LORETTE, MATISSE E I SUOI MODELLI CIOCIARI

La esposizione delle opere ed oggetti di Matisse alle Scuderie del Quirinale, dove sono esposte tre opere che illustrano la sua modella certamente più amata, è motivo imperioso per riferire al lettore i suoi rapporti coi modelli e modelle ciociari. In merito è bello rammentare la targa commemorativa in onore di Agostina che il Comune di Parigi apporrà il 4 giugno prossimo come già annunciato e altresì, è una novità, che un primario museo sempre di Parigi sta procedendo alla programmazione di una iniziativa dedicata all’Italia con particolare attenzione proprio ai modelli ciociari.

Eppure non si immagina quanti e quali capolavori presenti nei musei del pianeta sono dirette e immediate ispirazioni di quegli uomini e di quelle donne in posa, faticosissima, davanti ad un artista. Donne e uomini che si chiamano modelle e modelli. Oggi sono tutte modelle e top-model e nessuno sa che la professione, il mestiere, la parola medesima di ‘modella’ sono una invenzione e scoperta autentiche e vere delle ragazze e ragazzi in posa davanti agli artisti stranieri che affollavano Roma agli inizi del 1800, abbagliati da quegli stracci variopinti e sgargianti che erano i loro abiti e con quelle curiose misere calzature ai piedi: erano i ciociari. E fu inventato un mestiere nuovo. E questa umanità che accresceva di numero giorno dopo giorno, proveniva quasi intieramente da un medesimo luogo, da certi paesetti e frazioni sperduti sui monti e nei boschi della Valcomino, in Terra di Lavoro, Regno di Napoli: si chiamavano Immoglie, Cerasuolo, Serre, Filignano, San Giuseppe, San Gennaro, Cardito, Vallegrande, nomi che rappresentano capisaldi del fenomeno migratorio italiano qui nato e consolidato…Ma ci arrestiamo.
E’ a Parigi, dopo all’incirca il 1860 e negli anni a seguire, che verrà scritta nel libro della Storia dell’Arte Occidentale la pagina gloriosa del modello di artista. A cavallo tra il 1870 fino ai primi fuochi della Seconda Guerra Mondiale, Parigi rappresenta una concomitanza unica nella storia della umanità: essa divenne infatti il centro planetario della cultura e dell’arte ma anche del bel e del buon vivere: tutto il mondo artistico diplomatico imprenditoriale aristocratico politico sentiva la esigenza irrinunciabile del viaggio a Parigi. Ogni branca della esistenza vi era al superlativo, al massimo livello, nella Parigi irripetibile di questa epoca! E la pittura ne fu per così dire il vessillo, il corifeo: i titani e i giganti che hanno sconvolto e rivoluzionato la immagine artistica consolidata, una rivoluzione copernicana dell’arte, si chiamavano: gli impressionisti e i postimpressionisti prima di tutti, poi Manet, poi Degas, Corot, Rodin, Cézanne, Van Gogh, poi Matisse, poi Picasso: tutto quello che è venuto dopo e oggi, è nato da questi pionieri. Ed è in siffatto mondo scintillante e sfavillante degli artisti che si consolidò e strutturò il mondo peculiare e specifico dei modelli e delle modelle di artista. E le cronache del tempo ci informano che tra questi i più ricercati e più considerati erano quelli ciociari. E passiamo subito nell’atelier di uno di questi giganti dell’arte occidentale del Novecento, Henri Matisse. Si sa che l’artista gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Nove frequentava assiduamente lo studio di Rodin che a quell’epoca era ormai divenuto una vera industria della scultura. Tra il tanto altro, quanto lo colpiva maggiormente era la presenza dei modelli e soprattutto delle modelle in posa sulle pedane o che si muovevano liberamente nello studio, quasi tutti italiani, tutti ciociari. A quell’epoca sappiamo bene chi fossero: Libero e Cesidio entrambi dal fisico apollineo stando a quanto ci illustrano le opere che li ritraggono e poi le ragazze che secondo le parole stesse di Rodin erano una gioia degli occhi grazie alle loro movenze e alle loro forme: Adele, Anna, Carmela, senza contare le altre, la maggior parte, perdute nell’anonimato. Carmela Caira, di Gallinaro, in quello stesso periodo era modella amatissima del vecchio Whistler, di Emile Bernard, di Alice Pike Barney. In quello stesso periodo, 1901, Matisse aveva visitato la mostra delle opere di Van Gogh e fu una esperienza sconvolgente e dirompente per gran parte dei giovani artisti dell’epoca: si aprì ai loro occhi un mondo nuovo e, sopra ogni cosa, un linguaggio inusitato, inedito, in una parola: rivoluzionario: il cromatismo dei colori puri, la figura umana e la natura viste alla luce nuova della interiorità e dello stato d’animo dell’artista e perciò la comparsa e l’apparizione di quello che poco dopo sarà chiamato espressionismo. Ed ecco questo quadro per il quale posò Carmela, che l’artista quasi in un giuoco di parole intitolò ‘Carmelina’ (al Museo di Boston), che offre allo sguardo il corpo nudo della modella quasi in faccia al visitatore, in uno scintillio e riverberi di colori puri. E nello stesso periodo analogamente ad altri giovani artisti, infiammato quasi stregato dalla personalità di van Gogh, fa posare davanti a lui per due tre anni il modello Cesidio Pignatelli, da Gallinaro, ormai non più giovane ma sempre vigoroso e ben portante, modello da oltre venti anni di Rodin. E opere fiammeggianti di colori e di deformazioni geometrizzanti alla Cézanne, sgorgano dal suo pennello. E di Cesidio realizzò, dopo centinaia di sedute si dice, anche una scultura intitolata ‘Il servo’ enormemente sofferta e che è la sintesi, nei suoi particolari, di Rodin, di Van Gogh, di Cézanne, del cubismo incipiente.. . E poi conosce Rosa, anche da Gallinaro, ritratta contemporaneamente da lui, da Braque, da Marquet, da Puy nel medesimo studio. E Matisse, successivamente, ne fece la protagonista di un’opera importante oggi a Philadelphia, intitolata la ‘Gioia di vivre’ una inebriante fantasia e capriccio di colori, questa volta all’insegna di Gauguin. Ma con Rosa, giovanissima, non ancore ventenne, apprezzava le movenze e la flessuosità aspra del corpo e mantenne i rapporti per qualche anno: la ritrasse in numerosi disegni dei quali qui riproduciamo un paio esclusivi. Ed esattamente dieci anni più tardi, nel 1916, Matisse entra in contatto, grazie a Rosa, con Loreta, la sorella.
Questo incontro segna in verità un momento decisivo e determinante nella vita dell’artista in quanto la presenza davanti a lui di Lorette, così la chiamava, marcò il graduale trapasso dal mondo pittorico che abbiamo descritto a quello più dolce, più delicato, più ricco di colori, soprattutto alla prevalenza degli interni, della natura morta e ancora di più, della figura umana e della decorazione: vale a dire quel mondo tipico di Matisse che lo accompagnerà per i successivi quarantanni. E Loreta fu la sua musa ispiratrice veritiera. Matisse in un anno quasi di rapporto professionale, la fece protagonista di almeno cinquanta dipinti (non disegni o altro).
I lettori curiosi del mondo affascinante dei modelli possono consultare il testo: MODELLE E MODELLI CIOCIARI a Roma, Parigi e Londra, nel 1800-1900” e attingervi molto altro.

Michele Santulli
Fattitaliani

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