“La fine della speranza è l’inizio della morte.” – Charles de Gaulle
Un Paese senza guida
La Francia vive oggi una delle sue stagioni più nere e drammatiche. Non si tratta di una crisi passeggera né di un incidente di percorso: è il risultato diretto di un uomo che trasforma la presidenza della Repubblica in un palcoscenico personale, ignorando il popolo e svuotando le istituzioni. Emmanuel Macron, dopo anni di arroganza, improvvisazione e scelte politiche miopi e dannose, si ritrova isolato, delegittimato e ridotto a una caricatura del presidente che voleva incarnare.
La caduta del quarto governo in meno di un anno non è un dettaglio tecnico o parlamentare: è il simbolo di un fallimento politico e personale senza precedenti. Macron non è più il presidente del rinnovamento, non è più il giovane leader che promette modernità e stabilità. È diventato l’uomo che riporta la Francia agli incubi della Quarta Repubblica, stagione di instabilità che la storia aveva archiviato e che lui riesce incredibilmente a far rivivere.
Il fantasma della Quarta Repubblica
Per comprendere la gravità della situazione bisogna ricordare la Quarta Repubblica francese (1946-1958). In dodici anni si succedono 24 governi, incapaci di durare più di pochi mesi. Le lotte tra partiti paralizzano il Paese, impediscono decisioni forti su ricostruzione economica, politica estera e decolonizzazione. È un sistema che crolla sotto il peso della propria instabilità cronica.
Per porre fine a quel caos, Charles de Gaulle fonda la Quinta Repubblica nel 1958: rafforza i poteri del presidente, restituisce autorevolezza allo Stato e offre alla Francia una guida stabile. È la fine di un’epoca di impotenza politica.
Eppure oggi Macron tradisce lo spirito della Quinta Repubblica. Non è il sistema a essere fragile: è lui che lo svuota. Non sono le istituzioni a cedere: è lui che le indebolisce con la sua arroganza e incapacità di mediazione. In meno di un anno cade il suo quarto governo, come se decenni di riforme e di stabilità non fossero mai esistiti.
La differenza con la Quarta Repubblica è abissale: allora l’instabilità nasceva da un sistema debole; oggi nasce da un presidente che ha tutti gli strumenti per governare, ma li spreca per orgoglio e vanità. Macron non subisce il destino della storia: lo ricrea con le proprie mani, trasformando la Quinta Repubblica in una caricatura della Quarta.
L’illusione del monarca repubblicano
Il vero problema di Macron non è solo politico: è caratteriale. Governa convinto di essere un monarca repubblicano, superiore a mediazioni e compromessi. Ogni critica la percepisce come un attacco personale, ogni proposta alternativa come un affronto.
Macron non negozia, imporre è la sua regola. Non ascolta, decreta. Non guida, pretende. La sua idea di presidenza è quella di un uomo solo al comando che confonde l’autorità con l’autoritarismo.
Così le istituzioni si riducono a strumenti nelle sue mani. Il Parlamento diventa un notaio delle sue decisioni, i governi pedine sacrificabili, i ministri comparse. La Quinta Repubblica nasce per dare forza al presidente, ma Macron la stravolge, trasformandola in un regime personale senza prospettiva.
Scelte sbagliate e conseguenze devastanti
Il fallimento di Macron non è astratto: si vede nelle sue decisioni concrete.
Tagli impopolari che colpiscono soprattutto ceti medi e bassi, caricando sempre sugli stessi il peso della crisi.
Riforme improvvisate, senza ascolto del Parlamento né delle parti sociali.
Nomine deboli, governi di breve durata, ministri scelti per fedeltà e non competenza.
Gestione autoritaria delle proteste, con piazze represse e cittadini trattati come nemici.
Il colpo più grave arriva con il piano di bilancio da 43,8 miliardi di euro, compresa la proposta di eliminare alcune festività bancarie. Una misura che Macron giustifica come necessaria per aumentare produttività e ridurre i costi, ma che rivela la sua totale distanza dalla realtà sociale.
