di Goffredo Palmerini - MODICA, 4 dicembre 2015
- Sono quasi le dieci di mattina quando l’aereo proveniente da Roma, nella sua discesa verso Catania Fontanarossa, si lascia
indietro bianchi cirri scoprendo finalmente un cielo sereno mentre sfila da
presso ai Monti Peloritani.
Qualche minuto ancora e si atterra, in anticipo
sull’orario. Ci aspetta Walter, all’uscita dall’aeroporto. Ci porterà a Modica. Con don Federico Palmerini, giovane sacerdote aquilano, ci stiamo
recando a Modica e poi a Palermo per la consacrazione episcopale
- sabato 5 dicembre - di don Corrado
Lorefice, fino a un mese e mezzo fa parroco di San Pietro Apostolo a Modica, inopinatamente da Papa Francesco nominato arcivescovo di Palermo il 27 ottobre scorso. Dopo il
terremoto che il 6 aprile 2009 sconvolse L’Aquila
e i centri viciniori, è nato un intenso gemellaggio spirituale tra la parrocchia
di San Pietro Apostolo e la parrocchia Santa Maria Assunta di Paganica (L’Aquila). Da allora le
relazioni si sono consolidate, la nostra amicizia con la comunità di Modica è
diventato motivo di condivisione vera di spiritualità, affetti e gioie. Maurilio Assenza, direttore della
Caritas diocesana, e don Corrado
sono stati i pontieri di questo forte, bellissimo rapporto d’amicizia nella
fede e nella solidarietà, maturato in questi difficili anni del post terremoto.
Diverse volte don Corrado è venuto tra noi, a Paganica. Gli amici modicani ci hanno riservato una sensibilità ed
una premura indescrivibili. Li abbiamo sentiti sempre vicini, accanto a noi.
Frequenti e reciproche le visite tra le due comunità. Quest’anno, durante
l’estate, quattro gruppi di giovani della parrocchia modicana sono venuti a Paganica. Poi è stata la volta degli
ospiti della Casa d’accoglienza “don Pino Puglisi” con i loro accompagnatori. Il
26 e 27 ottobre una delegazione paganichese, guidata dal parroco don Dionisio Rodriguez, era proprio a Modica per celebrare il 25° anniversario
della Casa don Puglisi quando ha
potuto vivere in diretta l’annuncio della nomina episcopale di don Corrado.
Di questo parliamo con
Walter durante il viaggio, egli ricordando la bella settimana passata con noi
in Abruzzo, nel luglio scorso. Mentre imbocchiamo l’autostrada ci informa
dell’avvenuta eruzione dell’Etna, nella tarda serata di ieri. Ci dice trattarsi
d’un evento parossistico tra i più violenti negli ultimi 20 anni. Mi giro verso
il monte e in effetti noto l’altissimo fungo bianco che sovrasta la cima del
vulcano. Siamo stati davvero fortunati ad atterrare. I nostri amici di Paganica, Francesco e Daniele, che
avrebbero dovuto prendere un’ora dopo da Fiumicino il volo per Comiso e raggiungerci a Modica, per telefono ci dicono che il
loro volo atterrerà a Palermo per l’avvenuta
chiusura degli aeroporti di Catania e Comiso a causa dell’eruzione. Dunque,
assistito davvero dalla provvidenza il nostro arrivo! A Rosolini finisce l’autostrada. Prendiamo strade secondarie, che
scorrono tra ordinate muraglie di pietre disposte a secco. Walter si spinge
verso Pozzallo per farci ammirare il
mare, calmo e splendente in una bella giornata di sole. Splendido il paesaggio
verso Modica. Una sequela di campi divisi da muri a secco, pietre per secoli
tratte dalla terra e composte con cura da numerose generazioni di contadini. Un
belvedere, questi muretti lapidei, fitta maglia di confini a piccole proprietà,
geometrica armonia di poderi coltivati e pascoli.
Nei pressi di Ispica - paese natale di don Corrado Lorefice - la roccia
calcarea s’incide in valli strette ed incassate. La vegetazione ardita ne
esalta il carattere selvaggio. Le chiamano “cave” queste profonde scanalature
di roccia. Sulle pareti a strapiombo si vedono pertugi di grotte scavate nella
roccia. E’ in queste caverne del territorio ibleo che comparvero le prime
popolazioni preistoriche, come hanno rivelato le necropoli, risalenti al 2200 a .C., scoperte a Pantalica, Cava d’Ispica e Modica.
