Teatro, Veronica Pivetti è "Mortaccia". L'intervista di Fattitaliani: il mio mestiere? spero di riuscire a farlo tutta la vita

Mortaccia-La vita è meravigliosa- Autrice e regista Giovanna Gra, musiche di Maurizio Abeni, Costumi di Valter Azzini. Mortaccia è Veronica Pivetti, affiancata da Oreste Valente e Elisa Benedetta Marinoni al Teatro Ghione di Roma. Uno spettacolo che rende la morte persino simpatica, visto che ognuno di noi, nel suo immaginario la rappresenta in maniera diversa, per alcuni è un’ossessione, per altri un pensiero da allontanare. La Pivetti la rende irriverente, quasi ai confini della comicità e anche se renderla simpatica è dura, lei ci riesce perfettamente, saltando dall’ironia al sarcasmo ma lasciando il tempo allo spettatore di riflettere, perché anche se lei vive nell’aldilà è sempre presente nei problemi terreni. Parla di crisi, disoccupazione, tagli e via discorrendo ma senza annoiare e senza cadere nel cliché. Lo fa cantando in rima e ballando tra tanghi e tarantelle con l’energia che la contraddistingue nella vita e nel lavoro e che ha sfoderato anche nell’intervista di Fattitaliani. Veronica si può dire che sia una di noi, l’amica del cuore, l’insegnante della figlia e nella chiacchierata scopriamo un gran segreto, l’amore totale che prova per la sua professione. 

Totò parlando della morte diceva: “Oggi tocca a te, domani a lui, tirandosi fuori dalla conta. Mortaccia cosa fa?
Mortaccia essendo la morte dice: ”Tocca a tutti voi” ci ride ma non solo perché nello spettacolo ci sono anche momenti di grande commozione e di grandi verità in un dialogo continuo che la Morte ha con il pubblico, dal titolo però si evince che è una sorta di sberleffo sulla morte. Noi nello spettacolo giochiamo con la morte. Personalmente non ci penso proprio, non perché non ne abbia paura, ma non la contemplo . Mi diverte molto l’idea di affrontarla per finta sul palcoscenico, con uno spettacolo totalmente originale, testo e regia di Giovanna Gra con la quale collaboro spesso e, con le musiche originali di Maurizio Abeni. Mortaccia è un esperimento che tra l’altro io e Giovanna produciamo perché ci abbiamo creduto molto. E’ uno spettacolo visto con grande favore e con grande sospetto in cui noi crediamo molto. L’abbiamo costruito con molta pazienza, ci abbiamo messo due anni e ci piaceva sfatare quest’ultimo tabù, in fondo la morte è sempre affrontata malvolentieri. Visto che è un fatto della vita, l’abbiamo presa di petto, strapazzata, raccontando una morte che alla fine dice all’uomo “Sei quasi più cattivo di me”. L’abbiamo mostrata nei suoi momenti di forza ma anche nei suoi momenti di grande debolezza. Tutto è frutto della fantasia dell’autrice ma ho sposato questa tesi. Mi è piaciuto molto questo testo, originale, strano, in rima che abbiamo deciso di musicare per renderlo più semplice, più fruibile. L’esperimento è riuscito perché mentre temevamo che la gente non capisse quanto stavamo proponendo, invece, abbiamo trovato un calore e una comprensione ed un affetto enorme, in tutti i posti in cui siamo stati. 
Vista con favore e con sospetto perché? 
Con favore perché il pubblico è quello che mi segue in televisione che mi ha reso un personaggio popolare, quindi forse si aspettava qualcosa di diverso, invece la gente viene, partecipa, si spaventa, si commuove. Lo scambio emotivo tra me, gli altri attori e il pubblico è molto forte. Con sospetto perché è un argomento scomodo, il titolo è uno sberleffo ma è provocatorio come tutto lo spettacolo. Rende tutto più digeribile con le musiche che sono molto orecchiabili, facili da ricordare. L’argomento è tosto, è qualcosa che ci riguarda ma che preferiremmo non ci riguardasse. 
Attrice di cinema, teatro e televisione, doppiatrice e conduttrice, Sacro fuoco dell’arte o buon sangue non mente? 