Le festività bancarie non sono solo giorni di chiusura delle banche: sono simboli di memoria collettiva, momenti di identità nazionale, spazi di respiro sociale. Cancellarle significa colpire diritti acquisiti e tradizioni consolidate. È un gesto di freddezza tecnocratica, che trasforma il presidente in nemico del popolo.
La protesta sociale e l’esasperazione dei cittadini
La Francia oggi non protesta solo per tagli economici: protesta contro la mancanza di rispetto, ascolto e leadership. Scioperi, manifestazioni, blocchi nei trasporti e settori strategici mostrano un Paese esausto e indignato.
I cittadini percepiscono Macron come inaccessibile e distante, incapace di comprendere la loro vita quotidiana. Le strade si riempiono di rabbia, le piazze diventano simbolo di un popolo che non si riconosce più nella sua presidenza. Ogni nuova misura, ogni decreto, alimenta il malcontento invece di risolvere i problemi.
Non sorprende che il Parlamento lo sfiduci con numeri schiaccianti. Non sorprende che le piazze esplodano. Macron appare come un presidente che governa contro il popolo e non per il popolo.
Macron contro la Francia
Il dramma più grande è che Macron non rappresenta più i francesi. Non dà voce alle loro paure, non interpreta le loro aspirazioni, non difende i loro diritti: li ignora.
Così i cittadini lo percepiscono non come un leader, ma come un ostacolo. Ogni suo intervento genera rabbia, ogni sua decisione aumenta la sfiducia, ogni gesto accresce la distanza tra istituzioni e società.
Un presidente che perde il popolo non è più un presidente: è un uomo solo che resiste, parla e nessuno ascolta, ordina e nessuno obbedisce, simbolo di una presidenza che non guida ma paralizza.
La Francia paralizzata
Le conseguenze sono devastanti. La Francia è un Paese paralizzato: governi che cadono, riforme bloccate, istituzioni delegittimate. Le piazze esplodono di rabbia, i sindacati si mobilitano, i settori strategici entrano in sciopero.
Sul piano internazionale la situazione non cambia. L’Europa osserva la Francia non più come locomotiva, ma come vagone zavorrato. Invece di essere motore dell’integrazione, diventa un problema da gestire.
Nel mondo, Macron perde credibilità. Non è in grado di incidere sulle grandi sfide: guerre, crisi energetiche, rapporti con le potenze globali. Non perché la Francia sia irrilevante, ma perché il suo presidente è debole e isolato.
Il peggior presidente francese dalla Quarta Repubblica
La storia giudica i presidenti non solo per gli eventi che affrontano, ma per come li affrontano. Macron aveva tutte le carte in regola per lasciare un segno positivo: istituzioni solide, un Paese centrale in Europa, strumenti per guidare la modernità. Eppure, ha sprecato tutto.
Non solo non risolve i problemi, li aggrava. Non solo non unisce, divide. Non solo non rafforza la presidenza, la svuota.
Per questo oggi Macron merita il titolo di peggior presidente francese dalla Quarta Repubblica a oggi. Non perché i tempi siano più duri che in passato, ma perché lui non sa usare il potere che ha. Lo trasforma in strumento personale, in teatro narcisistico, in arma contro il popolo.
Se la Quarta Repubblica cade per un sistema fragile, la Quinta oggi vacilla per un uomo fragile, che confonde il comando con la guida e la forza con l’arroganza.
Conclusione: la Francia merita di meglio
La Francia non merita un presidente così distante. Non merita di essere riportata indietro di sessant’anni. Non merita di vivere sotto un capo di Stato che non protegge, non guida, non ascolta.
Macron sopravvive, resiste, cerca di non affondare. Ma questa non è politica: è accanimento personale. Un presidente non deve sopravvivere a se stesso: deve dare speranza a un popolo, deve costruire futuro. Macron non costruisce nulla. Macron paralizza. Macron divide.
Resterà nella storia non come il presidente che modernizza, ma come quello che isola, non come il leader che innova, ma come quello che distrugge, non come l’uomo che rafforza la Quinta Repubblica, ma come quello che la riduce a un fantasma della Quarta.
La Francia merita di meglio. Macron non lo capisce. Ma i francesi, presto, glielo ricorderanno.
Carlo Di Stanislao