Peregrinatio Sancta, prima mostra sulle Bolle giubilari dal 1300 al 2000 dell'Archivio Segreto Vaticano

È stata inaugurata questa mattina a Roma, in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia, la mostra "Peregrinatio Sancta" sulle Bolle dei giubilei custodite dall’archivio segreto del Vaticano.
È la prima volta che questi documenti vengono esposti pubblicamente. La mostra è stata organizzata dall’Opera Romana Pellegrinaggi con Il Cigno Servizi e curata da mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano. L’esposizione sarà visitabile da domani a Palazzo del Vicariato Vecchio sino a fine luglio. Una testimonianza unica nel suo genere che raccoglie diverse Bolle giubilari, dalla prima firmata nel 1300 da Papa Bonifacio VIII, fino a quella vergata da Giovanni Paolo II nel 2000. L’allestimento mette in risalto i documenti grazie ad un’illuminazione dedicata, che ne preserva lo stato, e contiene le informazioni necessarie per ricostruire il contesto storico di ogni singolo Anno Santo. A margine della conferenza stampa di presentazione dell’evento, Daniele Gargagliano ha intervistato mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, che ha parlato anche dell’importanza, ancora oggi, della vocazione spirituale che guida i pellegrini nei loro viaggi.
R. - È una straordinaria ed eccezionale occasione per tutti i pellegrini quella di poter vedere per la prima volta nella storia della Chiesa quei documenti che hanno dato origine a tutti i giubilei. Credo che sarà la prima volta, ma forse sarà l’ultima perché non è facile far uscire dagli scrigni dei tesori segreti degli archivi del Papa, documenti così preziosi, così rari. Visto l’Anno della Misericordia istituito da Papa Francesco, i responsabili degli archivi vaticani si sono resi disponibili per poterli mettere a disposizione dei pellegrini.
D. - Un quarto di secolo dall’ultimo giubileo. Cosa è cambiato all’interno della Chiesa soprattutto a livello di comunicazione e di apertura verso i pellegrini e verso i credenti in generale?
R. - Innanzitutto il cambiamento radicale è questo: mentre nel passato il pellegrinaggio era soprattutto un atto prettamente penitenziale, devozionale, legato alla pietà popolare, oggi è arricchito da un grande aspetto culturale, cioè l’incontro con l’arte, la storia, la cultura, le bellezze naturali, la religiosità dei luoghi e l’incontro con le persone che costituiscono un elemento fondamentale attraverso il quale il pellegrino riesce anche ad accogliere, ma soprattutto a vivere un rapporto sereno con la diversità, quindi con culture, religioni, etnie diverse. È molto importante aiutare l’uomo nell’esperienza del pellegrinaggio per fare non solo un cammino interiore, personale, di cambiamento e di conversione, ma anche un incontro con i fratelli, superando quell’individualismo, quell’egoismo, quell’assenza della solidarietà che è propria di una società del benessere e dei consumi, per far in modo che vivendo ed incontrando gli altri, insieme, si possa incontrare Dio.
D. – A proposito di comunità: nella Bolla di indizione del Giubileo, Papa Francesco fa riferimento al fatto che la vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è un “viator”. Cosa significa essere “viator” e pellegrini oggi?
R. – Il pellegrinaggio è la metafora della vita. Diremo che nel pellegrinaggio c’è tutta quell’esperienza in cui attraverso una decisione parti. Quindi nel cammino c’è un momento prima di tutto di decisione: parto e mi metto in movimento verso qualcuno, verso qualcosa. Ed è un movimento interiore. Poi c’è la meta, ovvero l’incontro nel santuario dove si ha la possibilità di sostare. Oggi, il fatto di fermarsi, di riflettere, di pensare, di interiorizzare uno spazio ed un tempo è un’occasione unica ed indispensabile per aiutare l’uomo a costruire un’autentica civiltà dell’amore.
D. - Anche per i giovani; lei ha parlato di questa società iperdinamica. Lanciare un messaggio di riflessione e di approfondimento degli aspetti spirituali nella vita è un messaggio utile per i giovani …
R. – Soprattutto per i giovani. E questo lo aveva intuito molto bene Giovanni Paolo II, quando instituì le Giornate Mondiali della Gioventù. Di quelle Giornate lui ne faceva degli autentici e specifici pellegrinaggi non solo verso santuari, che la tradizione e la storia del passato avevano lasciato alla comunità cristiana, ma anche a luoghi e spazi – pensi Denver, le montagne del Colorado, Parigi, - dove incontrandosi i giovani facevano memoria di un’esperienza, di un incontro forte, incisivo, perché il giovane ha bisogno ancora oggi di fermarsi. Daniele Gargagliano, Radio Vaticana, Radiogiornale del 3 maggio 2016.
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