Sarah
Biacchi, soprano, regista, attrice, artista completa, si racconta e
ci racconta d’arte. Intervista
di Andrea Giostra.
Sarah
Biacchi è attrice, regista e cantante lirica italiana. L'unica
artista italiana in carriera contemporaneamente su queste due
professioni e queste due arti.
Nel
suo curriculum vanta diversi riconoscimenti internazionali. Vince il
Concorso Tis Belli di Spoleto nel 2003 e artisticamente inizia un
percorso professionale con diversi importanti artisti quali A.Nizza,
R. Orlandi Malaspina, D. D'Annunzio Lombardi, S. Carroli, M. Parutto,
B. Baglioni, Laura Bulian. Ha interpretato diversi ruoli lirici quali
Cherubino, Manon Lescaut, Lady Macbeth, Elisabetta di Valois, Mimi,
Tosca, Leonora (Trovatore), Maddalena (Andrea Chenier), La Contessa
(Le nozze di Figaro), Susanna (Le nozze di Figaro). Nell'edizione del
Progetto URT interpreta più di 150 Mirandoline. E ancora, è Sacha
in Ivanov di Checov e Lady Pliant ne "L'alchimista" di Ben
Johnson, per lo Stabile di Genova. La sua carriera continua con altre
esperienze quali quella di recitare a fianco di Marco Sciaccaluga,
Eros Pagni, Sara Bertelà. E prima attrice,
dal 2004 al 2007, di Unità di Ricerca Teatrale diretta da Jurij
Ferrini, con cui affronta Lady Anna in "Riccardo III",
Chiara di Assisi in "A Francesco", Ornella ne "La
figlia di Iorio". Per Gabriele Vacis è Juliet nel "Romeo e
Giulietta" del Teatro Stabile di Torino. Emanuela Giordano la
ingaggia quale coprotagonista di "La leggenda di Orlando"
con Isabella Ragonese. Insieme a Tiziana Sensi è testimonial dello
stalking di "1522",
spettacolo denuncia della violenza sulle donne promosso e finanziato
dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca). Negli ultimi dieci anni ha diviso il palco con Gianrico
Tedeschi, Mascia Musy, Luca Zingaretti, Margherita Buy e molti altri
artisti di fama internazionale. Nel 2013 con TAODUE è nella serie
"Il XIII apostolo- la rivelazione", con la regia di Alexis
Sweet. Ha interpretato la grande Piaf in "Edith - il passerotto
di Francia" e Zoe in "Brechtskabaret", opere scritte e
dirette da Davide Strava. È Jessie in "Buonanotte, mamma"
del premio Pulitzer di Marsha Norman, con la regia di Ciro Scalera.
Nel 2015 recita a fianco di Viola Graziosi in "Sorelle",
produzione Nuovo Orizzonte Spettacolo, scritto e diretto da Davide
Strava. Nel 2016 al Teatro Biondo Stabile di Palermo,
è coprotagonista nel Kean di Michele Perriera, e a gennaio 2017 è
tornata al Biondo col progetto " Lady Macbeth Show",
diretta da Chiara Maione. Sempre nel 2016,
al Piccolo di Milano,
è formatrice vocale per l'allestimento di Federico Tiezzi: Questa
sera si recita a soggetto di L. Pirandello, mentre nel 2017 dirige il
primo studio su "Hamletas", il primo Amleto di Shakespeare
interamente interpretato da attrici donne. A settembre 2017 canta
Lady Macbeth di Verdi all'Auditorium - Parco della Musica di Roma
accanto a Mascia Musy in "Callas Masterclass". E tante
altre cose ancora delle quali Sarah ci parlerà in questa intervista.
Benvenuta
Sarah e grazie per aver accettato questa chiacchierata sulla tua
professione. Dopo questa presentazione sulla tua attività artistica,
della quale avremo modo di parlare, ti pongo la prima domanda: Come
vuoi presentarti ai nostri lettori quale Sarah-Donna?
Mi
sento una donna molto tranquilla, anche se vivo la condizione
privilegiata di essere felice lavorando. Questo significa purtroppo
che quando lavoro tanto sono molto stanca e molto felice e quando
lavoro meno sono un po'annoiata e un po'infelice, e allora partorisco
nuove idee e il ciclo riparte. Sono una moglie classica, di fede,
tengo molto alla mia famiglia e a trascorrere più tempo possibile
tutti insieme. Mi piacerebbe creare una carovana dove genitori,
marito e figli stessimo in un grande gruppo a costruire arte, come le
famiglie circensi. Chissà. Per ora accade, ed è una soddisfazione
infinita. Il problema del nostro lavoro è spesso la solitudine, io
viaggio con genitori e marito e ho amici un po' dovunque, quindi i
momenti di vita sono "pieni", e fa la differenza.