A me lo scibile di questo mestiere piace molto. Ho iniziato a sei anni a doppiare cartoni animati, tanti sceneggiati, telefilm americani che non esistono neanche più. Ho iniziato con delle piccole particine, poi sono arrivate quelle più importanti, ho presentato Sanremo, Per un pugno di libri, tanta radio, sceneggiati radiofonici. Dovunque si giri questo dado, ha una faccia interessante, finché non mi ferma qualcuno, io non mi fermo di sicuro. 
E’ anche regista e protagonista di “Né Giulietta e né Romeo” come se la cava?
Ho esordito con questo progetto al cinema, ci ho lavorato tantissimo sempre con Giovanna Gra che è l’autrice della sceneggiatura, ho fatto la regia e anche uno dei personaggi. Non posso dire di più perché c’è un po’ di top secret intorno ma sono veramente felice di averlo fatto. 
A dicembre ricominciano le riprese di Provaci ancora Prof, cosa combinerà Camilla?
Non si può neanche immaginare, stavolta veramente la faccio grossa, tanti casini. Saranno otto puntate, visto che l’altra serie grazie al pubblico è andata molto bene. C’è la possibilità di fare un sacco di macelli. Essendo il personaggio propenso, non ci vorrà molto. Molti sconvolgimenti amorosi, succede finalmente quello che tutti si aspettano dalla prima serie. Ci saranno molte novità e sono contenta di tornare a girare perché questo personaggio ha tanti cambiamenti. Sono dieci anni che mi accompagna e questa volta il cambiamento è molto forte. 
Gigi Proietti ha di recente dichiarato che se fosse possibile riaprirebbe il laboratorio, sia perché era gratuito e sia perché i ragazzi guadagnavano novemila lire al giorno quindi avevano la possibilità di imparare un mestiere e avere anche qualcosa in tasca. Consiglierebbe ai ragazzi di intraprendere il suo lavoro? 
Lo consiglierei a tutti quelli che guardandosi allo specchio possano dire “Si ho il talento per farlo”. Per capirlo bisogna mettersi alla prova e capire se lo si possiede. E’ un mestiere complicatissimo, sia quando lo fai ma anche quando non lo fai. Bisogna avere tanta forza, essere molto lucidi con se stessi e spietati nel dire “a questo non ci posso arrivare, questo lo posso fare”. Bisogna avere molto il senso della realtà, il senso di quello che si è, dei propri limiti e delle proprie possibilità, siano esse smisurate o misurate resta che bisogna guardarsi molto spietatamente in faccia. Tante volte la gente non si dice la verità, non solo nella vita privata ma anche in quella professionale. Bisogna dirsi sono in grado di farlo, sono capace e poi provare e quando non sei capace, devi avere il coraggio di mollare. La tecnica non supplirà mai il talento perché questo non si acquista, si ha. La tecnica può essere un grande aiuto ma se non hai la scintilla non farai mai luce. Devi avere una sorta di unicità, l’aura di cui parla Isa Danieli con la quale per tre anni ho fatto Sorelle d’Italia. E’ un mestiere che dura molti anni, puoi andare avanti fino a novantacinque anni, abbiamo esempi come Paola Borboni, Giorgio Albertazzi. E’ gente che ha fatto una grande fatica perché poi ci sono stati momenti bui, difficili, momenti bellissimi, momenti di stasi. Bisogna continuare a farsi venire delle idee per non soccombere. Per me alcune cose sono state un regalo della vita e perciò sarò sempre grata alla sorte che ha messo delle persone importantissime sulla mia strada che mi hanno permesso di fare certe cose. Altre me le sono sudate come una pazza. Tutto va conquistato e coltivato. Tutte le mie forze le metto nel lavoro perché lo amo e ne sono innamorata pazza. Spero di riuscire a farlo tutta la vita.
Mortaccia ad un certo punto nell’aldilà si ritrova un esubero, cosa è successo?
Si trova un morto che non ha ammazzato lei ed essendo la morte si chiede “questo morto chi è? Perché c’è un morto che non ho ammazzato io”. Questo non ve lo dico perché dovete venire a vedere lo spettacolo! Elisabetta Ruffolo
© Riproduzione riservata
Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top