di Domenico Logozzo* PESCARA
- La Calabria
che si fa amare come una madre da una ragazza nata a Genova
e innamorata di Careri,
paese d’origine della mamma. Una terra che aveva conosciuto
nelle vacanze estive ma soprattutto attraverso i racconti del nonno,
emigrato in Liguria. Alessandra
Taddei,
affascinata dai ricordi giovanili di nonno Gianni, purtroppo
non si è potuta godere l’età più bella. Destino crudele.
Stroncata da un male incurabile nel 2002, ad appena 17 anni. Era nata
il 28 ottobre 1984. La sua vita un calvario. Tra un ricovero ed una
dimissione dal Gaslini.
La prima volta quando aveva appena due anni,
nel 1986. I medici le diedero pochi giorni di vita. Ma riuscì a
farcela ed arrivare ai primi anni del liceo. Nel novembre 2001, per
un sarcoma venne ricoverata nel reparto di Oncologia
dell'istituto Gaslini. Una nuova e dura battaglia, purtroppo persa. A
dodici anni dalla morte il ricordo resta vivo. Studiando il suo
caso, sono stati compiuti molti passi in avanti nel campo della
ricerca ed anche in quello dell’assistenza domiciliare ai
malati oncologici.
Alessandra
aveva un grande sogno: fare la giornalista. Leggeva tanto, scriveva
tantissimo. Amava lo studio. Si era documentata. Aveva
persino calcolato il momento in cui sarebbe stata costretta ad
arrendersi. ”Ha sbagliato di un giorno”, ci dice il padre,
Vincenzo
Taddei,
che è stato maresciallo dei carabinieri. E spiega: ”Alessandra
conosceva bene l’inglese. Sapeva che a Houston c’era un centro
specializzato e attraverso internet si era messa in contatto con i
ricercatori. Gli americani pensavano fosse una studentessa
universitaria in medicina, non immaginavano che in realtà era una
ragazzina di 17 anni, che voleva sapere tutto del male inesorabile
che l’aveva colpita”.
Leggeva
tanto, scriveva tantissimo, anche negli ultimi mesi. Riflessioni
molto profonde: ”Un giorno l’azzurro diventerà grigio e poi
nero. Il sole, fatalmente e definitivamente, lascerà il posto alla
notte. Lo so: cercherò disperatamente di uscire dall’angoscia che
mi prenderà; combatterò ma, inevitabilmente, sarò sconfitta. Vorrò
bere di quell’aria che mi verrà a mancare. Forse scalcerò come un
impiccato. Oppure non mi accorgerò di niente e lascerò in punta di
piedi, nel silenzio, questo corpo martoriato. Comunque vada, vorrei
che fosse una cosa intima e vorrei avere vicino solo persone che mi
amano”. Ancora Alessandra: ”La vita è come l’acqua e il
destino il suo contenitore. L’acqua è piatta e non ha solidità,
se non quella del suo recipiente. Vita e destino si conformano, si
fondono e modellano una cosa reale così come l’acqua si dispone al
suo contenitore assumendone la forma, e come l’acqua si adatta alle
forme, necessariamente la vita di ognuno deve plasmarsi ad un
destino, unicamente per esistere. E ognuno ha il suo destino. E’
difficile. Ma mi piace”.
I
suoi scritti sono stati raccolti in un libro postumo del 2002 “Tutto
rimarrà un sogno”. Comprende una ricerca scolastica, Voltri (1998),
una novella ambientata in Calabria di ispirazione
veristica, Contrada
chiusa (2001)
e cinquantuno Pensieri (1995
- 2002). A parlarci di questo libro e della storia della
ragazza ligure innamorata della Calabria, è stato un bravissimo
pittore di Gioiosa Jonica, Francesco
Armocida,
quando siamo andati a visitare la sua bellissima mostra. Nei giorni
scorsi l’abbiamo contattato per sapere come rintracciare i genitori
della ragazzina. “Mi fa piacere che tu voglia fare una ricerca su
questa meravigliosa creatura. Mio nipote Mario Oppedisano, che vive a
Genova, ha riferimenti telefonici del padre. Ultimamente ho saputo
che il padre della ragazza veniva spesso a Gioiosa a trovare Nino
Scopelliti, che gli aveva aggiustato delle botti”. E proprio
contattando il nipote Mario, siamo giunti al papà di
Alessandra.
"Ricordo
il grande intervento di don Gallo alla presentazione del libro” ci
ha detto Oppedisano. "E pensare che l’aveva letto
soltanto la notte prima. E’ stato lucidissimo nell’esporre i
messaggi che venivano dagli scritti della ragazza”. E’
rimasto molto colpito dall’intervento di quello che viene definito:
"Tra gli angeli, quello col sigaro", anche il papà di
Alessandra. ”Ho ancora gli appunti”, ci dice al telefono. E poi
ci manda una mail: ”Ecco le testuali parole di don Gallo:”
"Alessandra ci dice che nel suo mistero Dio, per ognuno, ha un
disegno e ci descrive in maniera semplice ed efficace, direi
teologica, cos'è la vita. Leggetevi il pensiero LI: è un atto di
fede. Altro che preti..." Siamo andati a trovare nel libro il
“pensiero LI” citato da don Gallo. Ecco cosa scrive Alessandra:
”Se leggerai queste righe, sarò partita. Ci sarò ancora. Ma non
presente fisicamente. Sarò nel tempo, nella luce, nel sole,
nell'aria, nel vento, nell'acqua. Nell'immensità. Sarò nel tuo
cuore al quale cercherò di parlare e che certamente mi sentirà. Non
potrò lasciarti solo come io non potrò non averti vicino anche
nell'eternità. Tu non mi vedrai ma io ci sarò: cerco di ascoltare”.