Su
questa hai perfettamente ragione Sarah. Il tuo lavoro è sempre stato
da girovaghi, dalle più antiche tradizioni greche o romane. E lo è
tutt’oggi. Non è un caso infatti che tutti i più grandi divi
hollywoodiani amino dire “o fai l’artista o scegli l’amore”.
Dal loro punto di vista, se vuoi fare questa professione ad altissimi
livelli, le due cose non sono conciliabili. Ma questo aspetto lo
vedremo più avanti nella nostra chiacchierata.
Cosa
diresti invece della Sarah-Attrice-Voce
lirica?
La
Sarah attrice è la vera Sarah, quella che è ciò che desidera
essere. Interpretare un personaggio a teatro è in assoluto la
realizzazione dei miei sogni. Bisbigliare, urlare, sudare, ridere,
commuoversi in scena, picchiare, esistere. Essere altro eppure sempre
me. Ma la Sarah attrice è diventata una regista, un'autrice, una
porta aperta ai colleghi e ai personaggi. Dopo quasi cinquanta
spettacoli all'attivo ho voglia di grandi contesti produttivi, di bei
ruoli, di un po'di vita facile. Il teatro purtroppo sta soffrendo
molto. La Sarah voce lirica è la Sarah atleta. Quella che non può
bere vino, mangiare pesante, strillare, arrabbiarsi, prendere freddo,
che fa ginnastica e tiene la voce come un muscolo oliato e
competitivo. È anche la Sarah scienziata che si entusiasma per l'uso
dei muscoli della maschera e per i filati morbidi della laringe. È
infine la Sarah pedagoga che si emoziona quando cantano le colleghe e
le allieve sui suoi insegnamenti. Un po' la parte dionisiaca e quella
apollinea che convivono.
Sarah,
ti ricordi quando hai deciso di fare l'Artista? Che età avevi? Cosa
pensavi allora, da ragazzina sognatrice, del mondo del Teatro, del
Cinema, dello Spettacolo, della TV, dell'Arte in generale?
Ho
deciso di fare arte al Conservatorio di Musica, iniziando a capire
che il pianoforte mi serviva per accompagnare la voce e non come
strumento principale. Canto da quando ho 13 anni pop. A 19 anni ho
fatto per gioco l'esame in Conservatorio di ammissione a Canto Lirico
a Parma. Venni presa subito. A 20 anni misi piede su un palco, non
volevo più scendere, ero finalmente a casa. A 21 anni sono entrata
in Accademia a Bologna alla "Galante Garrone" e poi ho
lavorato subito col Teatro Stabile di Genova. Mi ha fatto innamorare
il monologo di Nina del "Gabbiano" di Céchov e il duetto
del III atto del Trovatore fra Leonora e il Conte di Luna. Sapevo che
portare avanti due arti sarebbe stata una sfida incredibile. Dopo più
di dieci anni si vedono i frutti.
Sarah,
in una tua intervista di qualche tempo fa, leggo questo incipit “Il
canto e la recitazione i punti fermi della vita”.
Vorresti spiegare queste bellissime parole ai nostri lettori? Da dove
vengono e dove portano, nel senso della prospettiva esperienziale
della tua arte?
Voglio
raccontare la verità. Io ho provato talvolta a cambiare lavoro, a
cercare maggiore stabilità e ad uscire da meccanismi politici o
produttivi in cui non mi riconoscevo, ma devo dire che tutte le volte
che tentavo seriamente di cambiare vita la mia carriera arrivava e mi
riacciuffava per l'orlo della gonna. E allora ho smesso di lottare e
mi sono tuffata con ancora maggiore profondità nel chiedermi "cosa" volevo dire alla gente, perché essere particolari, in cosa diventare
necessari. E si è aperta la scatola della ricerca infinita fra
polivocalità, canto lirico e recitazione. Da allora il punto fermo
della mia vita è la mia voce, come mi scrisse un giorno la grande
attrice Patrizia Zappa Mulas sul frontespizio del mio "Amleto":
la tua voce ti salverà. E sinora ha avuto ragione.
