"La preziosa ricerca solistica di Enrico Negro sulla chitarra acustica con corde metalliche mira ad accomunare, in un linguaggio unitario, il fondamentale lavoro di rielaborazione di arie e danze della tradizione popolare dell’arco alpino con le musiche antiche del periodo tra Rinascimento e Barocco, alcune composizioni di autori italiani moderni e contemporanei e, infine, le proprie composizioni originali". La firma prestigiosa di Andrea Carpi introduce alla perfezione l'orizzonte culturale, artistico e musicale di Enrico Negro, autore di La memoria dell'acqua, secondo titolo del catalogo Solitunes Records. Dopo il "contrabbasso solo" di Stefano Risso, un album per chitarra acustica fingerstyle, realizzato in preziosa solitudine di fronte ai microfoni, senza alcun tipo di effetto o interventi.
Fondatore del Vivaldi Guitar Trio e dell’Ensemble Sinigaglia, chitarrista tra i più attivi in studio e dal vivo in Europa, Enrico Negro è una figura legata allo studio, alla divulgazione e all'interpretazione della musica tradizionale piemontese, occitana e mediterranea. Ha collaborato con numerosi gruppi italiani e stranieri tra i quali Tendachënt, Charta de Mar, Compagnons Roulants, Edaq e la Grande Orchestre des Alpes, e con musicisti del calibro di Maurizio Martinotti, Renat Sette, Paul James, Jean Blanchard e Lucilla Galeazzi. Nel 2005 debutta come solista con Rosso Rubino, dieci anni dopo è la volta di La Memoria dell'acqua: "È un album in cui sono davvero"da solo", mentre in Rosso Rubino molti amici avevano offerto la loro collaborazione. Inoltre è un disco introspettivo, a tratti autobiografico, che ripercorre un mio sentire e alcuni momenti salienti della mia vita negli ultimi anni. Infine è interamente strumentale: solo io e la chitarra".
La memoria
dell’acqua
è il terzo titolo di Solitunes Records. In che modo questo tuo album
incarna lo spirito dell’etichetta?
Ecco, direi che lo
incarna dal punto di vista della realizzazione, della progettazione,
dell'esecuzione.... È stato un disco scritto e pensato in completa
"solitudine", registrato e mixato a casa in completa
solitudine e solo le fasi finali (il mastering affidato al bravissimo
Bruno Sorba e la grafica, opera dell' amico, compagno d'avventure
musicali ed eccellente grafico Francesco Busso) sono state
realizzate con contributi esterni. D'altro canto rientro anche
perfettamente al punto 28 del manifesto di Solitunes in quanto sono
"figlio unico di figlio unico"... quindi direi che tutto
torna...
Dieci anni fa
pubblicavi il tuo primo album solista Rosso
Rubino:
che differenze ci sono rispetto al nuovo?
In questo album sono
davvero "da solo", mentre in Rosso
Rubino
molti amici avevano collaborato mettendo la loro firma e identità
musicale in diversi brani. In secondo luogo La
memoria dell'acqua
è un disco molto introspettivo e a tratti autobiografico, nel senso
che ripercorre un mio sentire e alcuni momenti salienti della mia
vita negli ultimi anni. Non ultimo dettaglio, La
memoria dell' acqua
e' interamente strumentale: solo io e la chitarra.
Solitamente si
considera un “album da solista” quello firmato dal titolare,
anche se accompagnato da una band. La
memoria dell’acqua
è un album “da solista solo”: quali sono le potenzialità e
quali i limiti di un’operazione così solitaria?
Le potenzialità
sicuramente risiedono nella possibilità di manifestare un’urgenza
espressiva che a volte può essere solo individuale, entro la quale
difficilmente possono essere coinvolte terze persone. Purtroppo
questo può diventare anche un limite nel momento in cui tutto assume
lo stesso colore. In realtà a me una certa uniformità timbrica e
stilistica non dispiace affatto, ed è sicuramente un aspetto che ho
voluto e cercato fortemente per riuscire a far convivere differenti
stili, epoche ed immaginari sonori.
Un titolo come La
memoria dell’acqua
tradisce un riferimento preciso al passato e alla circolarità del
ricordo: il tuo approccio alla rivisitazione della musica
tradizionale è “filologicamente rispettoso” o pensi di dover
concedere spazio alla tua personalità e all’attualizzazione?
Esatto, mi ritrovo
perfettamente nel concetto di circolarità del ricordo... I ricordi
tornano e in qualche modo ci aiutano a prendere le "misure"
rispetto al presente. La memoria in qualche modo ci insegna a
modificare i nostri comportamenti, a cambiare anche idea e credo
quando necessario. Ho un enorme rispetto della musica tradizionale e
della sua essenza, credo che renderla in chiave attuale non
significhi stravolgerne i contenuti ma, casomai, rivestirla con suoni
e colori contemporanei, mantenendone intatto lo spirito. Questo è
sempre stato un punto cardine del mio approccio al repertorio
tradizionale, come dimostrano anche gli altri progetti a cui
partecipo (cito come esempio il cd del 2012 Dalla
parte del cervo
di Edaq Ensemble).
In questo album
compaiono brani tradizionali come Rigodon,
Monferrina e
Sestrina:
cosa ti colpisce solitamente di un brano della tradizione? Qual è
l’elemento che ti spinge a proporne una tua versione?
Solitamente mi
attrae la forza della tradizione stessa, non importa quanto semplice
o complicata, ma la forza che emana da un "suonare" antico,
tramandato e radicato. Certo poi ci sono melodie, ritmi, sonorità
più affini alla mia personalità ed è da questo che parto per una
mia rielaborazione. Nel mio caso poi tutto deve essere mediato con
l'idioma chitarristico che non sempre si sposa facilmente con queste
melodie, essendo nate e pensate su altri strumenti. In realtà i tre
brani che hai citato li avevo già affrontati in gruppo (Tendachent,
Li Sounalhe') con soluzioni strumentali differenti, ma appunto sono
brani particolarmente significativi di un certo momento storico della
mia vita e qui il discorso si ricollega alla memoria...
