“Un oceano di carta" e "La famiglia in 100 scatti", pubblicate in due libri lettere e foto recuperate dagli studenti del Liceo G.B. Vico di Sulmona.
di Domenico Logozzo* - SULMONA - Giovani
liceali di Sulmona recuperano dai
cassetti, dai comò dei nonni e dalle impolverate scatole in cantina, centinaia
di lettere e foto che raccontano la grande emigrazione, gli anni tristi della
fuga alla ricerca di una terra promessa. Testimonianze di ieri che oggi diventano
preziosi libri di storia. Da leggere e rileggere. E questo grazie alle ragazze e ai ragazzi
delle quinte classi del Liceo delle Scienze Umane “Giambattista Vico” di
Sulmona. Un esempio emblematico di buona scuola, alla fine di un percorso formativo
coinvolgente sull’emigrazione e sulla famiglia tra l’800 e il ‘900, avviato alcuni
anni fa. Le idee e i progetti diventano realtà. Freschi di stampa “Un oceano di carta” e “La famiglia in 100 scatti” nonché il
calendario 2019 “Un viaggio nel tempo”,
che fanno seguito alla pubblicazione del libro “LA MERICA” del 2013. Ricordi preziosi. Quando bastava un niente per
essere felici. Come testimoniano le commoventi lettere natalizie inviate negli Anni
Quaranta-Cinquanta ai famigliari. “Per il
Santo Natale ricevete questo penziero per comprare un fiasco di vino e brindare
alla mia salute con tutti in famiglia”. Pochi dollari e tanti doni di
cuore. “Carissima Annina e famiglia, la
ruota del tempo gira siamo di nuovo alla vigilia di Natale…Unisco venti dollari
per un brindisi alla nostra salute”.
Lettere e foto del
passato che non può essere dimenticato ma va raccontato, studiato ed onorato. “Sono lettere che consentono di ristabilire
un punto di continuità con il passato e con la comunità di origine”, evidenzia
la prof.ssa Carolina Lettieri
nell’Introduzione al libro che ringrazia “le
alunne della classe V F che nei due anni di lavoro al testo sono state le
prime, con domande, dubbi e perplessità, a contribuire a mettere chiarezza al
nostro lavoro. Senza di loro questo libro non sarebbe stato possibile”. E
poi spiega: “Ogni storia d’emigrazione
inizia con una partenza, con un distacco, è la lontananza che produce il
bisogno di comunicazione e la comunicazione a distanza, in quell’epoca poteva
solo essere scritta”. E sì, erano difficili le comunicazioni telefoniche.
Sfogliamo il
libro e leggiamo. “Ieri chiamai per
telefono - scrive amareggiato un emigrato alla moglie -, però la comunicazione non me la diedero. Chiamai
ieri per fare gli auguri a nostra figlia, però non mi fu possibile”.
Documenti e storie di vita. “Il 27 aprile 1955 partii da Napoli per
l’America sulla Cristoforo Colombo, una nave piena di italiani che cercavano la
fortuna in un nuovo paese. Ci confrontammo con l’enormità delle nostre
aspirazioni solo nove giorni più tardi, il 5 maggio 1955, quando ci assiepammo,
come fossimo un’unica persona, su un lato della nave per goderci la vista della
Statua della Libertà, con la sua torcia tenuta alta, quasi a salutarci. Era
giunta l’ora. L’ora di godersi la libertà”.
Così scriveva Vittorio Palumbo dietro una foto che lo
ritraeva con altri emigranti il 4 maggio 1955 sulla Cristoforo Colombo. Scavare, portare alla luce il maggior numero di
testimonianze scritte e fotografiche, raccontare bene il passato, significa far
capire compiutamente il presente e contribuire a costruire un futuro con
prospettive certamente migliori, senza più barriere, né pregiudizi e né odiose
discriminazioni. “Il laboratorio di
ricerca - spiega la prof.ssa Caterina
Fantauzzi, dirigente scolastica del Polo Liceale “Ovidio” di Sulmona -, è stato progettato affinché gli allievi approfondissero le conoscenze
sul tema dell’emigrazione, legate nell’ambito più generale dell’intercultura, e
analizzassero gli stereotipi che fra l’800 e il ‘900 gli emigranti italiani si
trovarono ad affrontare nei paesi d’arrivo”.
