Mafia, “Nel paese dei balordi”, il nuovo libro di Josè Trovato. L'intervista di Fattitaliani: "Enna è il cuore della mafia siciliana"

Nell’auditorium Falcone e Borsellino della Procura di Enna, venerdì 9 gennaio 2015 alle 17,30 al Palazzo di Giustizia di Enna verrà presentato "Nel paese dei balordi" nuovo libro di Josè Trovato (Lancillotto e Ginevra edizioni, 220 pagine, 15€), distribuito in questi giorni. Si tratta della prima presentazione, organizzata dall'associazione antimafia “Fuori dal Coro”, in collaborazione con la Procura di Enna e con Giuseppe Lupo, presidente emerito del Parco minerario Floristella-Grottacalda. Interverranno, oltre all'autore, il prefetto Fernando Guida, il procuratore Calogero Ferrotti, il questore Ferdinando Guarino, il presidente Lupo, il presidente dell’associazione antiracket Giordano di Gela Renzo Caponetti, il presidente dell’associazione Fuori dal Coro Sandro Immordino. Moderatore il giornalista della Rai Guglielmo Troina. Fattitaliani ha intervistato Josè Trovato.
Come descriveresti il tuo libro a chi si sta accingendo a leggerlo?
Mi piace definirlo il mio primo romanzo criminale. Racconto la mafia di questi anni dell’entroterra siciliano, i mafiosi e le loro storie. Parla di mafia, “Nel paese dei balordi”, ma non è una storia della mafia e ancor meno un testo per gli addetti ai lavori. È un libro pensato per le nuove generazioni: il mio è il linguaggio della strada, parlo in prima persona per mostrare il vero volto della mafia. Racconto personaggi e tante storie di vita vissuta. Nel testo, c’è una mappa del potere mafioso “empirica e non certo definitiva”, anche perché alcuni processi devono ancora chiudersi. 
Qualche esempio dei personaggi protagonisti? 
Si parla di storici boss, come Gaetano Leonardo “u liuni”, e di personaggi meno noti, come il suo “picciotto diventato boss Giancarlo Amaradio”. C’è poi un capitolo su Salvatore Seminara, ritenuto il nuovo capo provinciale di Cosa Nostra, ma è tuttora solo un’ipotesi investigativa, perché il processo è ancora in corso a Caltanissetta, dopo l’annullamento della condanna in Cassazione. Un altro capitolo sulle nuove frontiere della mafia, come il traffico di droga, che in provincia di Enna è una novità, ma è divenuta la nuova El Dorado dei clan, con l’intervista a un esperto. Si parla pure delle recenti operazioni Go Kart e Homo Novus. Si parla anche della vicenda del senatore ennese Mirello Crisafulli, che fu indagato e prosciolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, di cui riferisco circostanze nuove e i racconti inediti di un pentito, che potrebbero riscrivere la storia del personaggio Crisafulli, che “il clan di Enna voleva colpire perché non faceva favori alla mafia”. 
Josè Trovato
C’è poi un’intervista esclusiva a Paolo Mungiovino... 
Sì, figlio di Giovanni Mungiovino, il politico della Dc ucciso dalla mafia il 9 agosto 1983. Dai racconti del figlio viene fuori una nuova storia, lontana anni luce da ciò che è stato riferito dalle cronache e dai processi; e nuovi, possibili, contesti in cui maturò quel delitto eccellente. 
C'è qualche pagina autobiografica? 
Certo, c'è un capitolo ampiamente autobiografico, intitolato “L’omicidio dei fidanzatini e l’ergastolo a Mauceri”, in cui racconto la Leonforte di fine anni ’90 e la mia convocazione in Questura, nel 2009, quando polizia e carabinieri mi riferirono di essere nel mirino di Cosa Nostra. L’entroterra e la provincia di Enna sono zone stupende e composte da tanta gente perbene, che non sono mafiosi e tanto meno dei ‘balordi’, ma oggi qui boss e gregari si avvalgono di un esercito di balordi, pronti a tutto per una manciata di quattrini. Sono l’emblema del malaffare, che purtroppo vince ancora, e troppo spesso, da queste parti”.
Com'è cambiata negli anni la "letteratura" mafiosa? E la scrittura giornalistica sull'argomento?
È il secondo libro con cui tratto questo tema, ma non penso di essere titolato per esprimere un giudizio sulla letteratura mafiosa. Sulla scrittura giornalistica, invece, constato con piacere che c'è un risveglio da parte di tutti. In un certo senso, molto stanno incidendo le storie di questi giorni sul caso di "Mafia Capitale". Oggi la scrittura giornalistica su questo argomento si è evoluta come su ogni altro tema: è più immediata, più diretta, e, purtroppo, molto meno approfondita.
Bello il titolo: richiama per contrasto "Il paese dei balocchi". Come lo hai scelto? C'è anche un blog che si chiama così...
Non sapevo che esistesse un blog con questo nome, ma mi fa piacere. Come non sapevo neppure che esistesse una canzone di Caparezza con questo titolo: l'ho scoperto solo ieri. In realtà è quello che mi ha colpito più di tutto della mafia che ho raccontato in questi anni: la presenza, nella maggior parte delle storie, di personaggi di contorno che, se guardi bene, sono solo dei balordi. È gente pericolosa, perché disposta a tutto per una manciata di quattrini. L'idea comunque è della mia nipotina, devo dirlo per amor di verità...
Quando si parla di mafia i siciliani si mostrano ancora interessati o di contro stufi se non infastiditi?
È una domanda per cui ti ringrazio, perché mi dà la possibilità di ricordare un caso in cui, questo fastidio dilagante, per me è scandaloso. A Leonforte nel '99 uccisero una coppia di fidanzatini, Filippo Musica e Elisa Valenti. Lui era accusato di piccoli misfatti e fu ucciso perché in contrasto con colui che si credeva il boss del paese. Lei, una ragazzina innamorata, perse la vita perché si trovava nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Il ministero dell'Interno le ha riconosciuto lo status di vittima incolpevola della mafia. E oggi, per il fastidio che provano politici e istituzioni di vario livello a rileggere le cronache di questa vicenda, nessuno si è ancora degnato di ricordare questa ragazza con una via, una stele o una piazza. Questo per me è scandaloso.
E i giovani? visto che hai pensato il libro per loro...
I giovani li trovo interessati, ma pagano lo scotto di una realtà dove viene inculcato loro il concetto che, tanto, la mafia a Enna non esiste, o non è forte, o non fa paura. Ci vorrebbe un esercito di maestri, aveva ragione Bufalino, per far cambiare l'approccio al problema delle nuove generazioni. Se non si comincia a dire che la mafia è tra di noi, in mezzo a noi, che è invasiva e pericolosa, i ragazzi non entreranno nell'ottica di provare a ripudirla ma si convinceranno che basterà limitarsi a guardarla in tv... Vedo facce sconvolte quando dico ai ragazzi che a Dittaino e Barrafranca furono organizzate le stragi di Capaci e di via D'Amelio e che il tritolo che uccise Giovanni Falcone partì da una masseria di Grottacalda, a Valguarnera. Enna è il cuore della mafia siciliana. Non è una mafia babba e va lottata con tutte le nostre forze. Il mio modo di combatterla è parlarne, in tutti i modi e con tutti i mezzi possibili. Giovanni Zambito.
© Riproduzione riservata
Fattitaliani

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