di
Domenico
Logozzo * - La
notizia dei 20 genitori di Petilia
Policastro
(Crotone) denunciati dai carabinieri per non avere mandato i figli a
scuola, mi fa tornare alla mente i racconti che a Gioiosa
Jonica
mi faceva mio padre a proposito dell’istruzione scolastica nella
Calabria dei primi anni del Novecento. Famiglie contro la scuola e
contro i maestri.
Facevano di tutto per allontanare i figli dalla
scuola. Piccole braccia da sfruttare, non cervelli da far crescere
culturalmente! Li avviavano subito al lavoro. Nei campi,
nell’edilizia, nelle botteghe artigiane. Lavori umili e lavori
pesanti. Un mestiere - qualsiasi mestiere - valeva più del “pezzo
di carta”. Perchè dava qualcosa da mangiare. Poco, ma dava
qualcosa di concreto. Lo studio non dava da mangiare, non dava nulla
di concreto. Mentalità difficili da cambiare. Chiuse ad ogni ventata
di utile progresso. I maestri di scuola erano da molti considerati
addirittura dei nemici, perché distoglievano i loro figli dal
lavoro.
Un
ricordo familiare. Che mi riguarda. Mio padre per poter studiare -
cosa che desiderava più di qualsiasi altra - fu costretto ad andare
dai carabinieri e denunciare mia nonna. Mi raccontava: ”Ogni
giorno, quando ritornavo da scuola, mia madre mi chiedeva: ”Cicciarè,
hai imparato a fare la firma?” Rispondevo: ”Ancora no”. E lei:
”Perché impieghi tanto tempo? Sbrigati!” Pensavo che fosse
interessata al mio apprendimento scolastico. Ero troppo piccolo ed
ingenuo per poter sospettare quale era invece il fine reale di quella
domanda che per me stava diventando ossessiva. Così, quando venne il
bel giorno che io sul quaderno riuscii a scrivere il mio nome e
cognome, orgoglioso tornai a casa e dissi a mia madre: ”So fare la
mia firma !” Mi aspettavo i complimenti. Invece… invece la doccia
fredda. Mi ordinò: ”Da domani niente più scuola. Sai fare la tua
firma? Questo ti basta. Ora bisogna pensare al tuo futuro. Per poter
mangiare si deve lavorare. Imparare un mestiere. Da domani mattina
vai a fare l’apprendista falegname”. Mio padre non aveva più di
otto anni. Cercò di insistere: ”Ma io voglio andare a scuola!”.
Protestò. Pianse. Minacciò: ”Vado dai carabinieri, alla mia età
la frequenza della scuola è obbligatoria. Lo dice la legge. Lo
impone la legge”. Niente. Mia nonna fu irremovibile.
Mio
nonno era emigrato in America
e quindi tutte le decisioni le prendeva mia nonna. Che era molto
rigida. Me la ricordo, me la ricordo troppo bene, quanto era
autoritaria anche con noi nipoti! Immagino con i figli. Ma mio padre
non si diede per vinto. Dalla minaccia passò ai fatti. Andò
veramente dai carabinieri. Bussò alla porta della caserma. Il
piantone gli chiese: ”Ragazzino che ti serve?” E lui: ”Voglio
parlare con il maresciallo. Sono venuto a denunciare mia madre. Non
mi vuole mandare a scuola”. I carabinieri convocarono subito in
caserma mia nonna. La invitarono a rispettare i voleri del bambino e
a non violare la legge, se non voleva incorrere in guai giudiziari.
Lei rispose: ”Gnorsì, signor comandante. Farò come Voi mi
ordinate. Ma vi dico che non ho soldi da sprecare per comprare
libri, quaderni, penne e matite. Se la sbriga lui, che non vuol
capire l’inutilità della scuola. E’ un testardo. Io non posso
dargli nulla. Siamo poveri e sono tante le bocche da sfamare con quei
pochi soldi che dall’America mi manda mio marito”. Salutò il
maresciallo. A mio padre disse: ”Ora facciamo i conti a casa, tu ed
io”.
Lo
afferrò saldamente per mano per impedirgli, una volta fuori dalla
caserma, di scappare e sottrarsi alle prevedibili … conseguenze.
