Avvicinarsi alla storia di Pinocchio è sempre emozionante e quando si ha l'occasione di rivedere il personaggio in una forma nuova e inedita, al desiderio di conoscerlo ancora meglio si aggiunge il timore che il burattino possa essere frainteso se non addirittura tradito.
A Aix en Provence in anteprima mondiale, al 69° Festival International d'Art Lyrique è di scena l'opera di Philippe Boesmans con la regia di Joël Pommerat, che con la collaborazione del compositore belga ha riadattato il suo testo teatrale del 2008. È una coproduzione con La Monnaie di Bruxelles, l'Opera di Dijon e l'Opera nazionale di Bordeaux.
Il risultato è poetico, emozionante. Una successione di scene e quadri più o meno lunghi che raccontano la favola di Collodi, conservandone la continua tensione tra finzione e realtà, bugia e verità, artificiale e autentico e gli elementi fra epico, meraviglioso, percorso iniziatico e universalità.
E proprio nello spirito di una storia tramandata, ecco il personaggio del direttore di una compagnia (l'ottimo baritono Stéphane Degout) che introduce, sottolinea e spiega alcuni momenti narrativi. Attraverso la sua figura Pommerat ha voluto preservare qualcosa della forma originale, lavorando sulla nozione di racconto, su una storia che non ci perviene direttamente, ma a partire dalla sua ricostruzione e reinvenzione.
Con l'ausilio e l'uso misurato di video immagini proiettate su un grande schermo (a cura di Renaud Rubiano), l'atmosfera delle vicende di Pinocchio sono restituite al pubblico, formato da adulti e da tanti bambini.
Il Maestro Emilio Pomarico ha egregiamente diretto l'orchestra (Klangforum Wien) che ha eseguito la musica di Boesmans: drammatica, divertente, ritmata, intensa e struggente proprio come i differenti episodi della vita di Pinocchio, piena di avventure, di delusioni e amarezze, fino alla presa di coscienza di un fatto essenziale: rispetto alla sua concezione iniziale del mondo che doveva ruotare attorno a lui, perviene alla consapevolezza di quanto siano complessi i rapporti con gli altri, alla perenne ricerca di un equilibrio che permane fragile.
Grande il contributo dato dal trio sassofono-fisarmonica-violino zigano (Fabrizio Cassol, Philippe Thuriot e Tcha Limberger).
Alcune scene rimarranno nel cuore degli spettatori: Pinocchio in prigione, Pinocchio inerte trasformato in asino, in mezzo al mare (ricostruzione molto efficace), le monellerie di Lucignolo in classe e i dialoghi con la fata, una meravigliosa Marie-Eve Munger, soprano canadese, che con disinvoltura passa attraverso differenti e complicati registri vocali.
E poi c'è il burattino, il soprano Chloé Briot: una voce e una presenza scenica di eccellente levatura. Da vedere: appuntamento a settembre a Bruxelles.
Giovanni Zambito.
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