Diciamocelo
chiaramente: l’industria musicale italiana ha un problema di stomaco. Continua
a nutrirsi di pop-soul confezionato e rap politicamente corretto. Arriva
Mormile con "Miracoli,
Catrame" e, fortunatamente, ci vomita addosso una dose massiccia di
onestà e distorsione. Questo non è un album pop d'autore, è un statement contro l'omogeneità, un disco
per chi non ha paura di sentirsi "sbagliato" e, soprattutto, di
ballare su un groove che sa di
periferia e psichedelia.
L'artista ha
dichiarato di voler bilanciare l'anima pop con quella votata al sound e al groove. Per fortuna, a noi interessano solo le ultime due. Brani
come "IN ABITO DA SERA" e,
soprattutto, "LTMTV" non
sono singoli, sono manifesti di dissociazione sonora. In "LTMTV", il "delirio strumentale" non è un
incidente di percorso, ma l’apice artistico. Quei cori che urlano "Isn't
easy" non sono un refrain da
radio, sono il rumore bianco del burnout
generazionale. Se volete un disco liscio, cambiate frequenza.
Dove l'album si fa
davvero interessante è quando Mormile abbraccia l'imperfezione e il masochismo
sano. "FRIED CHICKEN" è
l'unico brano che meriterebbe di essere trasmesso, non perché sia una hit facile, ma perché è un inno alla
nostra sgradevole, ma vera, voglia di auto-sabotaggio. La chitarra aggressiva e
il tono vaffanculo sono il vero miracolo dell'album, che si contrappone
al catrame della produzione patinata.
Anche il lirismo non
è da meno. "COMICHE ANNATE
COSMICHE" è una presa in giro della nostra stessa seriosità. La sua
onestà tagliente nel descrivere le notti alcoliche di periferia, l'amore stanco
e la retorica dei ti amo svuotano il
cantautorato di ogni retorica superflua. Non sono canzoni d'amore, sono analisi
spietate del fallimento emotivo.
La vera forza di Miracoli, Catrame è che non ti chiede di capirlo, ti chiede
solo di accettare il caos. È un disco che ti prende per mano e ti fa sedere
sulla poltrona in pelle verde in
mezzo al campo minato, facendoti
sentire a casa. È un debutto che, speriamo, non verrà edulcorato dal successo.
Mormile ha trovato una formula: usare il linguaggio del passato (funk '70s) per
parlare di un malessere assolutamente futuro. Non è pop, è arte di resistenza.