Monteverdi, De
Falla, De André: un grande volo pindarico oppure c’è qualcosa che
accomuna i tre compositori nella tua interpretazione?
Sicuramente un volo
pindarico, però c'è un tramite ed è sempre la memoria. Tre epoche,
stili, storie completamente diverse e distanti, ma in qualche modo
collegate in primo luogo dal ricordo perché sono tre autori che
hanno fatto da colonna sonora a diverse stagioni della mia vita, e in
secondo luogo l'amore per l' arte di questi compositori. In realtà
non c'è un brano di De Falla ma un omaggio al grande compositore
spagnolo firmato da un musicista piemontese: Carlo Mosso. Ho voluto
fare un disco di musica italiana e ogni brano è italiano o
quantomeno strettamente collegato all' Italia.
Per quanto
riguarda i tuoi brani, Andrea Carpi cita come riferimento John
Renbourn: oltre all’indimenticato maestro inglese cosa c’è nella
musica di Enrico Negro?
Naturalmente mi
onora enormemente il riferimento a John Renbourn che considero il mio
Maestro indiscusso. Credo che oltre alla sua influenza ( i più
attenti suoi estimatori potranno trovarne una fugace citazione nell'
intro del primo brano La
memoria dell'acqua)
ci sia tutto il mio mondo musicale e ancor di più parte della mia
personalità, a tratti ermetica ma sicuramente onesta e senza
compromessi.
In questo disco
suoni una chitarra acustica Diavoletto Grand Auditorium e una
chitarra classica Torres. Vuoi presentarci questi strumenti?
Sono due bellissimi
strumenti di maestri liutai italiani con caratteristiche molto
diverse: la Diavoletto G.A. è una chitarra acustica con corde
metalliche di Aldo Illotta. liutaio di Borgomanero con cui ho
realizzato gran parte del disco, mentre la Torres è una chitarra
classica con corde in nylon del liutaio ed amico Mario Grimaldi di
Trisobbio, in provincia di Alessandria, mia fida compagna di viaggio
fin dal 2003.
Quali sono le
differenze, al di là dello strumento usato, rispetto ai dischi dei
tuoi colleghi di scuderia Marchesano e Risso?
Credo che la
differenza principale risieda nel fatto che Stefano e Federico hanno
utilizzato una dialettica più moderna, se vogliamo "urbana",
facendo anche uso di tecnologie e tecniche strumentali e compositive
moderne, mentre nel mio caso mi sono posto con la sola chitarra di
fronte ai microfoni registrando e cercando di tirare fuori il miglior
suono acustico possibile. Un disco di chitarra acustica fingerstyle
insomma.
La memoria
dell’acqua
si esporrà anche dal vivo: come pensi di sviluppare questo concerto
“solista da solo” per chitarra?
Il concerto prevede
l' esposizione di tutto il disco cosi com'è stato inciso, con alcuni
richiami a Rosso
Rubino
e un dovuto omaggio a qualche autore particolarmente significativo
per me (John Renbourn, Pierre Bensusan, Andrew York). Il tutto
suonato in tempo reale, senza loop station e diavolerie elettroniche.
In quale punto
del manifesto programmatico di Solitunes ti riconosci di più?
Oltre a quello
citato inizialmente direi il punto 50: Solitunes per i mancini
diventa Senutilos...
BIOGRAFIA
Enrico
Negro si è diplomato nel 1991 in chitarra, con il massimo dei voti,
presso il conservatorio A. Vivaldi di Alessandria. Nel 1992 fonda il
Vivaldi Guitar Trio, con cui ha svolto un'intensa attività
concertistica in tutta Europa incidendo anche tre cd. Parallelamente
ha coltivato un'intensa passione per lo studio e la riproposizione
della musica tradizionale piemontese, occitana e mediterranea,
collaborando con vari gruppi italiani e stranieri, tra i quali
Tendachënt, Charta de Mar, Dona Bela, Ensemble del Doppio Bordone,
la Grande Orchestre des Alpes. TradAlp, Edaq Ensemble, MarMur. Le sue
esperienze nell’ambito della musica popolare gli hanno permesso di
collaborare con alcuni dei principali esponenti europei del genere
come Maurizio Martinotti, Renat Sette, Paul James, Jean Blanchard,
Lucilla Galeazzi, Carlos Beceiro e moltissimi altri.
Ha
avuto una fitta attività di concertista in Italia e all’estero,
con performance solistiche o all’interno di festival e rassegne
come Segovia Folk Festival, Xavia Folk, Festival de Correns, Saragoza
Womex, Locarno folk etc. Ha partecipato in qualità di chitarrista,
polistrumentista e corista a numerose produzioni comunitarie tra cui:
Il Viaggio di Sigerico, Canti dalle Terre del Riso, Pau I Treva, Mar
Mur, TradAlp. Ha al suo attivo l’ incisione di una ventina dischi e
la pubblicazione di partiture per tre chitarre per gli editori Berben
e Pizzicato Verlag.
Svolge
una notevole attività didattica in qualità di docente di chitarra,
collaborando con vari istituti musicali piemontesi.
Nel
2005 ha pubblicato per Folkclub-Ethnosuoni il suo primo album solista
Rosso Rubino, che ha ricevuto unanimi consensi di critica. A dieci
anni di distanza, per la neonata etichetta Solitunes pubblica La
memoria dell’acqua.