Simone
Gandolfo, attore versatile di Teatro, Cinema e Televisione fin da
ragazzo amava le storie fino a scoprire che raccontarle poteva
diventare un lavoro. Attore, autore e regista, non smette mai di
migliorarsi e si definisce “un umile artigiano”. Ha prestato il
volto ed anche l’anima a personaggi veri come Coppi e Girardengo e
di fantasia come Orlando Serra nella fiction R.I.S. Attualmente è in
scena fino al 20 marzo al Teatro Golden di Roma per "La Bella è la Bestia” perfetto nel
ruolo di Alessandro Severi. Ancora una volta, la sua grande
professionalità non ci delude!
Simone Gandolfo alias
Alessandro Severi in La bella è la Bestia qual è il tuo ruolo?
Quello di un quarantenne,
direttore di un Teatro che ad un certo punto per un evento quasi
inspiegabile, comincia ad avere degli attacchi di panico terribili,
non riesce più a trattenere le emozioni, ride e piange per un
nonnulla in maniera imbarazzante e quindi decide di andare da una
psicoterapeuta per farsi curare.
La psicoterapeuta è
interpretata da Raffaella Rea, è una gran bella ragazza e per
evitare che i pazienti si innamorino di lei, si traveste da bruttina.
Quanto conta la bellezza nel vostro lavoro?
Sarebbe ipocrita dire che
non conta. Secondo me è vero che la bellezza non è solo una
questione d’involucro ma è anche la bellezza dell’anima. Se uno
ha un’anima bella, brilla anche fuori. Ci sono delle persone che
magari per i canoni greci della bellezza, tipo io, non sono
esattamente considerate belle ma affascinanti. Nel nostro lavoro
conta e va anche bene perché lavoriamo con l’immagine. Purtroppo
secondo me conta sempre di più nella società, troppo perché è una
componente ma ce ne sono anche altre.
Giulia nel corso delle
sedute si accorge che Alessandro è diverso dagli altri uomini. Cosa
fa lui per conquistarla?
È se stesso, conquista
Giulia con la sua capacità di ascoltare e di essere sensibile,
empatico con le altre persone che è una dote rara.
Quale percorso
professionale hai fatto?
A diciotto anni ho fatto
l’accademia del Teatro Stabile di Genova, poi sono venuto a Roma e ho cominciato a fare tanta gavetta e piano piano ho avuto un percorso
classico. Uguale con la regia perché all’incirca da sei anni
faccio anche il regista, sono andato a New York ed ho frequentato la
New york Film Accademy che è un’Accademia di Regia e poi sono
tornato in Italia. Per carità credo che ognuno abbia la sua storia
e io non giudico nessuno ma una volta parlavo con un mio collega e
mi ha chiesto se mi sarei mai fatto operare da un medico che non è
laureato ed ho risposto “no, neanche se fosse bravo”.
Nel 2012 hai scelto la
strada della regia con “Cose cattive” descrivendo la generazione
digitale...
Loro sono nativi digitali
ma anche noi ci stiamo adeguando moltissimo. Uno si sente molto
protetto dietro la tastiera, in realtà è il momento in cui sei più
vulnerabile perché non hai il tuo istinto, non hai più i tuoi sensi
che ti dicono se ti puoi fidare di una persona. A me interessava
mettere l’accento su quello perché è un problema grosso ed ho
scelto il genere horror perché il mio pubblico di riferimento erano
dei ragazzi, mi sembrava una scelta giusta. Io il primo telefonino
l’ho avuto a diciotto anni, adesso vedo mia nipote che ha sei mesi
se le dai l’i-Pad, è capace di sfogliare le foto
Grande interprete anche
di Fiction: Coppi, poi lo stesso ruolo in Bartali interpretato da
Pierluigi Favino ed infine Girardengo. Quale dei tre ti è rimasto
nel cuore o forse tutti e tre?
Tutti e tre per ragioni
diverse, devo dire che il Coppi fatto insieme a Favino che
interpretava Bartali è stata un’esperienza bellissima.
Nei R.I.S. hai
interpretato Orlando Serra, che cosa hai messo di tuo?
La curiosità e la
sensibilità. Orlando era un personaggio che riusciva a capire le
persone con lo sguardo e per fare quello bisogna occuparsi delle
persone e credo che questa sia una caratteristica che ho anch’io.
Un altro film che hai
fatto per SKY come autore e regista è “Soccorso Alpino”.
La montagna è sempre
stata la mia grande passione sin da quando ero piccolo e mi sembrava
interessante raccontare le vite di queste persone, i soccorritori
alpini che si considerano delle persone normali, in realtà sono
degli eroi perché salvano vite.
In un’intervista hai
definito Roma la tua fidanzata, quanto è cambiata negli ultimi
tempi?
Tanto, Roma è
invecchiata male. Non so cosa ci vorrebbe per salvarla. Roma è la
città più bella del mondo ma è anche la più difficile. Non voglio
addentrarmi troppo in discorsi pesanti ma il cambiamento non è stato
in meglio. Non vivo più a Roma, sono ormai diciotto anni che ci
torno. Viverla da turista è fantastico, il problema è viverci.
Elisabetta Ruffolo