FRANCESCO VENIER 1° CLASSIFICATO PREMIO CITTÀ DI CASTELLO SEZIONE SAGGISTICA CON "ESSERE"

I classificato: Francesco Venier, “Essere” un essere umano”.

Un “saggio di umanità” in senso lato, sagace e intelligente, ricco di considerazioni e riflessioni di una vita professionale e non solo, sul nostro “esistere” come esseri umani. 
Un discorso capace di abbracciare l’umanità in ogni sua manifestazione, passando per la consapevolezza di operare in un campo influenzato da forze non solo psicologiche e biologiche, ma anche socio-culturali, economiche e spirituali.

Da quando ha iniziato a scrivere? 

Io ho iniziato a scrivere nel 2010. Tuttavia, la mia attrazione per le materie letterarie risale all'infanzia e direi che ebbe inizio con i fumetti. Purtroppo, durante la scuola media questo mio interesse non venne riconosciuto e gli adulti, con i suggerimenti di una psicologa dell'orientamento, si convinsero che avessi una predisposizione per le materie matematiche e mi fecero frequentare una scuola tecnica. In seguito, durante gli anni delle superiori, giusto per mettere il dito sulla piaga, incontrai dei professori di lettere insensibili e pieni di sé, che rinforzarono ulteriormente il mio senso di incapacitazione letteraria. Tuttavia non mi arresi e con la maggiore età scelsi un percorso universitario di tipo umanistico, quindi mi iscrissi a Psicologia. Nel 2010 il cerchio si chiuse, e ciò che era nella mia natura prese forma. Proprio in quell'anno scrissi il mio primo romanzo e arrivai decimo al Premio Letterario Città di Castello. Poi scrissi altri racconti e partecipai a diversi premi letterari in cui ottenni menzioni di merito o mi classificavo tra i primi dieci concorrenti.
Cosa significa per lei scrivere ? 
Per me la scrittura è ricerca disciplinata. È una riflessione costante sul come trovare quel giusto equilibrio che consenta alla parola di dispiegarsi nel suo intrinseco valore. La parola è comunicazione, è relazione. Ed è proprio perché ne riconosco il valore, sia come mezzo di relazione che di comunicazione, che ne misuro il peso, e credo che nella scrittura si realizzi appieno il suo senso. Nella scrittura, a differenza del parlato, la parola viene pensata, confrontata, soppesata, misurata. Non subisce quel processo inflattivo tipico del nostro tempo, in cui si dice di tutto per non dire niente.
Perché ha scritto questo libro ?
In primis, come esercizio di coscienza globale che mi consentisse di dare coerenza interna alle contraddizioni dell'esistenza. 
Poi, per il desiderio di comunicare qualcosa che potesse aiutare il lettore a riflettere su di sé ed anche a migliorare. Proprio a questo proposito, qualche giorno fa mi è arrivato un sms da una persona che non vedevo e sentivo da diversi anni (come psicoterapeuta) e mi scriveva così: “Dopo qualche anno capisco gli strumenti che mi ha dato. Li uso per diventare un uomo migliore.... e volevo ringraziarla”. In questo messaggio è sintetizzata in modo splendido la mia risposta. In sostanza, con quel libro ho voluto gettare un sasso nell'acqua, nella certezza che le onde provocate dall'impatto creeranno cerchi concentrici che si espanderanno verso l'esterno, anche se il sasso sarà oramai scomparso alla vista. 
Infine, e non perché questa sia l'ultima motivazione, per il semplice e potente desiderio della condivisione.
Cosa l'ha portato a diventare scrittore ? 
Il fascino nei confronti della parola e di tutti quegli autori che hanno saputo raccontare l’essere umano. 
Tramite la parola il viaggio è assicurato, anche per chi fosse impossibilitato a muoversi. Leggendo o scrivendo (attività intimamente legate), non serve che ci si muova fisicamente, perché utilizzando la parola la nostra mente esplora l’infinito. Noi, in solitudine, incontriamo tutta l’umanità e con essa dialoghiamo. 
