di Giovanni Zambito - Dal 21 ottobre al 2 novembre 2025, la celebre commedia di Oscar Wilde L’importanza di chiamarsi Ernesto torna in scena alla Sala Umberto con la regia di Geppy Gleijeses. Tradotta da Masolino D’Amico, l’opera vede sul palco Lucia Poli, Giorgio Lupano, Maria Alberta Navello, Luigi Tabita, Giulia Paoletti, Bruno Crucitti, Gloria Sapio e Riccardo Feola, con costumi di Chiara Donato, scene di Roberto Crea e luci di Luigi Ascione.
Definita da molti “la commedia perfetta”, questa brillante satira sociale debuttò nella versione della compagnia nel 2000, per due stagioni, con Geppy Gleijeses nel ruolo di John Worthing, Lucia Poli (videointervista di Fattitaliani) in quello di Lady Bracknell e la regia di Mario Missiroli.
A venticinque anni di distanza, il ruolo di John/Ernest è ora affidato a Giorgio Lupano, che Fattitaliani ha intervistato per approfondire la sua interpretazione di un personaggio tanto iconico quanto attuale, e per scoprire il lavoro dietro a questo nuovo allestimento che unisce tradizione e freschezza.
John Worthing è un personaggio centrale e sfaccettato. Quali aspetti di John le è stato più stimolante interpretare: la sua doppia identità, il lato comico o quello più romantico?
John/Ernest è, oggi come quando fu inventato da Wilde, uno specchio dei tempi: un uomo convinto di poter fare affidamento solo sull’apparenza, su quello che gli altri vedono di lui - in questo caso il nome - per trovare il suo posto nel mondo. È un personaggio che, se non fosse estremamente ironico, potrebbe quasi risultare tragico: per fortuna la penna di Oscar Wilde riesce a essere affilata e divertente allo stesso tempo. La sua doppia identità lo rende affascinante da interpretare e lo fa diventare comico anche nel suo cercare di essere romantico.
Come ha lavorato per trovare il giusto equilibrio tra ironia e verità emotiva?
I personaggi di Wilde sono convinti di dire delle grandi verità anche quando parlano di tartine al cetriolo, e solo recitandoli “sul serio” si manifestano in tutta la loro assurda ironia.
“L’importanza di chiamarsi Ernesto” è un testo ricco di giochi linguistici e di equivoci. Qual è, secondo lei, la forza intramontabile di questo capolavoro?
Gli aforismi di Oscar Wilde, le sue battute, le sue massime sono state fonte di ispirazione per tutti gli umoristi venuti dopo di lui: penso a Marchesi, Flaiano, Campanile (per parlare solo degli italiani). Finché saremo in grado di prenderci in giro, di ridere delle nostre regole e delle nostre false convenzioni, ci sarà posto su un palcoscenico per un testo di Wilde.
Pensa che i temi di verità, identità e convenzioni sociali che Wilde esplora siano ancora attuali oggi? In che modo?
Pensiamo all’uso - o all’abuso - che facciamo dei social: non sono, per molti, un modo di aderire a modelli prestabiliti? Non sono “identità” create ad uso e consumo della sola esposizione pubblica? Per quanti oggi è importante vestirsi o comportarsi in un certo modo solo perché lo impongono le convenzioni? Per quanti oggi sarebbe importante chiamarsi Ernesto se venisse deciso che è il nome più alla moda?
C’è una battuta o una scena in particolare che ama interpretare ogni sera?
Lo vedo come un fugace momento di amarezza di Oscar Wilde, come se dicesse: “Dobbiamo sempre fare qualcosa, vestirci per uscire, per una cena, un concerto, per andare al circolo”, come a dire che la nostra vita è scandita dagli impegni sociali a discapito di quello che vorremmo realmente fare. O magari è solo una mia idea e quella battuta vuole semplicemente dire che sono quasi le sette! :-)
Com’è lavorare sotto la regia di Geppy Gleijeses, che ha un legame storico con questo spettacolo?
Non so se sia stato più difficile per lui separarsi da un personaggio tanto amato o per me raccogliere una eredità così importante! Con Geppy, che non conoscevo personalmente prima di questo lavoro, ci siamo incontrati nel terreno comune del teatro: grazie al suo modo “artigianale” di lavorare su ogni piccolo dettaglio del personaggio, prova dopo prova il suo Ernest è diventato il "mio" Ernest, senza tradire la sua idea ma anzi portandola in scena con la mia fisicità e le mie capacità. D'altre parte con Geppy abbiamo scoperto di aver condiviso anche altri personaggi: Mortimer di Arsenico e vecchi merletti, Valmont di Relazioni pericolose... evidentemente - nonostante la grande diversità di origini, formazione ed esperienze - qualcosa in comune abbiamo...
Lucia Poli torna nel ruolo di Lady Bracknell, una figura iconica: com’è stato costruire il rapporto scenico con lei?
Lucia è Lady Bracknell, e la porta in scena con una grazia e una ferocia rare. Con un’attrice come lei tutto viene facile: padroneggia il testo e le sue infinite trappole linguistiche con grande maestria. Duellare con lei a colpi di fioretto verbale è un vero piacere… Se non fossi in scena con Lucia, correrei a vederla tutte le sere.
C’è qualcosa che ha imparato da John Worthing che porterà con sé anche fuori dal palco?
John a tratti mi fa una grande tenerezza: non sa quali siano le sue origini e chi siano i suoi genitori, è stato trovato neonato dentro una borsa, non sa neanche quale sia il suo nome e ciononostante vive la sua vita con leggerezza e ottimismo… almeno fino a quando non viene messo di fronte alla dura realtà delle convenzioni sociali. Malgrado le continue umiliazioni di Lady Bracknell, che arriva a paragonarlo a un pacco postale, sente di avere un’identità e una personalità al di là del proprio nome o titolo e, in un certo senso, diventa così un modello da imitare.
Se potesse descrivere questa esperienza teatrale con tre parole, quali sceglierebbe?
Frenetica, ingarbugliata, divertente. Anzi, divertente lo metterei per primo.
SALA UMBERTO
Via della Mercede, 50, 00187 Roma - prenotazioni@salaumberto.com
Mar21/10 20:30
Mer22/10 20:30
Gio23/10 19:00
Sab25/10 16:00
Dom26/10 16:00
Mar28/10 20:30
Mer29/10 19:00
Gio30/10 20:30
Ven31/10 20:30
Sab01/11 16:00
Dom02/11 16:00
prezzo biglietto da 34€ a 22€
disponibili su www.salaumberto.com - www.ticketone.it