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| Foto da Wikipedia |
ROMA – Per la prima volta nella storia, New York ha eletto un sindaco musulmano.
La vittoria di Zohran Mahmood Mamdani, 34 anni, segna una svolta significativa nella politica americana. Socialista, figlio di immigrati e simbolo di una nuova generazione, Mamdani incarna una città sempre più multiculturale e aperta al cambiamento.Nato in Uganda da padre ugandese e madre indiana – una regista di fama internazionale – Mamdani è cresciuto negli Stati Uniti, dove è arrivato a soli sette anni, ottenendo la cittadinanza americana nel 2018. Nella notte, con i seggi chiusi quando in Italia erano le tre, è stato proclamato nuovo sindaco di New York, come ampiamente previsto dai sondaggi.
Non ha avuto effetto l’attacco lanciato alla vigilia del voto dall’ex presidente Donald Trump, che aveva cercato di screditarlo con dichiarazioni controverse: “Un ebreo che vota per Mamdani, che odia gli ebrei, è uno stupido”. Le parole di Trump non hanno però scalfito la corsa del giovane politico, che ha conquistato la vittoria con un ampio margine, superando sia l’ex governatore Andrew Cuomo – già battuto alle primarie – sia il candidato repubblicano Curtis Sliwa.
Alle urne si sono recati oltre due milioni di newyorkesi, un’affluenza record per la città, la più alta dal 1969.
Durante il suo primo, storico, discorso da sindaco di New York, dopo aver ringraziato commosso tutti quelli che lo hanno accompagnato in questi anni, sostenuto, votato, Zohran Mamdani si è rivolto direttamente al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
“In questo momento di oscurità politica, New York sarà la luce. Qui, crediamo nel difendere coloro che amiamo, che tu sia un immigrato, un membro della comunità trans, una delle tante donne nere che Donald Trump ha licenziato da un incarico federale, una madre single che aspetta ancora che il costo della spesa scenda, o chiunque altro si trovi con le spalle al muro. La tua lotta è anche la nostra.
(..)
Vogliono che la gente si scontri tra di noi, in modo da distrarci dal lavoro di ricostruzione di un sistema ormai in rovina. Ci rifiutiamo di lasciare che siano loro a dettare ulteriormente le regole del gioco. Possono giocare secondo le stesse regole del resto di noi.
Insieme, daremo inizio a una generazione di cambiamento. E se abbracciamo questo nuovo corso coraggioso, invece di rifuggirlo, potremo rispondere all'oligarchia e all'autoritarismo con la forza che temono, non con l'appeasement che bramano.
Dopotutto, se c'è qualcuno che può mostrare a una nazione tradita da Donald Trump come sconfiggerlo, è proprio la città che lo ha generato. E se c'è un modo per terrorizzare un despota, è smantellare le condizioni stesse che gli hanno permesso di accumulare potere.
Non è solo così che fermeremo Trump; è così che fermeremo anche il prossimo.
Quindi, Donald Trump, visto che so che mi stai guardando, ho quattro parole per te: alza il volume.
Chiederemo conto ai proprietari di casa infedeli, perché i Donald Trump della nostra città si sono abituati fin troppo bene ad approfittarsi dei loro inquilini. Porremo fine alla cultura della corruzione che ha permesso a miliardari come Trump di evadere le tasse e sfruttare le agevolazioni fiscali. Staremo al fianco dei sindacati e amplieremo le tutele del lavoro perché sappiamo, proprio come Donald Trump, che quando i lavoratori godono di diritti incrollabili, i datori di lavoro che cercano di estorcerli diventano davvero molto piccoli.
New York rimarrà una città di immigrati: una città costruita da immigrati, alimentata da immigrati e, da stasera, guidata da un immigrato.
Quindi ascoltami, Presidente Trump, quando dico questo: per arrivare a uno qualsiasi di noi, dovrai passare attraverso tutti noi. Quando entreremo in Municipio tra 58 giorni, le aspettative saranno alte. Le soddisferemo. Un grande newyorkese una volta disse che mentre si fa campagna elettorale in poesia, si governa in prosa.
Se questo deve essere vero, che la prosa che scriviamo continui a essere in rima e che costruiamo una città splendente per tutti. E dobbiamo tracciare un nuovo percorso, audace quanto quello che abbiamo già percorso. Dopotutto, la saggezza convenzionale vi direbbe che sono ben lungi dall'essere il candidato perfetto.
Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un socialista democratico. E, cosa più grave, mi rifiuto di scusarmi per tutto questo”.


