Protagonista della festa del cinema, Jude Law, l'attore britannico, impegnato nella capitale con "The young pope", la serie tv di Paolo Sorrentino. "Che fatica, quattordici ore al giorno con quegli abiti, non posso neanche riposare su una sedia normale". La carriera, l'incontro con i maestri, l'amore per il teatro. E quel film che l'ha convertito al cinema...
Solo qualche considerazione sul 'cinema-cinema' e pochi dettagli del suo impegno romano per The Young Pope, la nuova serie Sky in collaborazione con HBO e Canal+ diretta da Paolo Sorrentino, in cui interpreta il personaggio inventato di Pio XIII. "Il mio più grande impegno - dice - è quello di non sciupare l'abito papale, così mi siedo solo qualche volta su un trespolo e sto circa 14 ore in piedi". Due volte candidato all'Oscar per Il talento di Mr. Ripley e Ritorno a Cold Mountain, entrambi di Anthony Minghella, Law ha recitato anche per Mike Nichols (Closer), Steven Spielberg (A.I. - Intelligenza artificiale), Sam Mendes (Era mio padre), Steven Soderbergh (Contagion, Effetti collaterali) e Martin Scorsese (The Aviator, Hugo Cabret).
Di A.I. - Intelligenza artificiale di Spielberg dice: "Era una sceneggiatura rielaborata da Stanley Kubrick che avrebbe dovuto essere il produttore. Poi Kubrick è morto e volevamo dedicargli il film. Chi è Spielberg? Un uomo che ha una grande disponibilità, che accetta la tua collaborazione e i tuoi consigli. Una cosa non da poco". Il suo rapporto con i film del passato non gli fa venire voglia di rifare le scene che oggi considera mal recitate: "Sicuramente ce ne sono tante che potrei rifare, ma devo dire che amo poco riguardare i miei film e poi, quando vedo degli errori, penso che in fondo ero anche più giovane". Interpretare personaggi storici, dice, "è un viaggio interessante che ti fa imparare molto della storia. Un modo per crescere, come accade quando lavori con grandi registi che nel mio caso hanno corretto la mia iniziale recitazione d'istinto". Meglio i ruoli da cattivo o da buono? "Quando reciti - risponde Law - non giudici. E poi nessuno è cattivo o si ritiene tale. Dipende comunque dalla capacità di trovare un equilibrio". Mentre per quanto riguarda il suo lavoro spiega: "Sono un uomo fortunatissimo. E' un lavoro che ti permette di stare in città diverse per mesi e mesi. Cosa ci può essere di più bello?". La differenza tra il cinema europeo e quello statunitense? "Semplice - dice l'attore londinese, classe 1972 - la differenza sono i soldi. Se hai tanti soldi li spendi. E' evidente. Quando si ha tempo illimitato e soldi illimitati si lavora sicuramente con un altro spirito". A chiudere l'incontro la sequenza di un film che sta a cuore a Jude Law, La morte corre sul fiume di Charles Laughton. "Mia mamma mi ha fatto vedere questo film quando avevo 16 anni e a stava iniziando la mia storia d'amore con il cinema. Io amavo il teatro - racconta l'attore - e la magia del legame tra regista, attore e pubblico che si stabilisce sul palcoscenico mentre nei film spesso si finisce per essere ossessionati dalla realtà e dal realismo. Questo film con la sua dimensione di favola nera inquietante, con i suoi personaggi fatti di ombre mi ha dimostrato che era possibile fare cinema con una dimensione teatrale. Inoltre sono legato a questo film per il destino del suo regista. Mia mamma mi raccontò che gli studios non compresero il lavoro di Laughton e non gli permisero di fare altri film dopo questo. Una grande tragedia per la storia del cinema".