Intanto, dopo una serpentina di curve, stiamo arrivando appunto a Modica e già
si scopre il profilo della città alta, dominata dalla facciata della chiesa di
San Giovanni e più in basso dall’imponente, maestosa mole del duomo di San
Giorgio. E’ davvero una bella suggestione, mentre man mano si guadagna la vista
della città, arroccata sulle pareti scavate nei millenni dai due torrenti che
nella parte bassa confluivano in un unico corso d’acqua. In questi due canyon
sorge Modica, con quella sua particolarità d’impianto urbano e di stupende
architetture del barocco siciliano, sorte dopo il terremoto del 1693, con l’intricata
sua rete di inerpicamenti a scalini e le strette viuzze che arrancano sulle
coste, fino alle sommità dei quattro colli. L’esposizione urbana dà un forte
impatto emotivo. L’impianto uniforme è trapunto da palazzi gentilizi e splendide
chiese tardo-barocche, monasteri e conventi degli ordini religiosi - benedettini,
francescani, carmelitani, domenicani e gesuiti - che nei secoli passati fortemente
influirono sulla vita culturale della città. E’ una meraviglia. L’Unesco, per
il valore architettonico ed artistico, ha infatti riconosciuto la città di Modica “Patrimonio dell’umanità”.
Al nostro arrivo ci
prende in consegna Maurilio Assenza.
Andiamo con lui alla Casa don Puglisi. Il centro d’accoglienza, nato 25 anni fa,
ha sede in un bel palazzo nel cuore della città, di proprietà della diocesi,
restaurato per ospitare e ridare dignità a tante vite di donne e bambini
segnate dal disagio e dall’indifferenza. Non casuale è l’intitolazione della
struttura a don Pino Puglisi, il
prete siciliano ucciso nel 1993 dalla mafia nella sua parrocchia di Brancaccio,
periferia orientale di Palermo, per aver osato far crescere valori e cultura
della legalità tra giovani e ragazzi di quel quartiere, in un ambiente che già
li vedeva destinati alla prepotenza e alla violenza. Ricorrerà spesso in questi
giorni il nome di questo martire, dichiarato Beato. Nella Casa don Puglisi c’è sempre
un clima amichevole e solidale. Le ospiti e i loro ragazzi si sentono in
famiglia. Sono sereni, vivono senza soggezioni di sorta la vita in comunità. Da
alcune settimane la Casa vede un via vai di ragazzi delle scuole di Modica con
i loro insegnanti. Gli alunni sono impegnati a preparare un singolare presepe
con mattonelle di creta, realizzate proprio da loro stessi, secondo il progetto
artistico ideato da Salvatore, uno degli operatori della Casa.
E’ ora di pranzo. Si va
da Patrizia ed Enzo Civello, due cari amici che ci ospiteranno anche per la notte.
Ottima conviviale. Nella loro casa si respira amore fraterno. Torniamo in
centro. In questi giorni Modica è
tutta in fermento, sia per Chocomodica, manifestazione che per 4
giorni celebra il famoso cioccolato modicano, ma sopra tutto nei preparativi della
trasferta a Palermo per andare a
vivere comunitariamente la consacrazione episcopale di don Corrado. La città sta vivendo nel profondo l’attesa d’una
grande emozione. E se da un lato c’è consapevolezza di perdere un punto di
riferimento spirituale qual è stato per Modica don Corrado Lorefice, dall’altro c’è gioia e soddisfazione per
vedere un figlio di questa lontana parte dell’isola scelto dal Papa, contro
ogni previsione, per guidare la più grande diocesi della Sicilia. Papa Francesco alle sue “rivoluzioni” ha
aggiunto anche questa. Ha scelto per Palermo un parroco di Modica, che fu amico
e collaboratore di don Pino Puglisi.
Un teologo, studioso di Giuseppe
Dossetti e del cardinale Giacomo
Lercaro, uno dei padri del Concilio Vaticano II. Un parroco autentico nella
prelazione dei poveri e degli ultimi. Un prete tra la gente “con l’odore delle
pecore”, come dice papa Francesco, con
un grande carisma. Dopo l’ultima celebrazione eucaristica da parroco, domenica 29
novembre, don Corrado è andato a Palermo
per i preparativi della sua consacrazione. Modica
si è mobilitata per questo grande evento del 5 dicembre. Ben 17 autobus
partiranno dalla città e da Ispica
alla volta di Palermo, per partecipare all’ordinazione episcopale di don
Corrado. La Parrocchia di San Pietro Apostolo, tuttavia, ha voluto
spiritualmente stare ancora più vicina a don
Corrado. Lo fa con una meditazione
di don Federico Palmerini,
presbitero della diocesi dell’Aquila, nella vigilia della consacrazione episcopale,
durante i Vespri alla Chiesa del Carmine. Un segno di affetto profondo verso
don Corrado, le due comunità di Paganica e Modica insieme.
