Andrea Mingardi a Fattitaliani: Cantare e suonare è come fare l'amore. Da soli sarebbe triste. l'intervista

di Laura Gorini - È uscito il 18 maggio  “Ho visto cose che…”, il nuovo album di inediti di  Andrea Mingardi:  tredici tracce con cui il cantautore bolognese regala al pubblico una miscela di soul, rock, funky, blues e anche un po’ di rap, grazie al featuring con Frankie Hi-Nrg Mc nel brano “Anima soul”. Un secondo featuring è presente nel brano “Riaprono i locali”, caratterizzato da un solo del sassofonista Stefano Di Battista, che arricchisce l’emozionante rewind evocato dalla canzone. Il disco è disponibile nei negozi tradizionali, in digital download e sulle principali piattaforme streaming.

Andrea ben tornato! Dopo una lunga attesa, ecco brani inediti. Qualche timore al riguardo?
Ma quali timori? Non credo che mi picchieranno e non penso nemmeno che ci fosse una grande attesa. Piuttosto, sono molto contento. Le prime reazioni sono state stupefacenti. Devo dire che è un “ben tornato” proprio piacevole. Ma non ero mai andato via: collaborazioni, concerti, duetti e film. Certo, il disco è un lavoro speciale, tosto. E in questo mio ultimo, c’è poca plastica e tanta musica. 
In generale quale peso dai al giudizio degli altri?
Beh, cantare e suonare è come fare l’amore. Da soli sarebbe triste. Il consenso è importante, basta che non condizioni al punto da farti cambiare strada. Ma non credo sia il mio caso. 
Sii sincero: quali sono le prime persone alle quali fai ascoltare i tuoi pezzi?
Nell’ordine: Beba la mia compagna, Maurizio Tirelli, il primo collaboratore, le figliole e da qualche mese Filippo Raspanti, il manager.
Ricordo con orrore certe audizioni con alcuni direttori artistici “sotuttoio” di etichette discografiche. Aiuto! 
Possiamo dire che questo è stato un album particolarmente sentito e meditato?
Aggiudicato!
Un album molto sentito e meditato il giusto. Nel momento del mixaggio, il musicista prova sempre un senso di smarrimento. Dopo non potrà più metterci le mani, non potrà più cambiare nulla. La “meditazione” critica del compositore-arrangiatore-cantante non è una disciplina statica, ma una continua ricerca di ottimizzazione che trova un minimo di serenità solo nell’evoluzione. Ma dopo dodici anni di apparente silenzio sono felice di averlo chiuso, cosa che mi è capitata di rado. 
Se dovessi descriverlo con cinque aggettivi quali useresti e perché?
Suonato (non nel senso di rincoglionito), energico, avulso (da cosa, decidetelo voi), struggente e ironicamente rivoluzionario. 
Tu sei uno dei cantautori più amati della musica italiana e hai alle spalle una lunga carriera. Come è cambiato il mondo della musica nel corso del tempo?
Questa domanda mi porta a pensare che tu collochi i miei esordi ai long playing di pietra e a ritmi fatti con la clava.
Hai sbagliato di poco.
In effetti, da allora l’uso e la commercializzazione della musica, sono stati sconvolti dalla tecnologia che ha un peso anche nella testa dei fruitori. Credo che parecchi lustri fa, compositori, arrangiatori e performer, avessero sì nel mirino fama e danaro ma anche la ricerca della bellezza e della poesia. Quando dici, e ti ringrazio, che sarei un cantautore tra i più amati del panorama italico, non posso fare a meno di andare indietro a quel tempo in cui tutto sembrava possibile. La creatività non contemplava recinzioni o paletti di dubbio valore artistico e commerciale. Quel magico momento l’ho cavalcato come una enorme prateria. Poi, tanti di noi sono stati chiusi in una riserva indiana.
Ma ora, Capo Mingardi-Seduto, si è alzato e ha detto “Augh”, cioè: “Basta!” Almeno per ciò che mi riguarda. Ma magari ci fosse uno stop di certe programmazioni radiofoniche e televisive.
Sia chiaro, facciano pure quello che vogliono ma non credo sia più il caso di dettare ai giovani strade che portano al suicidio artistico.
Credi che la tecnologia lo abbia in qualche modo inquinato e/o inflazionato?
