Lussemburgo, «L’educazione come luce di speranza»: la visione del Dr. Béchara Khoury per il Medio Oriente



Celebrando i suoi dieci anni di attività, la Luxembourg School of Religion & Society (LSRS) ha scelto di mettere in luce ciò che costituisce il suo DNA: il dialogo tra fede e società, tra ricerca e impegno concreto. Nel suo discorso di apertura, Jean Ehret, direttore fondatore della LSRS, ha ripercorso le origini ambiziose di questa istituzione nata da una profonda ristrutturazione del settore della formazione e della ricerca.

«Era necessario ricucire i legami con diversi attori, settori e rami della società. Bisognava mescolarsi con le persone per non mantenere solo una prospettiva esterna», ha ricordato con convinzione.

Fin dai suoi inizi, la LSRS si è voluta un luogo aperto, capace di superare i tradizionali confini:

«Era importante creare un contesto accogliente che permettesse a persone provenienti da settori e contesti diversi di incontrarsi, entrare in dialogo, dibattere con convinzione su temi differenti e offrire uno spazio in cui si parlasse come non si fa o non si fa molto altrove.»

Questa vocazione si è consolidata negli anni attraverso la ricerca interdisciplinare, il lavoro in laboratorio e il networking tra accademici e attori sociali provenienti da orizzonti molteplici. «Il Lussemburgo come punto di forza della nostra identità», ha sottolineato Ehret, insistendo sulla volontà di non lavorare “in una bolla”, ma in contatto con le realtà contemporanee.

È in questo contesto simbolico, nel cuore di una serata di anniversario al tempo stesso calorosa ed esigente, che la LSRS ha accolto il Dr. Béchara Khoury, sacerdote maronita e presidente dell’Università Notre-Dame del Libano. Jean Ehret ha presentato l’ospite d’onore ricordando il loro primo incontro a Guadalajara, durante un’assemblea internazionale:

«Non mi sono trovato di fronte a persone abbattute che dicevano che la vita è dura e che il mondo va male. Ho visto tre confratelli pieni di energia, impegnati, che si avvicinavano agli altri e scambiavano idee. Questa energia è quella che vogliamo celebrare qui.»

E ha concluso con un’immagine che riassume lo spirito della serata:

«Sapete bene che non si scrive Religion and Society con “e” ma con un esperluette. Questo simbolo rappresenta il movimento che collega le due realtà. Stasera scopriremo come i cristiani siano, in questa regione, quell’esperluette vivente.»

È in questa atmosfera di riflessione condivisa e fedeltà al dialogo che il Dr. Khoury ha preso la parola per sviluppare un’analisi lucida e portatrice di speranza sulla posizione dei cristiani in Medio Oriente e sulla missione dell’istruzione superiore cattolica.

Un intervento guidato dalla fede e dalla ragione

«Al momento in cui abbiamo deciso questa conferenza, non eravamo in contatto con il signor Trump per dire che proprio in questo momento, in questo stesso giorno, si stava decidendo il futuro della regione. Abbiamo deciso forse perché eravamo, ne sono sicuro, ispirati dal nostro sentimento personale di dovere, come cristiani cattolici impegnati, su come contribuire a costruire un mondo migliore», spiega il Dr. Khoury all’inizio del suo intervento.

Precisa subito: «Non sarò contro nessuno, né con nessuno, sarò a favore della promozione della persona umana.» Il suo approccio si colloca dunque in una prospettiva etica ed educativa più che politica.

Il paradosso del Medio Oriente e l’erosione delle comunità cristiane

Il Dr. Khoury sottolinea il paradosso del Medio Oriente: «È contemporaneamente fonte spirituale delle tre religioni monoteiste… e al tempo stesso scena di tensioni secolari. Questa regione incarna un paradosso radicato da due millenni.»

Traccia un quadro allarmante sulla demografia cristiana: «I cristiani d’Oriente oggi vivono un’erosione demografica drammatica… ancora, purtroppo, eravamo il 15-20% della popolazione regionale all’inizio del XX secolo. Oggi non rappresentano più che il 3%.»

Questa diminuzione non è solo un problema comunitario, ma interessa stabilità politica, memoria culturale e convivenza sociale. «L’obiettivo di questo studio è quindi analizzare le dinamiche che indeboliscono la presenza cristiana e identificare leve strutturali capaci di trasformare questa vulnerabilità in resilienza e resistenza», precisa.

Quattro fattori di fragilizzazione

Il Dr. Khoury individua quattro assi principali che spiegano la fragilità delle comunità:

  1. Fattori politici: guerre, conflitti armati, instabilità e paralisi istituzionale. «In Iraq, la caduta del regime di Saddam Hussein e l’ascesa di Daesh hanno provocato l’esodo di quasi un milione di cristiani.»

  2. Fattori economici: crisi economica, disoccupazione, crollo delle infrastrutture. «In Libano, il crollo bancario dal 2019 ha rovinato migliaia di famiglie e indebolito le scuole.»

