Museo Marino Marini, a Firenze la mostra di Gavin Kenyon "Lift your head, give me the best side of your face"

Il Museo Marino Marini, a Firenze, ha inaugurato sabato 18 aprile Lift your head, give me the best side of your face la prima personale in un'istituzione italiana dell'artista americano Gavin Kenyon (1980), unanimemente riconosciuto come una delle figure più interessanti delle nuove generazioni di artisti a livello internazionale. 

Il centro del suo lavoro è la scultura, realizza opere astratte dalle qualità biomorfe. Trae la sua ispirazione dal territorio dove è cresciuto, le foreste  di Upstate di New York, e le sculture a forma di bulbo in cemento, lana e altri materiali organici affondano le proprie radici nell'idea dell'Informe formulata da George Bataille nel 1929.
Per questo inedito progetto fiorentino, a cura di Alberto Salvadori, Kenyon ha prodotto 13 nuovi lavori che occuperanno la cripta del Museo Marino Marini.
Le opere, tutte prodotte in Italia per questo progetto, costituiscono un momento importante nel lavoro dell’artista; combinazioni formali e soluzioni scultoree di vario genere uniranno elementi tipici della scultura di Kenyon, come l’incontrollabilità delle forme, la naturale anarchia della materia libera di trovare la sua condizione uscendo dalla regola della costruzione, alla formale convenzionalità simbolica di un’architettura rinascimentale, connotata dal rigore e dalla misura come può essere la cripta del museo Marini.
Nel corso dell’ultimo anno, l’artista americano ha sperimentato nuove forme ispirate all’architettura e alla scultura classica che ricordano archi o colonne, reinterpretate secondo il proprio linguaggio che mantiene quella sua tipica sensibilità biomorfica. Sono sculture dal carattere monumentale che, come per altri interventi pubblici realizzati anche recentemente, nel 2014, negli Stati Uniti e in Italia - dalla sua prima personale in un museo, Reliquary Void al MOMA PS1 a New York, a Four Sentinels a Milano, nei giardini di Corso Indipendenza - hanno l’obiettivo di alterare la percezione dello spazio, creando nuovi punti d’interesse o di vista. Kenyon riesce a mettere insieme poetico e grottesco. I suoi lavori nascono dalla pressione del cemento umido in sacchi di stoffa, di vinile, di pelliccia sintetica, cuciti assieme e in fase finale dipinti, che una volta induriti assumono fattezze ambigue, ispirate anche alle opere di grandi artiste come Lynda Benglis o Louise Bourgeois. Alludono a forme anatomiche, spesso con connotazioni umane, che si abbinano a forme organiche simili a morbidi tessuti. Seduttive e respingenti allo stesso tempo a chi le guarda, le sue sculture sembrano vivere grazie a questa costante tensione e opposizione tra figurazione e astrazione, mascolino e femminile. Come racconta lo stesso artista, queste opere nascono dal suo desiderio di sperimentare nuovi materiali, di riuscire a trovare una superficie che avesse un aspetto naturale ma fosse complicata da scolpire per ottenere sagome che si riferissero al corpo. In questa sua ricerca legata proprio alla metafora del corpo, Kenyon manifesta un particolare interesse per la scala delle dimensioni degli oggetti con i quali ci confrontiamo personalmente tutti i giorni.

Si ringrazia per la preziosa collaborazione la Galleria ZERO… di Milano.
La mostra è realizzata con la collaborazione del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci nell’ambito del progetto regionale “Cantiere Toscana Contemporanea”.

Gavin Kenyon (Binghamton, 1980) è un artista americano che vive e lavora a New York. Negli ultimi anni ha avuto mostre personali al MoMA PS1, New York; Galleria ZERO…, Milano; Blum & Poe, Los Angeles; Ramiken Crucible, New York. Nel 2014 ha inoltre partecipato alla Biennale di Gwangju e ha realizzato un’importante commissione per la High Line a New York. 
Fattitaliani

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