La tecnologia è come la cioccolata. Se ne mangi un po’ va bene, due chili al giorno, t’ammazza.
E i talent show? Sono veramente dei buoni prodotti o solo una fabbrica di illusioni?
Chiariamo subito: i giovani d’oggi cantano e fanno musica molto meglio di come la facevamo noi alla loro età ma è il contesto ad essere stonato. La cornice illusoria che serve soltanto alla trasmissione, è per forza destinata a creare scompensi.
E non solo in chi vince e poi scompare ma in tutto il movimento che viene portato a pensare che il mestiere della musica sia solo una sorta di superenalotto.
Mi chiedo perché non organizzino talent per pittori, magari al Louvre, o per direttori d’orchestra al Metropolitan di New York.
In quel caso si capirebbe meglio ch’è sbagliato, no?
Accetteresti mai il ruolo di coach o di giudice in un programma del genere?
Sì, se mi lasciassero dire tutto quello che penso. Anzi, credo proprio che con una libera funzione critica potrei essere utile. Comunque, mi divertirei.
Manchi da tanto tempo sul palco del Festival di Sanremo. Hai avuto modo di vedere l'ultima edizione? Ti ha convinto Claudio Baglioni nel ruolo di direttore artistico e di presentatore?
Il Festival di Sanremo è sempre godibile.
Grazie ai conduttori, per gli ospiti e per le immancabili polemiche,
Comunque, gli italiani si sintonizzano e buonanotte. Ma c’è da dire che, nonostante Claudio sia stato perfetto, è evidente che le canzoni non abbiano lasciato il segno. Oppure, se lo fanno, come Gabbani e Lo Stato Sociale, diventano una implicita dichiarazione d’impotenza. “Dal momento che non riusciamo a sfornare melodie che rimangano a lungo nell’immaginario della gente, portiamo alla ribalta degli… anticristo, cioè degli antifestival”. E poi, devo registrare un’assoluta assenza di tutti i generi musicali che hanno acceso la mia passione: jazz, blues, rock’n’roll, funky, rithm’n’blues e soul. 
Ti piacerebbe ricoprire questo ruolo?
Sarebbe come chiedere a Siffredi di presiedere “Comunione e Liberazione”.
Tu ami molto il calcio e sei tra i fondatori della Nazionale Cantanti. Credi che lo sport e la musica siano ancora oggi dei validi strumenti per far socializzare i giovani?
Una cosa che la gente non sa è che molti cantanti vorrebbero fare i calciatori e viceversa. Dopo i primi momenti di scetticismo per la nazionale cantanti è stato facile reclutare singer-pedatori e, nel tempo, meraviglioso costruire questa fantastica macchina di solidarietà.
Se all’inizio era stata la passione per il calcio a spingerci a creare una squadra amatoriale, dopo, il fine benefico ha prevalso su tutto. 120 milioni di euro, raccolti, puliti, controllati e donati ad associazioni che ne hanno fatto un uso straordinario, rappresentano l’orgoglio di una vita. Sport e musica, da sempre regalano etica, rispetto e riempiono l’anima dei ragazzi.
Molto meglio che guardare otto ore al giorno gli smartphone.
Ma tu come li vedi i giovani di oggi?
I giovani sono forti, sono sempre stati forti. Da sempre, il potere è in mano agli anziani che non ci tengono a cambiare o a migliorare il mondo. Il loro solo scopo è mantenere le cose come stanno. La rivoluzione è prerogativa dei ragazzi. Devono solo scuotersi e mollare qualche schiaffone al sistema. Forse i cinquant’anni dal 68’ potrebbero ispirarli. Oggi, rifiutando la retorica del potere, prendono le distanze da ciò che non amano.
Si guardano la loro tv, si fanno i loro cd, portano al successo rappers che non appaiono nelle classifiche nazionali, ascoltano artisti indy con concetti lontani da ciò che propinano radio prezzolate e incompetenti. Questo essere di lato però non aiuta il mondo a cambiare marcia: politica, ambiente, giustizia sociale, integrazione e futuro. Credo che i giovani dovrebbero ricominciare a tornare a fare casino nelle piazze di tutto il mondo.
Un augurio che ti senti di rivolgere loro?
Pensate con la vostra testa e godetevela!
Foto di Filippo Raspanti

Fattitaliani

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