  3. Fattori socio-giuridici: disuguaglianze di stato personale, marginalizzazione strutturale, discriminazioni sottili nell’accesso all’istruzione e al lavoro.

  4. Fattori migratori: partenza dei giovani laureati, diaspora che diventa sia un sostegno sia un segnale di indebolimento locale. «La diaspora è diventata l’ossigeno che permette alla comunità rimasta di sopravvivere», osserva.

L’educazione cattolica come infrastruttura di pace

Di fronte a queste sfide, il Dr. Khoury evidenzia il ruolo delle università cattoliche: «L’istruzione superiore cattolica costituisce un mezzo, una vera e propria infrastruttura strategica per la pace, la coesione e la coesione sociale.»

Descrive un modello educativo che coniuga missione cristiana e apertura interreligiosa: «Formiamo leader cittadini, creiamo spazi di dialogo interreligioso, produciamo ricerche utili alla politica e offriamo servizi comunitari.»

Il Dr. Khoury sottolinea l’impatto concreto di queste istituzioni: «L’istruzione superiore cattolica va ben oltre la missione tradizionale di trasmissione del sapere… Elevando questa esperienza a modello, l’istruzione superiore propone un’alternativa credibile alle teorie pessimistiche dello scontro di civiltà.»

Una visione storica e culturale

L’intervento si basa su un ampio panorama storico: dalla diffusione del cristianesimo in Palestina nel I secolo alle contribuzioni intellettuali e culturali dei cristiani orientali nel mondo arabo, fino al ruolo delle università fondate nel XIX secolo. «I cristiani orientali hanno contribuito al rinnovamento della lingua araba e alla fondazione di giornali e scuole, portando luce e sapere», ricorda.

Cita inoltre testi fondamentali dell’educazione cattolica: Gravissimum educationis (1965) sulla dignità umana e Giovanni Paolo II (1990) sulla congiunzione tra fede e ragione nell’università.

Un modello per la convivenza

Per il Dr. Khoury, il Libano rappresenta un laboratorio di convivenza: «Papa Giovanni Paolo II aveva definito il Libano più di un paese, è un messaggio… È un laboratorio. Sperimentando convivialità e convivenza, da esportare all’esterno.»

Conclude con una metafora forte: «Dovete essere il sale della terra. Per dare sapore, bisogna dissolversi e non esistere, ma mantenere il gusto.»

En Français

Dr Béchara Khoury

Luxembourg, « L’éducation comme lumière d’espérance » : la vision du Dr Béchara Khoury pour le Moyen-Orient

par Giovanni Zambito - 

En célébrant ses dix ans d’existence, la Luxembourg School of Religion & Society (LSRS) a choisi de mettre en avant ce qui constitue son ADN : le dialogue entre foi et société, entre recherche et engagement concret. Dans son discours d’ouverture, Jean Ehret, directeur fondateur de la LSRS, est revenu sur les origines ambitieuses de cette institution née d’une restructuration profonde du secteur de la formation et de la recherche.

« Il fallait renouer des liens avec différents acteurs, secteurs, branches de la société. Il était nécessaire de se mêler aux gens pour ne pas garder simplement une perspective extérieure », a-t-il rappelé avec conviction.

Dès ses débuts, la LSRS s’est voulue un lieu ouvert, capable de dépasser les cloisons traditionnelles :

« Il importait de créer un cadre accueillant qui permette aux personnes de différents secteurs et milieux de se rencontrer, d’entrer en dialogue, de débattre avec conviction les sujets les plus différents, d’offrir un lieu où l’on se parlerait comme on ne le fait pas ou pas beaucoup en d’autres endroits. »

Cette vocation s’est affirmée au fil des années à travers la recherche interdisciplinaire, le travail en laboratoire et la mise en réseau d’universitaires et d’acteurs sociaux venus d’horizons multiples. « Le Luxembourg comme point fort de notre identité », a souligné Ehret, en insistant sur la volonté de ne pas travailler “en vase clos” mais en prise avec les réalités contemporaines.

C’est dans ce cadre symbolique, au cœur d’une soirée d’anniversaire à la fois chaleureuse et exigeante, que la LSRS a accueilli le Dr Béchara Khoury, prêtre maronite et président de l’Université Notre-Dame du Liban. Jean Ehret a présenté l’invité d’honneur en évoquant leur première rencontre à Guadalajara, lors d’une assemblée internationale :

« Je n’étais pas face à des personnes abattues disant que la vie est dure et que le monde va mal. J’ai vu trois confrères pleins d’énergie, engagés, qui abordaient les autres, échangeaient des idées. Cette énergie est celle que nous voulons célébrer ici. »

Et de conclure, avec une image qui résume l’esprit de la soirée :

« Vous savez bien qu’on n’écrit pas religion and society avec “et” mais avec une esperluette. Ce signe symbolise le mouvement qui relie les deux réalités. Ce soir, nous découvrirons comment les chrétiens sont, dans cette région, cette esperluette vivante. »

C’est dans cette atmosphère de réflexion partagée et de fidélité au dialogue que le Dr Khoury a pris la parole pour développer une analyse lucide et porteuse d’espérance sur la place des chrétiens au Moyen-Orient et la mission de l’enseignement supérieur catholique.

