Opera Liegi, il Maestro Leonardo Sini racconta "Il cappello di paglia di Firenze". L'intervista di Fattitaliani

 

©Fattitaliani


di Giovanni Zambito - Ieri sera è andata in scena all’Opéra Royal de Wallonie-Liège Il cappello di paglia di Firenze, opera di Nino Rota, per la regia di Damiano Michieletto (intervista di Fattitaliani). La messa in scena ha saputo valorizzare coerentemente la rapida dinamica della narrazione che si sviluppa con un susseguirsi incalzante di episodi. Anche la direzione musicale ha svolto un ruolo di primo piano, seguendo con precisione e vivacità i cambi repentini di ritmo e atmosfera dell’opera. Quest’allestimento ha così reso giustizia allo spirito brillante e giocoso di questo capolavoro della musica teatrale, esaltandone sia la componente comica sia quella lirica in una perfetta sintonia tra regia, orchestra e interpreti. L'intervista di Fattitaliani al M° Leonardo Sini.

Maestro Sini, "Il Cappello di Paglia di Firenze" di Nino Rota, quali sono le peculiarità musicali che contraddistinguono quest'opera rispetto ad altre del Novecento?

Sicuramente lo stile di Nino Rota è uno stile, diciamo, ambivalente, perché prende ispirazione da tanti compositori: possiamo sentire Rossini, Verdi, Puccini, ma lo fa sempre mettendoci la sua cifra stilistica, che è la cosa importante di Rota. È un compositore molto famoso per la sua musica da film, tutti lo conosciamo per le sue melodie bellissime e, per esempio, a differenza di Morricone che nella sua musica assoluta usa uno stile molto avanguardistico, potremmo dire, Rota mantiene uno stile molto melodico, tonale, usa le dissonanze in uno stile tardo-romantico e quindi è una musica estremamente affrontabile per un pubblico anche che l'ascolta per la prima volta, ricca di momenti lirici ma anche con citazioni, insomma, e soprattutto un grande senso del teatro.

Ma come cambia l'approccio in direzione quando c'è un'opera leggera, giocosa rispetto a una drammatica e seria? Cambia?

Sì, io credo che la leggerezza e la brillantezza dell'orchestrazione in questo caso, che è fantastica perché Rota è veramente un gran maestro dell'orchestrazione, devono essere messe quasi in primo piano, senza mai appesantire e soprattutto per il cast è una scrittura vocalmente non molto impegnativa ma teatralmente molto impegnativa. Ci sono tanti interventi in successione, cambia spesso il passo musicale, quindi questo deve essere sempre ben organizzato per chi ascolta, per rendere tutto il più fluido possibile.


Ha menzionato Rota e il cinema, in che modo c'è un'influenza del teatro e del cinema nella musica del "Cappello di Paglia di Firenze"?

Assolutamente, l'aspirazione è la stessa. Lui utilizza canzoni e brani che ha già usato nel cinema anche in quest'opera, quindi temi già usati nei suoi primi film. Credo che il suo estro musicale fosse lo stesso quando scriveva per il cinema e per l'opera, cambia il fine ma l'estro resta identico.

Per far emergere il carattere frenetico dell’opera buffa, come si è rapportato con i solisti e l’orchestra?

La coerenza è molto importante, soprattutto con tanti personaggi. Far andare tutto insieme in maniera organica è importante. Sono stato fortunato perché il cast è eccezionale, ogni ruolo è importante nell’opera. Il tenore ha la parte principale, ma gli altri personaggi entrano e escono spesso, quindi serve precisione ritmica e equilibrio. Il cast ha lavorato con grande sinergia, questo ha facilitato la direzione d’orchestra. Tutti debuttavano, me incluso, per cui è stato un tassello in più per dare forza al lavoro.

© ORW-Liège/J.Berger

Quanto 
 la scenografia di Paolo Fantin ha accompagnato in modo coerente la partitura?

Trovo questa produzione moderna, abbastanza minimalista, che lascia molto spazio al teatro. I movimenti scenici sono tanti e importanti. Non è semplice mantenere energia e precisione musicale nonostante tutti questi movimenti. La musica deve essere funzionale a questa energia. La prima volta qui in Belgio l'orchestra ha eseguito quest’opera, è stata una bella scoperta per loro. Sono molto felice di questo debutto e ci sono ancora recite per cui spero che crescerà ancora di più.

Lei viene dalla Sardegna, qual è stata la prima esperienza lavorativa fuori dall’isola?

Credo sia stata Milano, dove ho fatto la mia prima audizione a 14 anni o meno. Sono trombettista di formazione e ho suonato per tanti anni in orchestra. Da allora la musica è stata la mia passione e lavoro.

Come vede quel ragazzo di allora?

Con tenerezza. La musica era nata come un gioco e un piacere, poi è diventato un lavoro, una responsabilità. Sono felice di aver fatto della mia passione la mia professione.

©Fattitaliani

Qualcuno che l’ha sostenuto in modo particolare?

Ci sono tante persone: il primo maestro, la banda, i professori di tromba e direzione d’orchestra, poi dopo il concorso vinto, tante altre. Ricordo tutti con gratitudine per la fiducia.

Fattitaliani

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