Un intelligente
“avvicinamento” dei ragazzi al fenomeno migratorio. Esaminati dati e documenti,
per “facilitare la comprensione del
fenomeno stesso ed evitare una lettura distorta della realtà e una definizione
di immigrato che risponda solo a diffusi stereotipi”, sottolinea ancora la prof.ssa Fantauzzi nella Premessa al libro “Un oceano di carta, viaggio nei sentimenti dell’emigrazione”. E si
sofferma su alcuni incontri che giudica “significativi”. Come quello con il prof.
Franco Ricci, originario di Sulmona,
docente nella Facoltà delle Arti dell’Università di Ottawa, che nella Presentazione evidenzia l’ottimo risultato dello
studio realizzato da quelli che definisce “i
miei allievi (se posso adottarli intellettualmente) della quinta del Liceo
delle Scienze umane”. Elogio ai docenti e “ai valorosi ricercatori” che “hanno
conservato e riverito la memoria collettiva dei loro lontani avi”. Aggiunge
con orgoglio: “Anche io conservo nel
cassetto dei ricordi più belli questa esperienza, per me unica ed
indimenticabile”.
Impegno collettivo
e autorevoli contributi come quello del Console onorario negli Usa, Quintino Cianfaglione, originario di Pratola Peligna. “Ha concluso questa fase di formazione, fondamentale per la
ricostruzione della memoria storica e della memoria collettiva”, scrive la
prof.ssa Fantauzzi. Sogni, sacrifici,
successi. Cianfaglione si sofferma
sulle positività, con l’orgoglio delle radici: “Un popolo di lavoratori, un popolo intelligente che con niente ha
cresciuto una famiglia, ha creato tante imprese; un popolo molto apprezzato nel
mondo della scuola, della scienza e della medicina”. Un tempo emigravano le
braccia più forti, ora i migliori cervelli:
“Oggi negli Stati Uniti arrivano ricercatori, medici, architetti che danno solo
orgoglio a noi che viviamo in America. Sono molto preparati”.
“Un oceano di carta” e il rispetto della
memoria. Un aspetto che viene opportunamente evidenziato. “Non avrei immaginato che dei ragazzi, i nostri ragazzi di Sulmona e del
territorio, potessero riconsegnarci uno scrigno così prezioso quale è questo
libro”, scrive nella Presentazione l’avvocatessa Luisa Taglieri, presidente dell’Associazione “Voci di donne”. La
ricchezza della ricerca. “Con questo
lavoro gli studenti vengono a conoscenza di una realtà che è quanto più
moderna. La storia dei migranti nel 2018 è la stessa dei migranti italiani che
pensando di trovare lavoro, ricchezza, libertà e dignità partivano su navi per
l’America, l’Australia; viaggiavano, la maggior parte, ammassati nelle stive, esposti
alle intemperie sui ponti: donne e uomini con i propri bambini a volte
spauriti, con il dolore nel cuore per dover abbandonare i propri luoghi, i
propri familiari, ma con tanta speranza di conquistare una vita migliore”.
Viaggi indimenticabili per tanti nostri connazionali: “Sono stati 9 giorni di nave. Io ero con una donna di Canzano che si
chiamava Angelina. Sbarcai a una città che si chiama Halifax. Dal mare
Atlantico siamo attraversato il mare Pacifico. Il 18 agosto 1948 qui per gli
Stati Uniti e un viaggio che non dimenticherò mai”. In tanti c’era la speranza di fare fortuna e poi
ritornare in Italia.
Un emigrante
della Valle Peligna: “Cari Genitori o
ricevuto il salame che mi avete mandato e lo trovato molto buonissimo e mi e
proprio piaciuto sono a ringraziarvi del bene che avete verso il vostro
figlio…Cara mamma sento pure nella tua letterina che mi dici che ti dica se non
cio più intensione di venire in Italia vedrai che io in america non ci starò
tanto tempo perché amè l’america a me non piace mica troppo”. Ed un altro
abruzzese da New York: “Cara madre se il buon Signore cidà una buona
attraversata così ci potremo riabbracciare”. La mamma in cima ai pensieri
di tutti: “Carissima mamma oramai
comincio a contare i giorni che mi rimangono da rimanere qua in America dato
che ho già prenotato il viaggio per la fine di aprile. Ho una grande voglia di
tornare a casa per poter abbracciare tutti…”
Le lettere d’amore
per le mogli lontane: “Carissima moglie
tu devi avere pazienza, di essere segreta, di starti contenta e di avere fede
al tuo marito che sta facendo tanto per te e ora abbiamo una buona speranza non
passerà tanto lungo che tu verrai a riabbracciare il tuo caro marito che palpita
per te”. Un altro: “Cara moglie per
laffare di stare separate non è colpa mia è colpa della miseria perché se uno
cia aveva la robba assai non ci faceva bisogne di venire qua ci stavamo in
sieme e gotavamo e così io soffre qua e tu soffre la”. E i dubbi d’amore,
provocati dalla lontananza: “Cara Sposa
non farti voltare le cervelle da nessune ca ve la passate bene e per me non vi
mettete nessuno pensiere che io vi ame proprio con vero cuore e voglio sapere
se voi mi amate con vero cuore”.
