Brunei, il sultano Hassanal Bolkiah ha deciso: 5 anni di carcere a chi festeggia Natale in pubblico

Niente alberi o presepi, nessuna decorazione né festa, e nemmeno lo scambio di auguri. Quest’anno nel Brunei sarà vietato festeggiare il Natale in pubblico. La decisione è stata presa dal sultano, Hassanal Bolkiah, per non danneggiare i fedeli musulmani che vivono nel piccolo e ricco Stato a maggioranza islamica e preservarne la fede. I cristiani potranno vivere questi giorni solo in privato o rischiano, come tutti i trasgressori, fino a 5 anni di carcere. Al microfono di Cecilia Seppia, l’analisi di padre Bernardo Cervellera direttore di Asia News: 

R.  – Il Brunei cerca da anni di mostrarsi molto molto islamico. Ha introdotto la legge islamica da tanto tempo con tutte le forme delle violenze tipiche di questa legge, cioè l’amputazione della mano per i ladri, fustigazioni, pena di morte per la blasfemia... Non parliamo poi se ci sono delle conversioni dall’islam al cristianesimo o a qualche altra religione… Infatti, è un Paese molto ricco in cui però il sultano vive come un potere unico e assoluto. Quindi, per riuscire a mantenere un minimo di legame con la sua base mostra di essere una persona fedelissima all’islam.
D. – Il Brunei è solo l’ultimo di una lunga lista di Paesi islamici dove non è permesso celebrare il Natale, ovviamente con delle differenze; penso alla Turchia o al Marocco dove il Natale è un giorno come gli altri. In Arabia Saudita invece è totalmente diverso, non è permesso il culto pubblico di altre religioni…
R. – Esatto, non soltanto il culto pubblico, neanche il culto privato è permesso in Arabia Saudita. Se vado in Arabia Saudita non posso nemmeno mettere un’icona piccolina in camera mia perché sarebbe proibito: se venisse la polizia religiosa io rischierei la prigione o l’espulsione, non si può nemmeno insegnare il catechismo ai bambini, spiegargli il senso del Natale.
D. – In Pakistan, Afghanistan, Iran, dove la popolazione cristiana invece è più numerosa, che aria si respira nel periodo natalizio?
R. – Diciamo che Pakistan o in Indonesia, per esempio, sono due grossi Paesi islamici. Ci sono le chiese, le persone vanno in Chiesa, certo. Purtroppo, la presenza di gruppi fondamentalisti – soprattutto in Pakistan più che in Indonesia – crea sempre tensioni, a Natale e a Pasqua ogni tanto ci sono stati attentati negli anni passati. Quest’anno, anche in Pakistan la polizia ha dato indicazioni precise per un controllo delle chiese. Anche i vescovi hanno chiesto un maggiore controllo della sicurezza, mentre in Indonesia è abbastanza tradizionale ormai che i gruppi musulmani moderati, amici dei cristiani, facciano un cordone attorno alla chiesa durante la Messa di Natale della notte per fare in modo di fermare qualunque possibile attentato.
D.  – Questi divieti sono rivolti a tutte le feste cristiane, però con il Natale sembra che le norme si facciano più stringenti, addirittura il carcere a 5 anni… Perché proprio il Natale?
R. – Perché il Natale è diventato una festa così internazionale, un po’ gonfiata dal mondo occidentale. E un po’ perché presenta un Dio bambino, un Dio buono, un Dio dolce e indifeso, e quindi molto spesso queste monarchie o questi luoghi di islam fondamentalista lo vedono molto concorrenziale. In Brunei, ad esempio, avranno paura che la grande maggioranza dei musulmani rischi di essere deviata dalla strada giusta, cioè temono conversioni… In effetti, molto mondo islamico a causa di questi terrorismi che sono diffusi un po’ ovunque si domanda veramente: "Come mai nella nostra religione c’è una tale amplificazione della violenza?". Va detto però che ci sono proibizioni non del culto, ma magari di fare presepi o di fare "Christmas Carol", cioè canti di Natale, rappresentazioni sacre del Natale anche in Occidente. Questo non a causa dei musulmani, ma a causa di un laicismo violento in cui si mettono in contrapposizione le diverse religioni. In realtà, molto spesso le diverse religioni non sono in contrapposizione, perché se c’è una contrapposizione tra il terrorismo islamico e il cristianesimo, o tra il terrorismo islamico e l’islam moderato, non vuol dire che cristiani e musulmani non possano gioire insieme del Natale.
D. – Ci sono invece alcuni Paesi islamici, penso agli Emirati Arabi, a Dubai, negli altri Paesi del Golfo, dove c’è invece molta tolleranza, non si hanno problemi ad esibire gli alberi di Natale, gli addobbi, le luci… In questo caso, è il lato commerciale del Natale che ha vinto e il Natale è diventato quasi una festa pagana…
R. – Forse il consumismo, o più che altro una globalizzazione delle feste, ha portato a questa tolleranza. Va detto però che effettivamente gli Emirati, Dubai, questi Paesi, stanno cercando davvero di modernizzarsi, di diventare Paesi che, sì, conservano la loro identità islamica, ma sono aperti a tutto il resto del mondo, per cui danno la possibilità ai cristiani di avere chiese. Cecilia Seppia, Radio Vaticana, Radiogiornale del 23 dicembre 2015.
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