Viggo Mortensen, "Green Book" una follia, un viaggio straordinario, un film che ti permette di pensare. L'intervista

Viggo Mortensen presenta "Green Book" un film del 2018 diretto da Peter Farrelly. Protagonisti sono Viggo Mortensen e Mahershala Ali e racconta l'amicizia tra un buttafuori italoamericano e un pianista afroamericano nell'America negli anni sessanta. È ispirato alla storia vera di Tony Lip, padre dello sceneggiatore Nick Vallelonga.
di Emanuela Del Zompo - Viggo Mortensen, stupisce in conferenza stampa parlando un buon italiano. 
Questa è la storia di un'amicizia, dice Viggo, quando ho letto la sceneggiatura l'ho trovata così incredibile che sono riusciti a realizzare una storia vera che mi ha emozionato, mi ha fatto piangere e ridere allo stesso tempo. Ero sicuramente nervoso perché non avevo mai recitato il ruolo di un italo-americano e soprattutto con battute in dialetto della lingua del personaggio che ho interpretato.
Come ti sei preparato al personaggio?
So che avevo dei limiti e non fare una caricatura del personaggio. È stato al tempo stesso, una sfida ed una responsabilità.
Ho passato molto tempo con la Famiglia Vallelonga che mi hanno aiutato e supportato sul set.
Questo è un film speciale, non ti dice cosa ti devi aspettare: è un invito a fare un viaggio, a ridere e a piangere. E queste sono le storie importanti che valgono la pena essere raccontate.
Nella mia carriera di attore sono stato fortunato, ho incontrato tanti registi e come regista sto attento a quello che trovo nelle storie. Quando sono arrivato sul set di questo film, ho chiamato tutto il cast artistico e tecnico dicendo che dovevamo fare lavoro di squadra, che non sapevo tutto  e i suggerimenti potevano arrivare da chiunque. Ho spronato le persone a non essere timide ad esprimere il proprio talento.
Penso che sia importante sul set ascoltare il proprio partner. Una storia con 2 persone in una macchina poteva essere noiosa, ma con la complicità e l'ascolto del tuo compagno di lavoro il film ha preso una direzione inaspettata ed ha funzionato.
È un film che parla di un amicizia fra due persone diverse che possono imparare l'uno dall'altro. C'è tanta ignoranza in giro, che si parli di razzismo, di immigrazione, di Dio, di misoginia o di omosessualità: ma è più spaventosa l'ignoranza dei leader che ci guidano ed allora ti domandi... a che serve votare? come posso cambiare il mondo?
Questo film ti consente allora di pensare.
Come ti sei preparato fisicamente al film?
Ho preso 20 kg e non è stato difficile. Ero spesso a casa dei Vallelonga, che di cibo se ne intendono. Hanno un ristorante e quando li ho incontrati per studiare il mio personaggio... la prima cosa che hanno detto.... prima si mangia. È una famiglia tipicamente italiana, hanno un buon rapporto con il cibo. Un pranzo da loro durava circa 5 ore e se non  mangiavi quasi si offendevano.
Per il dialetto, ti sei fatto aiutare da un coach?
No, sul copione c'era scritto... parla in italiano (più che parlare erano battute in dialetto italiano): il Padre di Vallelonga veniva dalla Calabria e usavano un linguaggio con vecchi modi di dire, poi usavano a volte parole inventate come Tuzun (cioccolatino) per riferirsi all'uomo di colore nero. Questa è stata la mia scuola. Ho detto loro che volevo essere fedele allo spirito del padre e volevo fare bene questo personaggio dell'italo-americano. Quando ero con questa famiglia osservavo i loro modi di fare e molti di loro anche se non sono attori sono nel film. È stato divertente e caotico lavorare con loro, perché quando il regista dava lo stop all'azione, loro continuavano a mangiare (si riferisce alla scena del pranzo). È stata una follia che ha funzionato ed è stato un viaggio straordinario.
Ti piacerebbe lavorare in Italia?
Sì, mi piacerebbe lavorare in un film italiano. Tornatore è uno dei registi che preferisco: ha un grande talento ed una filmografia formidabile. Perché no?
Fattitaliani

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