«
… è stata tutta una vita di sacrifici e di gelo! Così si fa il
teatro. Così ho fatto! Ma il cuore ha tremato sempre tutte le sere!
E l’ho pagato, anche stasera mi batte il cuore e continuerà a
battere anche quando si sarà fermato»
(15 settembre 1984, Taormina). Ascoltando queste parole dell’immenso
Eduardo de Filippo che disse nel suo ultimo discorso pubblico tenuto
a Taormina, cosa ti viene in mente, cosa pensi della figura
dell’Artista da questa prospettiva defilippiana, se vogliamo?
Il
teatro è una prostituta, ti attrae ad ogni provino e ti abbandona
dopo l'ultima replica, ma quando sei fra le sue braccia il mondo si
ferma e la tua vita diventa un'immensa ebbrezza artistica che
abbraccia i colleghi e il pubblico, l'Italia, le città, gli amici
che non vedi da anni. E poi lo spettacolo. L'incanto di essere
davvero quelle parole, di vivere davvero quell'emozione, di vibrare
in una corda di silenzio, in un respiro, in una lacrima che ti scende
silenziosa sulla guancia mentre il sorriso si espande. Al teatro
perdoni tutto, anche l'abbandono della fine delle repliche. Ma poi
torna un nuovo progetto, ed un nuovo amante, e il cuore ricomincia a
battere durante il provino, come ad un primo appuntamento. Come si fa
a rinunciarci?
«Ti
criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che
incontri qualcuno al quale tu possa piacere così come sei! Quindi
vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un'opera di
teatro, ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi
intensamente ogni giorno della tua vita prima che l'opera finisca
priva di applausi.»
È stato Charlie Chaplin (1889-1977) a dire queste parole. La tua
ricca esperienza di Donna e di Artista come ti fa leggere queste
splendide parole di Chaplin?
Ma
certo! È impossibile piacere a tutti, davvero. Anzi, se si piace a
TUTTI si corre il rischio di essere una suprema banalità. Io per
anni e anni mi sentivo dire dai cantanti di fare l'attrice e dagli
attori di fare la cantante. Tenere duro è stato difficilissimo.
Tuttavia quello che cerco di trasmettere ai miei allievi è sempre la
stessa domanda: qual è il tuo desiderio? Che cosa vuoi per te? Come
vedi il tuo futuro? Ci sono sulle nostre strade migliaia di inciampi
derivati da genitori ostili, maestri frustrati, rapporti di coppia
che si mettono in mezzo. La verità è che prima o poi qualcuno ci
riconoscerà e ci vedrà, e allora, e solo allora, sentiremo una
connessione che ha senso proteggere. Delle critiche non bisogna certo
preoccuparsi: vanno ascoltate quelle di cui ci si fida e da cui si ha
da imparare e vanno ignorate quelle di chi dice la sua solo per
ferire o, peggio, per ignoranza.
«Aldo
Fabrizi è stato un grandissimo attore comico. Ma i soliti snob lo
trascurano, lo confondono con le sue macchiette e le sue ricette di
pastasciutte. Purtroppo, succederà a Fabrizi quello che è capitato
a Totò: verrà beatificato solo dopo la morte. Lontana sia. Questo è
un Paese dove i critici si commuovono solo sui marmi dei sarcofagi.»
Chi disse queste parole fu un grandissimo attore romano, Alberto
Sordi (1920-2003). Anche questa una grande verità. Oggi il mondo
dell’Arte è invaso da tantissimi “critici-professionisti” che
a mio modo di vedere spessissimo sono delle persone che non capiscono
nulla e che sono mossi da una sorta di “movente” quale quello che
descrive benissimo Sigmund Freud nel suo saggio «Coloro
che soccombono al successo
(1916) … altrui» aggiungo io. Tu, Sarah, cosa pensi di questa
sorta di irrispettoso “vizio” del mondo dell’Arte di affidare a
personaggi spesso rancorosi, che vedono l'Arte a compartimenti
stagni, ma non ne comprendono la vera essenza?
È
un'ottima prosecuzione della domanda precedente. I critici in questo
paese possono crearti o distruggerti, hanno amicizie e predilezioni.
La sofferenza vera è quanto i critici possano snobbare certi artisti
senza mai andare a vedere un loro spettacolo nonostante inviti,
dialogo aperto e gentili approcci. Esiste proprio questo concetto di
"paria"
dove, come si dice a Roma, "manco
se presentano".
