richiesta della direzione del Teatro la Fenice per l'inaugurazione della stagione del carnevale veneziano del 1851 e proprio al Teatro la Fenice di Venezia l'11 marzo 1851 fu rappresentata per la prima volta. L'argomento dell'opera, il cui libretto è di Francesco Maria Piave, è tratto dal dramma Le Roi s'amuse di Victor Hugo, che il Maestro considerava il più grande dramma dei tempi moderni. L'evento torna a ripetersi dal prossimo giovedì 21 dicembre fino al 2 gennaio 2018 all'Opera di Liegi. A dividersi il ruolo del buffone di corte il baritono rumeno George Petean e il fiorentino Devid Cecconi che Fattitaliani ha intervistato.
Rigoletto è uno di quei titoli e personaggi "sacri" dell'opera che lei ha già
interpretato: personalmente che cosa Le piace del "buffone di corte"?
Ciò che amo di Rigoletto è che si tratta dell’opera d’eccellenza per un baritono.
Come sappiamo Verdi ha scritto molte opere per questo tipo di vocalità, in questo
senso regala enormi soddisfazioni.
Come cambia (se cambia) l'impostazione della voce dalle scene allegre a quelle
drammatiche?
L’impostazione della voce tecnicamente non cambia, essa rimane sempre nella
stessa posizione. Ciò che cambia è l’accento, che varia a seconda degli stati d’animo
che il personaggio vive nei vari momenti.
Quali sono gli "ingredienti" del ruolo dal punto di vista tecnico?
Si tratta di una tessitura abbastanza acuta, ma se il repertorio è adatto alla propria
vocalità si riescono a superare le insidie della partitura. Bisogna avere facilità nel
passaggio, negli acuti che la tradizione richiede, ma soprattutto padronanza del
fraseggio e del legato, che deve essere sempre morbido per poter esprimere al
massimo le mille sfaccettature che questo ruolo richiede.
Che cosa secondo lei dell'opera Rigoletto rimane sempre attuale e moderno?
Le emozioni. Quelle rimangono invariate, sono sempre le stesse all’epoca come
oggi; cambiano i tempi e le mode ma i sentimenti degli esseri umani sono sempre gli
stessi: amore, gelosia, tradimenti, vendetta.
Potrebbe riassumere la sua carriera in tre tappe per lei particolarmente
significative?
La prima tappa, la vittoria del premio Battistini nel 2006. La seconda il mio debutto in Rigoletto al teatro Verdi di Trieste, sempre nel 2006. La terza tappa sicuramente la prima del Teatro alla Scala nella Giovanna d’Arco, il 7
Dicembre 2015.
Quali consigli hanno segnato la sua formazione?
Ho cercato di mettere a frutto tutte le esperienze fatte in questi anni, facendo
tesoro di tutti i consigli che mi sono stati rivolti. Ho avuto la fortuna di incontrare
grandi interpreti come Panerai, Bergonzi, Bartolini e tanti altri, ed ognuno di loro fa
parte di uno splendido bagaglio che porto sempre con me e che mi ha aiutato ad
esprimermi nei grandi ruoli che interpreto.
Cantare oggi l'opera dà più soddisfazioni o delusioni? |
L’opera regala solo soddisfazioni, perché il canto è felicità; quando sei sul palco e
canti non pensi al resto, alle preoccupazioni di ogni giorno. È solo soddisfazione
personale ed emotiva calcare i palcoscenici calpestati dai più grandi cantanti del
mondo.
Quali sono le maggiori difficoltà per chi vuole intraprendere questa carriera?
Ad elencarle sarebbero troppe! Se una persona è animata da una vera passione lo fa
e basta. Bisogna provare e perseverare, se si è davvero motivati, nel profondo;
perché se si analizzano le difficoltà a priori mai si inizierebbe un tale percorso. Il
canto non è un lavoro è una dedizione, è la vita, lo si fa a prescindere,
indipendentemente dal traguardo che si raggiungerà alla fine. Si canta perché non si
può farne a meno, come respirare. Giovanni Zambito.
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