E Vincenzo
Taddei
ricorda il commento di don
Gallo:
"Ho sempre insegnato il godimento di Dio dopo la morte. In
quattro righe, Alessandra (...sarò nel tempo, nella luce...) ha
riassunto la summa dell'aldilà, perché lo Spirito di Dio aleggia su
tutto e noi saremo Spirito di Dio".
Il
papà della sfortuna ragazza, che ci ha lasciato una grande
testimonianza d’amore, spiega con molta umiltà: ”Io non
voglio assolutamente mitizzare Alessandra. Lei era una bambina
normalissima prima e una normalissima ragazza poi. Certamente non le
mancava il senso critico; aveva amore per la vita; era coraggiosa e
determinata nella lotta alla malattia; possedeva il senso del bello,
l'amore per il prossimo, l'ottimismo. Mai ha perso la speranza del
futuro. Nella raccolta dei suoi pensieri, abbiamo cercato di mettere
a fuoco queste qualità. Era una persona come tutte le altre, con la
capacità, a differenza di molti, di sapere ascoltare, elaborare ed
esprimere il proprio pensiero anche per iscritto. Dico anche per
iscritto, perché Alessandra aveva una straordinaria capacità di
parola e di convinzione. Noi di quello che abbiamo trovato, non
volevamo pubblicare nulla; ci ha convinto Giuliano Galletta, allora
caporedattore de "Il Secolo XIX", che aveva avuto tra le
mani parte degli scritti”.
Pagine
di straordinaria forza di reazione e di una serenità
eccezionale negli ultimi giorni. Scriveva ad aprile del 2002: "Ho
un forte mal di testa. Arriva a tratti ed è praticamente
insopportabile. Ci siamo. E credo che mi ricovereranno. Devo
resistere ancora un po', perché devo mettere a posto le cose per
benino; e poi non voglio che Lisa e Taddei sappiano, per ora, dei
sospetti, fondati, che ho io. Mi hanno dato forza e coraggio fino ad
ora. Adesso tocca a me! Sarò forte perché cosciente che dovrò
andar via; sarò forte e serena perché non voglio che il mio viaggio
abbia da dare dispiaceri maggiori di quelli che, inevitabilmente, io
darò. Sarò forte ed il male, che mi porterà via tutto, non mi
porterà via l'orgoglio della forza di resistergli, che vorrò
conservare fino all'ultimo. Non dovrò deludere nessuno e non perderò
la mia dignità! Spero solo che, una volta sconfitta, sia una cosa
veloce, non per me ma per il Taddei, Lisa ed Enrico: non voglio che
soffrano oltre. Questi anni sono stati una grande prova per tutti e
me ne dispiace di essere stata una involontaria causa! Il lato
positivo di questa esperienza è che la malattia ci ha legato in
maniera indissolubile, come il cemento col ferro. Per sempre!
Pregherò per loro. E so che loro pregheranno per me!"
Alessandra
aveva la Calabria
nel cuore ed in particolare Careri.
Nel 2001 aveva infatti scritto anche la novella “Contrada Chiusa”,
ambientata nel piccolo borgo della Locride. Il nonno l’ha
sicuramente influenzata moltissimo. E papà Vincenzo ce lo conferma:
”Mio suocero è sempre stato un nostalgico della sua terra. Per una
sorta di legge del contrappasso, ha sacrificato la sua esistenza per
il bene dei figli, cui ha voluto dare sempre il meglio. E, negli anni
Cinquanta, il "meglio" era il Nord e del Nord Genova per il
clima, il mare, la riservatezza della gente. Già la riservatezza,
perché Gianni, sostanzialmente era un timido riservato, come tutti i
nostalgici. Immagino avesse un qualche senso di colpa per avere
lasciato, anche se per necessità, Careri. Suo padre, a sua volta,
aveva sacrificato una vita per i figli e lui, in fondo, lasciando il
paese, lo aveva tradito”.
Lontano
dalla Calabria,ma solo geograficamente? ”Sì, il suo mondo era
rimasto in Calabria: ne parlava con straordinaria capacità di
racconto e con nostalgia. Raccontava la sua infanzia, la sua
giovinezza, le tradizioni, gli usi: una fiaba che Alessandra,
ascoltava rapita e assorbiva con curiosità. Quella curiosità che
appagava nei tre mesi estivi di vacanza in Calabria (Ospedale Gaslini
permettendo), conoscendo, luoghi e persone, magari accompagnata dal
nonno stesso. Era un modo per ritrovare le proprie radici, l'orgoglio
di essere, il desiderio di tenere vivo il ricordo del passato per
capire il presente e magari cambiarne in meglio il futuro”. Il
nonno e la nipote. Un legame molto stretto. Il bisogno di ricordare,
la voglia di sapere. “Tra loro c'era il desiderio di una sorta di
passaggio di testimone. Il destino ha voluto diversamente. Gianni è
morto prima di chiudere il suo ciclo di racconti e Alessandra è
partita lasciandoci solo un saggio della sua capacità. Come diceva
lei: "Va bè...pazienza".
*già
Caporedattore del TGR Rai