Une intervention guidée par la foi et la raison

« Au moment où on a décidé cette conférence, on n'avait pas été en contact avec Monsieur Trump de dire qu'en ce moment même, en ce jour même, l'avenir de la région se décide. On avait décidé parce que peut-être on était, je suis sûr, inspiré par notre sentiment personnel comme devoir, comme chrétien catholique engagé, comment contribuer à bâtir un monde meilleur », explique le Dr Khoury au début de son intervention.

Il précise immédiatement : « Je ne serai ni contre personne, ni avec personne, je serai avec la promotion de la personne humaine. » Sa démarche s’inscrit donc dans une perspective éthique et éducative, plus que politique.

Le paradoxe du Moyen-Orient et l’érosion des communautés chrétiennes

Le Dr Khoury souligne le paradoxe du Moyen-Orient : « À la fois, source spirituelle des trois religions monothéistes… En même temps, scène de tension séculaire. Cette région incarne un paradoxe enraciné depuis deux millénaires. »

Il dresse un constat alarmant concernant la démographie chrétienne : « Les chrétiens d'Orient vivent aujourd'hui une érosion démographique dramatique… encore, malheureusement, on est de 15 à 20% de la population régionale au début du XXe siècle. Aujourd'hui, ils ne forment plus que 3%. »

Cette diminution n’est pas seulement un enjeu communautaire, mais touche la stabilité politique, la mémoire culturelle et la coexistence sociale. « L’enjeu de cette étude est donc d’analyser les dynamiques qui fragilisent la présence chrétienne et d’identifier les leviers structurels susceptibles de transformer cette vulnérabilité en résilience et résistance », précise-t-il.

Quatre facteurs de fragilisation

Le Dr Khoury identifie quatre axes principaux qui expliquent la fragilité des communautés :

  1. Facteurs politiques : guerres, conflits armés, instabilité et paralysie institutionnelle. « En Irak, la chute du régime de Saddam Hussein et l’essor de Daesh ont provoqué l’exode de près d’un million de chrétiens. »

  2. Facteurs économiques : crise économique, chômage, effondrement des infrastructures. « Au Liban, l’effondrement bancaire depuis 2019 a ruiné des milliers de familles et fragilisé les écoles. »

  3. Facteurs socio-juridiques : inégalités de statut personnel, marginalisation structurelle, discriminations subtiles dans l’accès à l’éducation et à l’emploi.

  4. Facteurs migratoires : départ des jeunes diplômés, diaspora qui devient à la fois un soutien et un signe d’affaiblissement local. « La diaspora est devenue l’oxygène qui donnerait à la communauté restante vraiment de survivre », note-t-il.

L’éducation catholique comme infrastructure de paix

Face à ces défis, le Dr Khoury met en avant le rôle des universités catholiques : « L’enseignement supérieur catholique constitue un moyen, une véritable infrastructure stratégique pour la paix, la cohésion et la cohésion sociale. »

Il décrit un modèle éducatif qui combine mission chrétienne et ouverture interreligieuse : « Nous formons des leaders citoyens, créons des espaces de dialogue interreligieux, produisons de la recherche utile pour la politique et offrons des services communautaires. »

Le Dr Khoury insiste sur l’impact concret de ces institutions : « L’enseignement supérieur catholique dépasse largement la mission traditionnelle de transmission de savoir… En érigeant cette expérience en modèle, l’enseignement supérieur propose une alternative crédible aux théories pessimistes du choc des civilisations. »

Une vision historique et culturelle

L’intervention s’appuie sur un panorama historique précis : de la diffusion du christianisme en Palestine au 1er siècle jusqu’aux contributions intellectuelles et culturelles des chrétiens orientaux dans le monde arabe, en passant par le rôle des universités fondées au XIXe siècle. « Les chrétiens orientaux ont contribué au renouvellement de la langue arabe et à la fondation de journaux et d’écoles, apportant lumière et savoir », rappelle-t-il.

Il cite également des textes fondateurs de l’enseignement catholique : Gravissimum educationis (1965) sur la dignité humaine et Jean-Paul II (1990) sur la rencontre entre foi et raison à l’université.

Un modèle pour la coexistence

Pour le Dr Khoury, le Liban représente un laboratoire de coexistence : « Le pape Jean-Paul II avait nommé le Liban plus qu'un pays, c'est un message… C'est un laboratoire. En expérimentant la convivialité, la coexistence, et pour les exporter à l'extérieur. »

Il conclut par une métaphore forte : « Vous devez être le sel de la terre. Pour donner du goût, il faut se dissoudre et ne pas exister, mais garder le goût. »

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