Un rito psicomagico di ritorno al teatro che diventa un racconto di vita appassionante, esilarante, commovente.
Non vorrebbe, Beatrice, essere lì
sul palco. Eppure qualcosa accade. Un primo ricordo, un aneddoto, una risata, e
il racconto di un’intera esistenza prende forma, passo dopo passo, senza
soluzione di continuità, attraverso un ventaglio di episodi, personaggi,
pensieri che toccano tutti i temi dell’umano.
Un monologo fuori dai denti e sfacciato, delicato e amaro, nel mezzo del cammin di nostra vita, in cui Beatrice fa il punto su di sé e sulla propria esistenza.
Un racconto personalissimo eppure universale, dove ciascuno può trovare pezzi di sé, tra risate e lacrime, perché tutti ci siamo imbarcati in relazioni improbabili, abbiamo perso qualcuno di importante, siamo caduti più e più volte per poi doverci rialzare, siamo figli e viviamo il grande mistero: i genitori, cui tanto dobbiamo, nel bene come nel male.
Uno spettacolo dalla forma essenziale e denso di vita, in grado di portarci al cuore del teatro creando un fortissimo legame empatico tra attore e pubblico grazie alla sua grande interprete, Beatrice Schiros, qui per la prima volta anche autrice insieme al compagno di viaggio Gabriele Scotti.
NOTE DI REGIA
“Metaforicamente Schiros è l’atto
psicomagico con cui faccio pace con il teatro dopo due anni di assenza. In
questo senso per me è ben più di uno spettacolo, perché è un atto curativo,
qualcosa di diverso e molto più personale di ogni cosa abbia fatto finora a
teatro. In questa impresa ho voluto con me il drammaturgo e amico Gabriele
Scotti perché sapevo che le nostre sensibilità e la nostra ironia si sarebbero
ben sposate.
Condivido con il pubblico tanti
fatti della mia vita, piccoli e grandi, drammatici o comici quando non
imbarazzanti - diciamolo: cose che potrei e forse dovrei tranquillamente
tacere- perché mi fa bene e credo possa fare bene anche a chi sarà in sala.”
Beatrice Schiros
“Ho accolto con piacere ed
entusiasmo la proposta di Beatrice di lavorare a un testo tagliato su misura
per lei partendo da fatti, aneddoti, figure della sua vita, innanzi tutto
perché Beatrice è una grande attrice, il mostro del palcoscenico che tutti conosciamo.
Poi perché mi piace pormi come facilitatore di storie altrui, anche molto
personali, trattandole con cura ed empatia. Infine perché, ascoltando i suoi
racconti, mi è stato subito chiaro che quello che si stava delineando era la
storia di una persona che si è persa nel momento in cui ha perso i genitori,
con il forte bisogno di fare un punto sul proprio percorso di vita per
ritrovare coraggio e senso per andare avanti. E questa storia mi interessa, mi
riguarda.
Abbiamo scelto la forma più
semplice possibile: il monologo a pubblico, un po’ stand up ma anche no. In
scena ci sono solo Beatrice, con la sua forza scenica, uno sgabello e le parole
che abbiamo scelto.
Personalmente amo il monologo
perché, come ci segnala Silvio d’Amico nell’Enciclopedia dello Spettacolo
(1954), a ben vedere è l’atto fondativo del teatro: stando ad Aristotele e alla
sua Poetica, la tragedia nasce come discorso di un singolo attore al coro, che
rappresenta la comunità.
Il monologo è poi la forma
teatrale che crea il massimo legame empatico tra interprete e pubblico.
Ecco, Metaforicamente Schiros
parla direttamente al pubblico, lo interroga su tante questioni vitali puntando
dritto all’emotività, nel riso come nel pianto.”
Gabriele Scotti
Un rito psicomagico di ritorno al
teatro che diventa un racconto di vita appassionante, esilarante, commovente.
Non vorrebbe, Beatrice, essere lì
sul palco. Eppure qualcosa accade. Un primo ricordo, un aneddoto, una risata, e
il racconto di un’intera esistenza prende forma, passo dopo passo, senza
soluzione di continuità, attraverso un ventaglio di episodi, personaggi,
pensieri che toccano tutti i temi dell’umano.
Un monologo fuori dai denti e
sfacciato, delicato e amaro, nel mezzo del cammin di nostra vita, in cui
Beatrice fa il punto su di sé e sulla propria esistenza.
Un racconto personalissimo eppure
universale, dove ciascuno può trovare pezzi di sé, tra risate e lacrime, perché
tutti ci siamo imbarcati in relazioni improbabili, abbiamo perso qualcuno di
importante, siamo caduti più e più volte per poi doverci rialzare, siamo figli
e viviamo il grande mistero: i genitori, cui tanto dobbiamo, nel bene come nel
male.
Uno spettacolo dalla forma
essenziale e denso di vita, in grado di portarci al cuore del teatro creando un
fortissimo legame empatico tra attore e pubblico grazie alla sua grande
interprete, Beatrice Schiros, qui per la prima volta anche autrice insieme al
compagno di viaggio Gabriele Scotti.
NOTE DI REGIA
“Metaforicamente Schiros è l’atto
psicomagico con cui faccio pace con il teatro dopo due anni di assenza. In
questo senso per me è ben più di uno spettacolo, perché è un atto curativo,
qualcosa di diverso e molto più personale di ogni cosa abbia fatto finora a
teatro. In questa impresa ho voluto con me il drammaturgo e amico Gabriele
Scotti perché sapevo che le nostre sensibilità e la nostra ironia si sarebbero
ben sposate.
Condivido con il pubblico tanti
fatti della mia vita, piccoli e grandi, drammatici o comici quando non
imbarazzanti - diciamolo: cose che potrei e forse dovrei tranquillamente
tacere- perché mi fa bene e credo possa fare bene anche a chi sarà in sala.”
Beatrice Schiros
“Ho accolto con piacere ed
entusiasmo la proposta di Beatrice di lavorare a un testo tagliato su misura
per lei partendo da fatti, aneddoti, figure della sua vita, innanzi tutto
perché Beatrice è una grande attrice, il mostro del palcoscenico che tutti conosciamo.
Poi perché mi piace pormi come facilitatore di storie altrui, anche molto
personali, trattandole con cura ed empatia. Infine perché, ascoltando i suoi
racconti, mi è stato subito chiaro che quello che si stava delineando era la
storia di una persona che si è persa nel momento in cui ha perso i genitori,
con il forte bisogno di fare un punto sul proprio percorso di vita per
ritrovare coraggio e senso per andare avanti. E questa storia mi interessa, mi
riguarda.
Abbiamo scelto la forma più
semplice possibile: il monologo a pubblico, un po’ stand up ma anche no. In
scena ci sono solo Beatrice, con la sua forza scenica, uno sgabello e le parole
che abbiamo scelto.
Personalmente amo il monologo
perché, come ci segnala Silvio d’Amico nell’Enciclopedia dello Spettacolo
(1954), a ben vedere è l’atto fondativo del teatro: stando ad Aristotele e alla
sua Poetica, la tragedia nasce come discorso di un singolo attore al coro, che
rappresenta la comunità.
Il monologo è poi la forma
teatrale che crea il massimo legame empatico tra interprete e pubblico.
Ecco, Metaforicamente Schiros
parla direttamente al pubblico, lo interroga su tante questioni vitali puntando
dritto all’emotività, nel riso come nel pianto.”
Gabriele Scotti