Le lettere ritrovate
e con l’aiuto dei parenti pazientemente trascritte dagli studenti “permettono di osservare le situazioni vissute
dagli scriventi, nella loro spontaneità ed espressività costituendo così un
valore documentario di grande importanza”, osserva la prof.ssa Annalucia Cardinali. “L’emigrato pensa e parla in dialetto molto
più spesso che in lingua - prosegue -
e quando si accinge a scrivere una lettera ad un parente, lo fa con il sincero
desiderio di redigere una bella lettera senza errori e con la colloquialità
tipica del parlato popolare. La scoperta di questa “umanità” ha consentito agli
alunni di comprendere il forte legame che traspare con il paese natio, gli
affetti, le tradizioni, gli usi da trasferire ed inserire in un altro contesto
nel quale ricreare una nuova identità sempre sulle orme di un legame con la
nostra storia”.
Sfogliando poi il
libro “La famiglia in 100 scatti” realizzato
dagli studenti della V G con il coordinamento dalla prof.ssa Carolina Lettieri, emerge in maniera
molto chiara “l’interesse che studentesse
e studenti hanno mostrato nella conoscenza che accomuna ognuno di noi: il
passato e la famiglia”. Scrivono gli autori del validissimo lavoro storico, culturale, sociologico
ed antropologico: “Oggi, cresciuti
nell’epoca della realtà virtuale attraverso la ricerca vogliamo riscoprire la
magia dell’album fotografico, sfogliando pagine e pagine, sentendone l’odore e
percependo la ruvidità della carta sotto le nostre dita. Ci siamo immersi in
frammenti di vita, della vita vera, ben diversa dalla realtà degli schermi”.
Riflettono e sostengono convintamente: “Ci
siamo resi conto che le centinaia di foto registrate sui cellulari non hanno
nulla a che vedere con la particolarità e le folgoranti emozioni che ci
suscitano le realtà cartacee. Attraverso
l’album “La famiglia in 100 scatti”
parliamo di memoria, senza la quale non siamo nulla”. E senza memoria non si può progettare un buon futuro.
Sono foto che
fanno sognare e commuovono. Foto da leggere, una ad una, pagina dopo pagina. Scorre
il tempo. Epoche diverse. Personaggi, eventi, luoghi che suscitano emozione e
ammirazione. “Ogni foto è un racconto a
sé - scrive la prof.ssa Caterina
Fantauzzi - in cui emerge in primo
luogo la verità delle persone ritratte, delle famiglie, delle abitazioni e
delle strade in cui hanno vissuto”. Davvero bravi gli studenti che “ci consegnano un’opera storica che rende
eterni i volti ma anche i sentimenti e i valori delle nostre famiglie”, sostiene
nella Premessa l’avvocatessa Luisa
Taglieri. Elogia pure docenti e dirigente scolastica che “operano instancabilmente insieme agli
studenti per la loro crescita, che di riflesso è anche la crescita della
società”.
*già Caporedattore TGR Rai
La presentazione ufficiale dei libri “Un oceano di carta” e “La famiglia in cento scatti” del Liceo “Giambattista
Vico” di Sulmona è in programma per martedì 18 dicembre alle ore 9,30 nella
Sala Consiliare della Comunità Montana Peligna. Dopo i saluti della prof.ssa Caterina
Fantauzzi, dirigente scolastico del Polo Liceale “Ovidio”, sono previsti gli
interventi di Luisa Taglieri, presidente dell’associazione “Voci di donne”, del
giornalista e scrittore Goffredo Palmerini, di Mauro Cianfaglione, Rosita
Cianfaglione, Carolina Lettieri e Annalucia Cardinali.