Guarda il booktrailer. "Da straniero inizio il cammino - Schubert, l'ultimo anno" di Sandro Cappelletto racconta gli ultimi mesi della breve vita di Franz Schubert, “il più ardito e libero di spirito di tutti i musicisti moderni”, come lo ha definito Robert Schumann, (Accademia Perosi Onlus Editore, con la postfazione di Azio Corghi).
Allegato al libro, il cd del Quintetto per due violoncelli op. 163 di Franz Schubert,
registrato dal Quartetto Perosi e Stefano Blanc. Il volume sarà presentato alle ore 18 di mercoledì 28 gennaio 2015
a Roma, all'Accademia Filarmonica Romana (Sala Casella): con l'autore interverranno Matteo D’Amico e Christoph Meran con esecuzioni musicali dal vivo a cura di Marco Scolastra. Fattitaliani ha intervistato Sandro Cappelletto.
Che rapporto "personale" ha avuto nel tempo con Schubert? perché un libro su di lui?
"È stata un'esigenza cresciuta con me. D'altra parte, non riesco a immaginare altri motivi per scrivere un libro di musica se
non quello di dare risposta al bisogno di conoscere e comunicare. Schubert: la vita così breve, appena 31 anni, e una produzione così ampia;
la malattia mortale; il rapporto molto difficile con il gusto prevalente del tempo; il successo mancato in vita; la sregolatezza delle sue vicende private.
La forza immensa che, a dispetto di tutto, ha saputo trovare in se stesso".
In che senso con lui - come disse Schonberg - termina il periodo classico?
"Schubert non è stato un epigono, ma un creatore. E tutti i creatori spingono oltre i confini del loro tempo.
Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert: in pochi decenni Vienna crea la musica che ancora domina gran parte
delle stagioni concertistiche di tutto il mondo. Schubert, raccogliendo il testimone dall'ultimo Beethoven,
vive inquietudini, ansie, silenzi, angosce, rapinose e brevi felicità che appartengono a quello che noi chiamiamo
Romanticismo. Ma in verità, il solo genio che sento di potergli accostare è Giacomo Leopardi; verso l'umanità avevano lo stesso disincanto".
Narrare l'ultimo anno di vita e di creatività di Schubert ha dato un'impronta e uno stile particolari al volume?
"Schubert - non so ancora se a livello conscio o con inconsapevole rimozione - sapeva di dover morire presto, dunque doveva dire
tutto quella che gli restava da dire bruciando il tempo. E quando bruci il tempo, le associazioni della tua mente, dei tuoi affetti,
sono imprevedibili, fulminee, esigentissime. La narrazione del libro rispetta la cronologia, ma si apre in frequenti percorsi paralleli".
dal film "Vanità e affanni" di Ingmar Bergman |
Aveva subito concepito l'impianto così oppure nel tempo ha apportato dei cambiamenti?
"No. Il libro mi è esploso dentro. Non immaginavo che gli ultimi suoi mesi fossero così prodigiosamente
creativi e innovatori. E quante cose non sapevo: che Ingmar Bergmann avesse dedicato un film, Vanità e affanni, a uno dei suoi Lieder
più miracolosi, Il suonatore d'organetto; che il Premio Nobel per la letteratura Elfriede Jelinek avesse scritto una
commedia sul Viaggio d'inverno; che Al Bano e Romina Power fossero stati i protagonisti di un film, Angeli senza paradiso,
dedicato all'amore immaginario tra Franz e la contessina Karoline Esterhazy. In verità, le sue predilezioni erano altre”.
"Dalla sua musica. Diciamo sempre che Schubert ha inventato la figura del Viandante. È inesatto: il suo Viandante diventa infine uno straniero
alla comunità degli uomini. Che non si aspetta di essere compreso o accolto da loro. Ci sono tratti esistenzialisti nell'ultimo Schubert.
Immagini, letterarie e musicali, febbrili e visionarie, che fanno pensare a Dostoevskij.
Il cd allegato al libro è in un certo senso complementare?
"Gli allievi dell'Accademia Perosi di Biella - una delle realtà più vive della formazione musicale in Italia -
suonano il Quintetto per due violoncelli che Schubert compone nel settembre del 1828, due mesi
prima di morire. Il suo senso del tempo sospeso, del tempo interiore come unico tempo di cui
vale la pena occuparsi, la libertà delle armonie, i furori e gli abbandoni che attraversano
questo capolavoro, sono tra gli esiti sublimi della sua arte”. Giovanni Zambito.
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