DICTATOR, ANDREA FREDIANI: DA SEMPRE CHI ASPIRA AL POTERE NON SI PONE SCRUPOLI. L'INTERVISTA

Fattitaliani
Archivio, 15 maggio 2010 - Caio Giulio Cesare è poco più che un bambino quando, nell'88 a. C., incontra per la prima volta Tito Labieno.

I due si salvano la vita a vicenda, suggellando cos un'amicizia destinata a durare nel tempo. Inizia cosi "Dictator - L'ombra di Cesare" l'ultimo romanzo storico di Andrea Frediani (ed. Newton Compton, pagg. 326, € 14,90): si tratta del primo capitolo di una trilogia con il più grande condottiero di Roma come protagonista. L'abbiamio intervistato.
Nel rappresentare l'amicizia fra Cesare e Labieno quanto hai messo della tua fantasia narrativa? ti sei ispirato a coppie di amici letterari?
In realtà, mi sono ispirato a una coppia di amici "storici": Augusto e Agrippa. Il secondo fu l'artefice della potenza del primo e non si sognò mai di approfittare della sua posizione per spodestare l'amico. Su Cesare, poi, ci sono pochi margini per la fantasia, perché è uno dei personaggi storici di cui ci sono giunte più informazioni. L'immaginazione avrà più peso nei due volumi successivi, e soprattutto nel terzo, che racconta il periodo meno conosciuto della vita del dittatore. La mia fantasia l'ho riversata soprattutto su Quinto, il figlio di Tito Labieno, di cui si conosce abbastanza dopo la morte di Cesare, ma nulla prima.
Quali logiche di potere che emergono dal libro sono tuttora in piedi? a quali tendenze o atteggiamenti politici di oggi possono essere ricondotti i comportamenti dell'entourage di Cesare?
Certi meccanismi politici non potranno mai cambiare. Blandizie e minacce, mancanza di scrupoli e ricerca del massimo vantaggio personale dal proprio ruolo sembrano essere, in ogni epoca, il bagaglio imprescindibile di chiunque aspiri a raggiungere e mantenere il potere. La convinzione di essere la soluzione dei mali che affliggono lo Stato, o di servire colui che si considera la soluzione dei mali che affliggono lo Stato, è un alibi che permette di accantonare ogni remora. Dictator è la mia opera meglio documentata e la più legata al periodo storico nel quale è ambientata, eppure è anche la più attuale...
Le citazioni del De bello gallico servono più al lettore o sono servite maggiormente a te per non perdere di vista il punto di vista storico e la cronologia dei fatti narrati?
Le citazioni hanno tre funzioni. a) Servono a mostrare al lettore che non ho mai inventato, semmai sviluppato, e che Tito Labieno ha svolto davvero un ruolo essenziale nella carriera di Cesare; b) permettono al lettore di fare un raffronto tra ciò che afferma Cesare di se stesso e come potrebbero essere andate davvero le cose; c) nel secondo volume, e soprattutto nel terzo, sono fondamentali per mostrare come la tesi assolutamente rivoluzionaria che presenterò per spiegare i successi di Cesare non solo non sia in contraddizione con le fonti, ma che sia perfino plausibile.
Bello e intenso il finale: che cosa hai provato mentre lo componevi? 
In realtà, quel finale lo considero un inizio. Quel che mi interessava davvero raccontare, nella vicenda tra Cesare e Labieno, si svolge a partire dal passaggio del Rubicone; i fatti narrati nel primo libro della trilogia (il cui secondo volume uscirà il 1° luglio), dal mio punto di vista, sono solo un antefatto, dei prodromi alla vicenda vera e propria. Cosa ho provato, dunque? Ansia, perché non vedevo l'ora di scrivere la storia che mi stava davvero a cuore. Giovanni Zambito.
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