Un libro non è mai finito di leggere, quando si sfoglia l’ultima pagina, siamo soltanto all’inizio del nostro viaggio.
Chi è il suo scrittore di riferimento ? 
A 19 anni era Luigi Pirandello, ora ho appena finito di leggere la trilogia dell'Islandese Jòn Kalman Stefànsson e ne sono stato affascinato. Se devo proprio dire la verità, non mi attacco  in modo esclusivo ad un autore perché sento che da tutti posso imparare qualcosa. Prima di leggere, però mi informo, perché devono essere autori che percepisco in contatto con se stessi e che siano in grado di far vibrare le corde emotive o quelle dell’intelletto. Non importa a quale genere letterario si riferiscano, perché in fin dei conti leggo di tutto (ad esempio da adolescente non mi perdevo nessun romanzo della serie di fantascienza Urania). Trovo che sia alquanto affascinante esplorare tutte le realtà, anche quelle oniriche e del tutto fantastiche.
Cosa consiglia a tutti i giovani che aspirano a diventare scrittori come Lei?
Il nostro è un mondo difficile per chiunque voglia essere coerente con se stesso. La coerenza richiede una grande forza interiore per contrastare le avversità che tendono a disintegrarla. Nel nostro tempo il valore della coerenza con se stessi è diventato sicuramente secondario all’accumulo del denaro. Però, nonostante questo valore abbia perso il suo fascino, se mai lo abbia avuto, ci potrebbe ancora aiutare ad essere noi stessi per scelta, e non per impulso o condizionamento. Quindi, diviene importante riconoscere ciò che può riempire di senso la nostra esistenza ed essere coerenti con la via da noi intrapresa. Per cui, se la scrittura sgorga dalla passione deve essere alimentata, indipendentemente dal fatto che poi se ne possa trarre un qualche profitto. La scrittura è un'arte e come diceva San Francesco: “Chi lavora con le mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani, la sua testa ed il suo cuore è un artista”. Quindi, io consiglierei di seguire la via del cuore, poi sarà la vita a darci una risposta.
Cos'è che La spinge a scrivere? 
Lo scrivere è solo una delle possibilità dell’esistenza, infatti, sono molte le volte in cui mi sono chiesto che cos’altro avrei potuto fare. Ma quando le azioni nascono dai luoghi dell’anima devono essere portate a termine. Finché queste hanno un senso nel divenire della persona devono essere svolte, al di là di un qualsiasi perché. Il porci troppe domande sulle motivazioni di azioni significative svilisce la potenza delle stesse azioni. Potrei individuare mille motivi su ciò che mi spinge a scrivere, ma ognuno di essi sarebbe contemporaneamente sia vero che falso. La verità è che bisogna dare fiducia incondizionata alle voci più profonde e intime della nostra coscienza, lasciare che si manifestino e accettare che si concludano naturalmente. Un giorno potrei anche smettere di scrivere, ma a quel punto il senso della scrittura sarebbe compiuto.
Cosa vuol dire aver vinto il premio letterario Città di Castello?
Considerando la serietà dell’organizzazione e la competenza della giuria, direi che è un grande onore averlo vinto, oltre al fatto che Città di Castello sia una bellissima città. Poi, c’è anche qualcosa di più sottile che mi lega emotivamente al premio. Quando nel 2010 ho iniziato a scrivere, sono arrivato decimo nella sezione narrativa e, in qualche modo, quel premio ha aperto la strada a questa passione che, essendo ancora fragile, necessitava di un riconoscimento. Di nuovo, nel 2016 (la seconda volta che ho partecipato), nel momento in cui delle vicissitudini personali hanno messo in crisi il mio desiderio di continuare a scrivere, ho avuto da questo premio il massimo riconoscimento. Sembra proprio che nella mia vita questo premio mi esorti a continuare a scrivere. 
Fattitaliani

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