LUGANOMUSICA, dal 22 settembre la nuova stagione: Pollini, Koopman, Pappano, Berezovskij, Volodos, Haitink, Temirkanov....

Il concerto inaugurale della seconda stagione di LuganoMusica al LAC è legato da un filo rosso al cartellone dell’edizione precedente: torna infatti il grande direttore Charles Dutoit alla testa della Royal Philharmonic Orchestra, per proseguire il ciclo pluriennale dedicato ai capolavori di Igor Stravinskij. Dopo Petruška, è la volta della Sagra della Primavera, opera quanto mai rivoluzionaria, la cui unicità non cessa di affascinare gli ascoltatori ad un secolo abbondante dalla sua comparsa. Nella serata del 22 settembre il pubblico di LuganoMusica ascolterà anche uno dei più interessanti pianisti francesi della nuova generazione, Bertrand Chamayou, impegnato nel Quinto Concerto di Saint-Saëns. 

Apertura in grande stile per la seconda edizione al LAC di LuganoMusica, con la Royal Philharmonic Orchestra, la compagine nazionale britannica, guidata dal suo attuale direttore principale Charles Dutoit. Formatosi tra Losanna – sua città natale – e Ginevra, Dutoit è considerato uno degli eredi spirituali di Ernest Ansermet, maestro che ebbe modo di conoscere direttamente Stravinskij e di lavorare con lui. Questo aspetto rende particolarmente significativa la scelta di affidare a Dutoit la direzione, nel corso di più anni, di alcuni dei massimi lavori del compositore russo. Per la stagione 2016/17 il titolo proposto è una pagina nodale nella multiforme traiettoria creativa tracciata da Stravinskij nella sua lunga carriera: il balletto La sagra della Primavera che, al suo apparire nel 1913 a Parigi nella stagione dei Balletti russi di Diaghilev, fece enorme scalpore per la novità assoluta della concezione. Una partitura in cui l’impasto sonoro della grande orchestra viene rivoluzionato, con un peso inedito dato a fiati e percussioni rispetto agli archi, e in cui la componente ritmica, con la sua ossessività motoria, è persino più importante di quella melodica. 
Ironico e divertente l’accostamento di Saint-Saëns a Stravinskij, dal momento che il compositore francese, già piuttosto anziano nel 1913, fu tra coloro che più rimasero scossi dall’ascolto della Sagra e che abbandonarono la sala prima che la rappresentazione, contestatissima (complici anche le irriverenti coreografie del folle genio di Nijinkij), avesse termine. Ad interpretare il suo Quinto ed ultimo concerto solistico per pianoforte, detto “Egiziano”, LuganoMusica ha invitato uno dei più intelligenti e dotati pianisti della nuova generazione, il francese Bertrand Chamayou. Un artista che ama spaziare dal grande repertorio romantico alla musica d’oggi, collaborando con giganti quali Henri Dutilleux e György Kurtág, e che affianca spesso il proprio talento a quello di altri interpreti, dal Quartetto Ysaÿe alla violoncellista Sol Gabetta, per coltivare la sua passione per la musica da camera. 
Fanno da sipario iniziale alla serata le Danze polovesiane di Borodin, un autore russo come Stravinskij, ma appartenente alla generazione precedente, quella che vide nascere il Gruppo dei Cinque - cui Borodin apparteneva pur essendo un chimico per professione e un compositore solo nel tempo libero - con la volontà di ritrovare un’anima musicale profondamente russa, svincolata dalle suggestioni della tradizione mitteleuropea. Una posizione che Stravinskij in qualche modo sconvolgerà, creando non uno ma diversi nuovi linguaggi personali all’insegna del cosmopolitismo più eclettico, pur senza dimenticare le melodie e i ritmi della sua terra, che proprio nella Sagra trovano un’inedita e potente celebrazione.


Sponsor del concerto: BANQUE CRAMER.
Appuntamento alle 20.30 alla Sala Teatro LAC
Giovedì 22 settembre 2016 – 20.30
Sala Teatro LAC

Concerto di apertura della stagione 2016/17 - Ciclo Orchestre
Interpreti
Royal Philharmonic Orchestra
Charles Dutoit, direttore
Bertrand Chamayou, pianoforte

Programma

Alexandr Borodin (1833-1887)
Danze polovesiane da Il principe Igor' (1887) - orchestrazione di Nikolaj Rimskij-Korsakov

Camille Saint-Saëns (1835-1921)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 in fa maggiore, op. 103 Egiziano (1896)