Nella meditazione
proposta, don Federico ha messo in
evidenza come, proprio nel rapporto di fraternità tra le due comunità, il
contributo peculiare di don Corrado
sia stato quello di richiamare sempre l’importanza di riconoscere in ogni cosa
il primato da riservare al Signore. Per capire meglio cosa questo significhi
concretamente per la vita cristiana, la meditazione si è snodata sulla traccia
di due testimonianze, quella di san Paolo e del cardinale François-Xavier Nguyen Van Thuan, che a distanza di secoli su vie
biografiche diverse ripropongono la chiamata universale di ogni cristiano:
quella di vivere nella propria vita la Pasqua di Gesù, cioè il suo dinamismo di
morte e risurrezione salvifica.
L’apostolo di Tarso, in carcere per la sua fede, nella seconda lettera
che indirizza al discepolo Timoteo, gli raccomanda con forza di non vergognarsi
di dare testimonianza al Signore; anzi, lo esorta a soffrire con lui per il
Vangelo, «con la forza di Dio». Paolo riesce a essere fedele alla missione
affidatagli dal Signore, quella di esserne «messaggero, apostolo e maestro»,
anche in una condizione umanamente difficile, qual è quella della prigionia, a
motivo della sua profonda fede in Gesù, tanto da affermare con fermezza: «so in
chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a
quel giorno ciò che mi è stato affidato».
Quasi duemila anni
dopo, ripercorre le orme di Paolo un vescovo vietnamita, monsignor Van Thuan (1928 - 2002), creato poi
cardinale da Giovanni Paolo II nel
2001, che tra il 1975 ed il 1988 fu incarcerato dai Vietcong, che lo terranno
per ben nove di questi tredici anni in isolamento. Questa fu la culla della sua
maturazione spirituale, come lui stesso racconta: «La lunga
tribolazione di 9 anni in isolamento, solo con due guardie, una tortura
mentale, nella vacuità assoluta, senza lavoro, camminando nella cella dalla
mattina fino alle nove e mezzo della sera per non essere distrutto dall'
artrosi, al limite della pazzia. Più volte sono tentato, tormentato dal fatto
che ho 48 anni, età della maturità; ho lavorato 8 anni come vescovo, ho
acquisito molte esperienze pastorali, ed ecco sono isolato, inattivo, separato
dal mio popolo, a 1700 km di distanza! Una notte, dal profondo del mio cuore ho
sentito una voce che mi suggeriva: “Perché ti tormenti così? Tu devi
distinguere tra Dio e le opere di Dio. Tutto ciò che tu hai compiuto e desideri
continuare a fare, visite pastorali, formazione dei seminaristi, religiosi,
religiose, laici, giovani, costruzione di scuole, di foyer per studenti,
missioni per l'evangelizzazione dei non cristiani... tutto questo è un'opera
eccellente, sono opere di Dio, ma non sono Dio! Se Dio vuole che tu abbandoni
tutte queste opere, mettendole nelle sue mani, fallo subito, e abbi fiducia in
lui. Dio lo farà infinitamente meglio di te; lui affiderà le sue opere ad altri
che sono molto più capaci di te. Tu hai scelto Dio solo, non le sue opere!”.
Avevo sempre imparato a fare la volontà di Dio. Ma questa luce mi porta una
forza nuova, che cambia totalmente il mio modo di pensare, e che mi aiuta a
superare momenti fisicamente quasi impossibili». Questo è, pertanto, fare
Pasqua nella propria vita: non fermarsi neanche alle pur encomiabili “opere di
Dio” che ognuno di noi può compiere, ma scegliere Dio, Lui solo, per poterne
compiere totalmente la volontà.
In questo spirito don
Corrado ha accolto la chiamata di Papa
Francesco ad una missione episcopale di non lieve difficoltà, di cui egli è
pienamente consapevole, nella diocesi di Palermo. Ma consapevole è pure
d’essere strumento nella mani di Dio, e di riceverne l’audacia. Si percepisce nel
profondo il segno d’una Chiesa ancora più attenta ai poveri, agli ultimi, agli
emarginati. Missionaria nelle periferie del mondo, seguendo l’invito di Papa Francesco ai
credenti ad essere “cristiani a tempo pieno”, ai vescovi e ai sacerdoti ad
essere “pastori con l’odore delle pecore”. La meditazione è stata vissuta con commozione.
Prosegue poi nell’agape fraterna, condivisa con gli ospiti della Casa don
Puglisi, tra i sorrisi dei bimbi e le loro grida festose, nella semplicità e
nella fraternità della mensa. Domani ci si leva di buonora. Andiamo a Palermo,
per una giornata speciale. Già nell’attesa s’annuncia memorabile.
(Prima parte del reportage)