Questa cosa è davvero brutta e procura sofferenza. Poi quando un
colpo di mano ti rende improvvisamente "di moda ", ecco che
tutto si capovolge e ti ritrovi la rassegna stampa coperta di
articoli di chi sino al giorno primo ti ignorava. Basta sorridere, ed
essere diversi. Dentro. Dopodiché il livello di ignoranza e di
assenza di turn over nel nostro paese è amorale. Amorale. Ma cosa ci
aspettiamo da un paese che ha la percentuale di PIL più bassa di
tutta l'Europa destinata alla cultura? Troppe amicizie. Troppa
assenza di meritocrazia. Purtroppo il nostro lavoro si basa sulla
nostra lingua e non possiamo andare all'estero come fanno gli altri
giovani.
Sarah,
sai bene che in qualsiasi professione non basta il talento, ma per
diventare veri professionisti serve apprendere le tecniche di lavoro
e tanta disciplina nell’imparare ad utilizzare i “ferri del
mestiere”, un po’ come si faceva nel Rinascimento italiano con i
cosiddetti Maestri d'Arte. Qual è stato il tuo percorso formativo,
professionale e artistico da questo punto di vista?
Dopo
il Conservatorio di Musica e l'Accademia d'Arte Drammatica "Galante
Garrone" il percorso era solo iniziato, non finito. Mi sono
laureata in Lettere per avere un pensiero autorale forte, ma il
lavoro ha affinato l'esperienza, come in una bottega. Il canto lirico
in particolare è veramente un'arte simile al cesello, un continuum
di studio quotidiano che si basa sull'ascolto, sulla riflessione,
sull'imitazione, sul respiro. Ho continuato a frequentare (e tuttora
studio) lezioni di lirica, e ho progressivamente sviluppato un metodo
di studio a 360 gradi che mi ha reso una formatrice vocale per attori
e cantanti. Devo dire che è veramente la sensazione infinita di
un'arte viva, liquida, fornita di un proprio essere. La recitazione
invece si è evoluta grazie al lavoro con gruppi teatrali di alta
qualità e da singoli incontri con Maestri come Eimuntas Nekrosius o
Renata Palminiello. Cose speciali, persone speciali.
Chi
sono stati i tuoi Maestri d'Arte che ami ricordare?
Senza
difficoltà nomino il mio primo marito, Jurij Ferrini, che mi ha
insegnato cos'è il teatro, Francesca Della Monica, la mia maestra di
pedagogia vocale, che mi ha insegnato cos'è la voce e l'esempio di
Maria Callas per il canto lirico, che è una lezione, qualsiasi cosa
ci abbia lasciato come testimonianza. Poi devo ringraziare molti
maestri di Canto che negli anni mi hanno aiutato nel mio percorso:
loro sanno chi sono, e io lo so e li porto tutti con me in ogni
suono.
Chi
sono stati,
e chi sono,
i tuoi modelli di Artista ai quali ti ispiri? Se ci sono, quali e
perché?
Un'attrice
che per me è un autentico modello è la bravissima Meryl Streep,
capace di passare attraverso qualsiasi registro interpretativo con
capacità di incanto e di sottigliezza ignote a noi attori italiani.
È certamente un grande esempio, come il bravissimo Philip Seymour
Hoffman, che purtroppo se ne è andato troppo presto. Vocalmente
invece apprezzo moltissimo Anita Cerquetti per la vocalità e Maria
Callas per la capacità di penetrare nel personaggio. Ma, ovviamente,
parliamo di Olimpo.
A
cosa stai lavorando adesso, Sarah? Vuoi raccontarci qualcosa in
anteprima delle tue prossime Opere e dei tuoi spettacoli? Dove
potranno vederti i tuoi tantissimi follower e i nostri lettori?
In
questo momento ho appena finito di montare il trailer della mia
regia, "Hamletas", un lavoro che mi ha preso tutta l'estate
e che spero sarà una grande innovazione per il teatro italiano. Il
primo Amleto interamente interpretato da attrici, con le bravissime
Francesca Ciocchetti, Mascia Musy e Ludovica Modugno, tanto per
citare le principali attrici del cast. Poi sto iniziando un progetto
su "Traviata" fra recitazione e canto che ho in serbo dal
2009 e che vorrei rendere stabile su Roma. Dopodiché ho molto lavoro
da fare per dedicarmi alla lirica a tempo pieno. Almeno sinché non
partono le produzioni per il 2018.