Igor Stravinskij (1882-1971)
La sagra della Primavera, quadri della Russia pagana in due parti (1913)

Alcune note al programma
"Borodin è un professore cinquantenne di chimica all'Accademia di Medicina. Ancora un talento, perfino grande, ma perduto per colpa della mancanza di nozioni e di un destino cieco che l'ha condotto alla cattedra di chimica invece che a una vivace attività musicale". Così scriveva Čajkovskij nei primi anni Ottanta dell’Ottocento alla sua mecenate signora von Meck, che gli aveva chiesto di fornirle un ritratto dei compositori del Gruppo dei Cinque, di cui Borodin faceva parte. Il dato oggettivo è che il compositore coltivò davvero la musica da dilettante, nei ritagli di tempo consentitigli da quell'attività di chimico che, oltre ad assicurargli il sostentamento materiale, gli dette anche vasta notorietà negli ambienti scientifici. Il principe Igor' è la sua unica opera teatrale. Borodin scrisse in prima persona anche il libretto, basandosi sul poema epico slavo Canto della schiera di Igor', che narra la fallita campagna del principe Igor' Svjatoslavič di Novgorod-Severskij nell'antica Rus' di Kiev contro gli invasori polovesiani, nel 1185. Proprio mentre il principe è tenuto prigioniero nel campo di questo popolo di stirpe tartara, il Khan Roncale, signore dei Polovesi, fa eseguire delle danze in suo onore. Danze rimaste come le più celebri pagine di tutta l’opera e per questo spesso suonate anche indipendentemente. Nel 1953 Robert Wright e George Forrest saccheggiarono ed elaborarono le musiche del Principe Igor’ per il musical Kismet rappresentato a Broadway. Il musical ottenne un tal successo internazionale che nel 1954 fu assegnato, postumo, un Tony Award proprio a Borodin. La canzone Stranger in Paradise, adattata dal più celebre tema delle Danze polovesiane, è diventata una vera e propria hit grazie alle interpretazioni di cantanti quali Tony Bennett e Bing Crosby.
Ultimo dei concerti per pianoforte e orchestra scritti da Saint-Saëns, il Quinto in fa maggiore – a vent'anni di distanza dal Concerto in do minore – fu in gran parte composto durante un soggiorno del musicista a Luxor in Egitto, da cui il sottotitolo "Egiziano" o anche "Orientale". Tale attributo non è però solo un riferimento geografico, ma concerne anche i contenuti musicali della pagina, dove si ritrovano alcuni spunti armonici e ritmici d'ascendenza mediorientale. Parlando del secondo movimento, Andante, lo stesso autore ha precisato: “l'episodio in sol evoca un canto d'amore nubiano che una volta ho udito intonare dai battellieri sul Nilo e che, per l'assenza d'un foglio di carta, annotai sul mio polsino inamidato”. La prima esecuzione assoluta del Quinto Concerto ebbe luogo alla Salle Pleyel di Parigi nel giugno del 1896, in occasione di una serata celebrativa per ricordare i cinquant’anni del debutto solistico di Saint-Saëns, enfant-prodige di dieci anni impegnato a suonare Mozart nella medesima sala mezzo secolo prima. 
Presentata al Théâtre des Champs Élisées il 29 maggio del 1913, dopo L'uccello di fuoco del 1910 e Petruška del 1911, La sagra della Primavera è il terzo grande lavoro scritto da Stravinskij per i Balletti russi, la vincente impresa culturale parigina di Sergej Djagilev. La genesi dell’opera è spiegata dallo stesso autore nelle Cronache della mia vita: “un giorno intravidi nella mia immaginazione lo spettacolo di un grande rito sacro pagano: i vecchi saggi seduti in cerchio osservano la danza mortale di una giovinetta, che essi sacrificano per rendersi propizio il dio della primavera”. La messinscena scatenò uno dei tumulti più celebri di tutta la storia musicale, più per le nudità coreografiche volute da Vaslav Nijinskij che non per l’aggressività – a tratti effettivamente brutale – della partitura. Il ritmo è l'aspetto più innovatore, spettacolare e sconcertante de La sagra della Primavera, che la fa apparire come un fenomeno totalmente isolato nella musica d’inizio Novecento. Si avverte questa novità subito dopo l’Introduzione: la sezione intitolata Auguri primaverili gioca su un accordo dalla pulsazione compatta e dall'accentazione irregolare: un andamento quasi macchinistico che in qualche modo tradisce l'attesa dell’ascoltatore, perché la difficoltà a individuare la sequenza ritmica genera un labirintico senso di straniamento.
Fattitaliani

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