Storia, Santo La corte: breve profilo di un partigiano

Santo LA CORTE, di Felice e di Giuseppa Montalbano, nacque a Cianciana (AG) il 26 gennaio 1917. Aveva quattro fratelli: Giovanni, Teresa, Felice e Giuseppe. Conseguita la licenza elementare, come tanti altri ragazzi della sua età, venne avviato al lavoro dei campi e a Cianciana, in quel periodo, c’era poco da scegliere: campagna o zolfara. 

Amava molto leggere e la sera, prima di rientrare, faceva il giro dei parenti. Partecipò alla seconda guerra mondiale assieme ai fratelli Felice e Giuseppe, prigionieri poi degli Americani il primo, dei Tedeschi Giuseppe, che dovette lavorare in miniera fino alla liberazione. 
Divenne Partigiano subito dopo l’8 settembre e già nel mese di ottobre, assieme al Tenente Rolando Petrini, a Ferruccio Lorenzini, Mario Ravelli Damioli e a Don Ernesto Belotti aveva costituito una Brigata Partigiana aderente alle Fiamme Verdi “Tito Speri”, squadre d’ispirazione cattolica Brigata “Antonio Lorenzetti”. 
“Amato dai compagni e dalla popolazione della Valle”, era conosciuto col nome di battaglia “Sicilia”, che aveva scelto in onore della terra d’origine, ma i compagni, per non esporlo e non renderlo facilmente individuabile, preferivano chiamarlo Cecilia o Cicilia. Ferito ad una gamba in uno scontro a fuoco con i nazifascisti il 12 luglio 1944 a Pisogne (BS), restò indietro a proteggere la ritirata dei compagni. Catturato, fu tradotto nelle carceri di Darfo. Trasferito a Brescia il 1° settembre, fu sottoposto a continui interrogatori e crudeli sevizie (gli vennero strappate tutte le unghie di mani e piedi e qualche brandello di carne) “ma non riuscirono a strappargli una sola parola che compromettesse i compagni di lotta e ideali”. I suoi compagni, saputo che a Capo di Lago erano alloggiati in un hotel due ufficiali nazisti, li catturarono per proporre uno scambio con l’intermediazione d’un prete. I due ufficiali furono consegnati ma Santo La Corte non fu liberato. Condannato alla pena capitale dal tribunale speciale, fu fucilato alle ore 6:30 del mattino del 16 settembre 1944 nel maneggio del 30° Artiglieri di Brescia, assieme a Tita Secchi, Enrico Bellardini, Pietro Albertini, Paolo Maglia e Luigi Ragazzo. I tedeschi avevano negato gli estremi conforti religiosi e l’ultimo desiderio. 
Seppellito in una fossa comune con gli altri compagni nel cimitero Vantiniano di Brescia, la salma venne esumata il 3 maggio 1945 e sistemata nel settore B per essere poi traslata al cimitero di Darfo Boario Terme. Insignito di Medagli d’argento al valor partigiano, a Lui il Comune di Cianciana ha intitolato una via. Eugenio Giannone.
Bibliografia: B. Fantoni, Perché? Ministoria di un partigiano qualunque, Clusone 1990. B. Fantoni, I Caduti in Valle Camonica (1943-1945), Artogne 2010. E. Gatti, Difendo le Fiamme Verdi, Ed. Toroselle, 2002. D.C. Comensoli, Diario (prima parte), Darfo B. T. 2000 C. Zangara, Per liberar l’Italia, i Siciliani nella Resistenza (1943-45), Licata 2011. T. Secchi Villa, La parete nord, un ricordo di Tita Secchi, Brescia 1974. ITG “N. Tartaglia”, Le vie della libertà, Brescia 2008. Garatti – E. Andreoli, Dai ricordi di guerra un pensiero di pace, Boario Terme 2003.
Fattitaliani

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