Grave mancanza di rispetto. Aveva osato denunciarla e farla convocare
dai carabinieri. In paese la gente cosa avrebbe detto? “Mara Rosa
ha dovuto subire la scelta del figlio per ordine dei carabinieri! I
figli che non rispettano le decisioni delle mamme e vanno dai
carabinieri! Gesù, Gesù, ma dove siamo arrivati, di questo passo
dove andiamo a finire???”. Le vecchie “commari” di paese che
non tolleravano che la parole e l’autorità materna venissero messe
in discussione da “ ‘nu cotrareju” (un
bambino),
certamente avrebbero avuto da dire. Sulla bocca della gente. Che
vergogna! Mio padre non mi disse mai quale fu la reazione della
madre a casa. L’ho sempre immaginata. Perchè mia nonna usava - e
sì che le usava! - certe maniere... E la scopa non la utilizzava
solo per pulire il pavimento… Temo che anche in quella circostanza,
al chiuso delle quattro mura domestiche… la resa dei conti sia
stata abbastanza “pesante”. Mio padre il rischio l’aveva
…previsto. Ma ci teneva tanto al risultato finale, cioè poter
continuare a studiare, che non gliene importava nulla del “tributo”
che avrebbe dovuto pagare alla lesa maestà materna! Pensava: i
lividi passano, la cultura resta. Fatto sta che ha potuto continuare
a frequentare le scuole elementari, ma a due condizioni. La prima:
nessuna aggravio economico per il misero bilancio della famiglia
per l’acquisto di libri, quaderni etc. La seconda: il
pomeriggio da “Mastru Rocco” per imparare il mestiere di
falegname. I compiti? “Quando è possibile farli. Non sono una
priorità”, impose mia nonna. Categorica:”Non pensare di sprecare
il petrolio per accendere il lume e studiare la sera”.
Tra
mille difficoltà mio padre ha vinto la sua personale lotta per la
crescita culturale. Debbo dire che ha avuto la fortuna di
incontrare un grande Maestro, l’ins. Domenico Cento, che lo
apprezzava e che lo aveva aiutato in maniera determinante,
fornendogli il necessario per poter andare avanti. “Un Maestro
davvero vicino agli alunni, ci seguiva, ci stimolava ad amare la
cultura, con la sua grande cultura. Mi prestò il suo libro, che
copiai interamente, con grande pazienza”. Mio padre ha ottenuto
ottimi risultati, sia a scuola che come falegname. Grande abilità
nell’arte dell’intaglio. Ha realizzato camere da letto
pregiatissime e prestigiosissime, veri e propri capolavori! Ha
conseguito brillantemente il diploma di scuola professionale, con un
rimpianto: “Avessi avuto la possibilità di andare
all’Università!!!”,mi ripeteva spesso. E’ stato un bravo
educatore ed amministratore. E’ stato insegnante di applicazioni
tecniche nella Scuola di Avviamento e nella Scuola Media, anche con
responsabilità dirigenziali. Non ha mai dimenticato le lezioni ed i
buoni esempi del Maestro
Cento.
E l’immensa gratitudine l’ha concretizzata quando da
sindaco di Gioiosa
Jonica
ha fatto intitolare il nuovo edificio della Scuola Media al “Maestro
Domenico Cento”.
Mi diceva: ”Un atto doveroso per ricordare un grande uomo di
cultura che ha dato a tante generazioni di gioiosani la possibilità
di crescere e di affermarsi culturalmente, combattendo
l’analfabetismo e l’ostruzionismo della famiglie che erano contro
l’istruzione dei figli per partito preso”.
Gioiosa
Jonica
è stata molto riconoscente anche a mio padre, che ha ricoperto la
carica di sindaco per cinque volte ed è stato amministratore
ininterrottamente dal 1952 fino al 1986, quando alla vigilia di
Natale è stato stroncato da un improvviso malore. Una via del paese
porta il suo nome. Alla cerimonia di intitolazione erano presenti i
più importanti leader politici calabresi, a partire dall’on.
Giacomo Mancini.
Nel nuovo millennio dover constatare che ci sono genitori calabresi
che vengono denunciati dai carabinieri perché non mandano i figli a
scuola fa proprio male. Quello che è avvenuto a Petilia
Policastro -
che purtroppo non sarebbe un caso isolato - ci deve far riflettere.
Far finta di niente non è possibile. Girare la testa dall’altra
parte nemmeno. In Calabria
ci sono profonde lacerazioni sociali. Ci vuole maggiore
attenzione per la scuola. Più cultura significa restringere gli
spazi alle forze antisociali. Che prosperano sfruttando l'incultura.
E' questa la triste verità. La politica continua ad essere
colpevolmente latitante. Il governo regionale non brilla e
quello nazionale non sembra molto preoccupato delle sorti dei
calabresi. E non è giusto. E non va bene. La Calabria non può
sprofondare nell’indifferenza generale. Le lezioni del Maestro
Domenico Cento,
la coraggiosa scelta di mio padre sono buoni esempi da ricordare, per
andare avanti. Non per ritornare ai primi del Novecento!
*già
Caporedattore del TGR Rai
Nella foto: Gioiosa
Ionica 1912. Il Direttore didattico Francesco Ieraci ed il maestro
Domenico Cento con gli alunni della IV elementare. La foto è stata
donata da Rocco Murizzi alla pagina facebook Gioiosa Ionica.