Se
dovessi raccontare cos'è l'Arte a due bambini di dieci anni, con
parole semplici e comprensibili a qualsiasi bambino di quell'età,
cosa diresti loro per far capire questo mondo duro, difficile, ma al
contempo incantato se visto dall’esterno da spettatori e da
appassionati d’Arte?
Direi
loro: "Cari bambini, vi diranno presto che le favole non
esistono. Non è vero. Le favole sono tutto ciò che vi riempie
dentro, che vi fa sentire felici e stupiti, che vi fa nascere un
sorriso, un sfarfallio, che vi fa allungare il braccio e dire: "Anche
io voglio essere così". Quando sentite una musica, o guardate
un cielo, o vedete un ritratto antico, o entrate in un castello vero,
o indossate un vestito di un'altra epoca, o imparate delle parole da
principi e principesse, o suonate un antico strumento a tasti bianchi
e neri o a corde, o indossate un tutù da ballerina e diventate un
cigno. Le favole esistono, ed esisteranno sempre. Solo che noi grandi
le chiamiamo Arte".
WOW
Sarah, poetica questa definizione. Veramente bellissima. Credo che te
la ruberò per qualcuno dei miei scritti (sorrido!).
Se
invece ti venisse chiesto di spiegare cos’è la cultura cosa
diresti? Oggi questo termine è molto abusato, spesso impropriamente
e con molta leggerezza, allora ho pensato che chi fa arte, che dal
mio punto di vista crea cultura e crea bellezza, è la persona più
adatta per darne una spiegazione frutto della sua esperienza
professionale e umana insieme. Tu come lo spiegheresti questo
concetto così importante?
La
cultura è la capacità di comprendere il bello. Il bello ha molte
forme: la musica, la pittura, la scultura, la fotografia, la moda. La
bellezza stessa. La cultura è la capacità di apprezzare un vino
pregiato, di rifiutare le finestre con gli infissi di acciaio
anodizzato, di commuoversi a leggere una poesia, di saper ascoltare
un gioco di parole e divertirsi. Di abbandonare uno strumento
elettronico e scrivere un biglietto su un foglio di carta, con
competenza, pensandoci, per comunicare veramente. La cultura è
aprire una porta a una signora e parlarle di una parte della propria
anima, e saperla davvero esprimere. Non servono lauree e basta, serve
empatia ed umiltà per avere cultura.
Vuoi
dirci, Sarah, qual è il tuo fiore preferito, quello che ami ricevere
da un Uomo che volesse farti la corte oppure da un Uomo che volesse
omaggiarti con un bellissimo mazzo di fiori dopo aver assistito ad un
Tuo spettacolo? E perché proprio quel fiore?
Sono
semplicissima. Da un uomo rose rosse. Tante, tantissime. La rosa
singola mi mette un po' tristezza. Le rose si regalano a mazzi, e più
sono grandi e meglio è. Dopodiché amo dalle altre persone i fiori
romantici, rosa, bianchi, lilla. Mi piacciono moltissimo i mughetti,
l'edera, la lavanda, come le campagne inglesi. Ma a teatro rose rosse
e basta. E tante, ripeto.
Se
dovessi scegliere un colore tra il rosso e il blu, quale
sceglieresti? E perché?
Sceglierei
il rosso in questo momento della mia vita perché ho voglia di
passione e perché mi sto avvicinando al linguaggio di Marylin
Monroe. E poi perché sento ardere forte il fuoco e circolare veloce
il sangue. Sì, è certamente un momento rosso.
Adesso,
Sarah, per finire la nostra bellissima chiacchierata voglio farti una
domanda che io amo molto: qual è il Tuo sogno nel cassetto che fin
da bambina ti porti dentro e che oggi vorresti realizzare?
Il
mio sogno nel cassetto è vincere un premio nazionale cinetelevisivo,
in modo da avere una tranquillità produttiva autonoma e duratura.
Come si dice in gergo: "essere un nome". Di quelli veri,
che dormono la notte tranquilli con la tournée sul comodino e i
copioni nella posta da scegliere. Non mi serve altro.
Grazie
Sarah per essere stata con me, e averci raccontato la tua bellissima
storia di Donna e di Artista. Non mi resta che darti il mio …
MERDAAAA! … come dite voi attori di teatro!
Per
chi volesse sapere di più su Sarah Biacchi, ecco alcuni link:
di
ANDREA GIOSTRA