di Luigi Casale - Il nome dei giorni della settimana è una
delle prime cose che si insegnano ai bambini. Come le dita della mano, o i mesi
dell’anno: un apprendimento seriale. Per tenere allenata la memoria: lunedì,
martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato; e poi domenica. Certamente la
suddivisione del tempo in settimane non è della tradizione classica
occidentale. Essa fa parte della cultura ebraica. Vedi il racconto biblico
della Creazione. E l’origine dei nomi dei giorni?
Intanto diciamo che a rigore la settimana,
così com’ è oggi, non comincia dal
lunedì; anche se la settimana lavorativa – diciamo quella civile, o quella
abitudinaria – sì. Infatti, se stando alla tradizione ebraica il sabato è il “giorno del riposo”, allora questo giorno
non può essere che il settimo. Ne abbiamo conferma nel passo evangelico in cui
si racconta che “il giorno dopo il sabato”
Maria Maddalena (e, successivamente, Pietro e Giovanni) trovò la tomba vuota.
Quindi quel giorno era – ed è – il primo giorno della settimana; quello che in
seguito i cristiani chiamarono “giorno
del Signore” (dies dominica), e che noi chiamiamo ancora “domenica”.
Abbiamo detto “dies dominica”. Dove “dominica” è l’aggettivo derivato da dominus = il Signore, e “dies” è
un nome che significa “giorno”. Questo nome della 5^ declinazione latina, come
sanno gli studenti liceali, era trattato a seconda delle situazioni contestuali
a volte come femminile a volte come maschile. Così, nella penisola italica, una
volta caduta “la” dies, l’aggettivo dominica, sostantivandosi, è divenuto un nome femminile: “la domenica”.
Mentre nell’area delle province occidentali, e quindi nella lingua francese e
in quella spagnola, caduto “il” dies, l’aggettivo dominicus è diventato
da una parte “le
dimanche” (francese), dall’altra “el domingo”
(spagnolo): entrambi nomi maschili.
“Dies”,
che probabilmente accompagnava sempre anche tutti gli altri nomi dei giorni
della settimana, e che nel caso della “domenica” si è eclissato, nei rimanenti cinque
giorni si è mantenuto trasformandosi nel suffisso “–dì” (lune-dì, ecc.). Faccio
notare poi che la stessa parola “dies”
è presente come voce autonoma nella lingua italiana, ed è il nome tronco: “di’”
[da diem]). Vedi l’espressione augurale:
“Buon dì!”. Oltre che l’aggettivo derivato “diurno”.
Parlavamo degli altri cinque giorni. Essi,
escluso il nome del “sabato” sono dedicati ai personaggi dell’Olimpo Romano. Scomparso Apollo dal
primo giorno, divenuto domenica
per i cristiani (“il sole” però,
quanto al nome, si è mantenuto nelle lingue anglosassoni), sono rimasti Diana
(la luna: anch’essa presente nelle lingue anglosassoni), Marte, Mercurio, Giove
e Venere. Il nome del “sabato”,
invece, ha conservato la forma della lingua ebraica.
Quindi i nomi della settimana, così come ce
li ritroviamo oggi, rappresentano i segni nella nostra lingua di presenze di cultura
classica (romana), ebraica e cristiana conviventi nella stessa civiltà. Di
questi tre filoni, o meglio della loro sintesi (sincretismo), noi conserviamo
la matrice, oltre che nelle parole, anche nella formazione ideale, quella che
comunemente si dice la mentalità. Sulla quale poi si sono sovrapposte con
maggiore o minore incidenza anche la cultura germanica (le cosiddette
“invasioni barbariche”) e quella araba, considerando che quella greca e
bizantina erano già componenti di quella classica.
Nel linguaggio ufficiale della chiesa, che
non poteva certo avere simpatia per i nomi di divinità pagane, il nome dei
giorni della settimana, a parte il primo, denominato come abbiamo detto “dies dominica”, gli altri, sono
designati col numerale: feria secunda, feria tertia, feria quarta,
feria quinta, e feria sexta. dove feria è
la parola latina che significa “festa”. Ancora così sono chiamati i giorni della
settimana nella lingua portoghese. Anche da noi, come in tutta la cristianità, -
chi va in chiesa il Giovedì Santo lo sa - quella festa si chiama “Feria quinta in cena Domini” (La quinta
festa della settimana dedicata alla commemorazione della cena del Signore).