«Nel 2000, quando è nato il progetto del Presidio, l'obiettivo era proporre una direzione diversa rispetto all'agricoltura su larga scala, garantendo redditività a piccoli produttori impegnati nella tutela della biodiversità. Nel tempo il progetto è diventato un laboratorio da cui sono emersi i temi cruciali di Slow Food, a cominciare dall’agroecologia» ha dichiarato Cristiana Peano, Università degli Studi di Torino - Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari - DISAFA.
«Gli oltre duemila produttori dei Presìdi rappresentano un bel pezzo di territorio italiano e hanno il diritto di sapere che stanno contribuendo a contrastare la crisi climatica, a custodire il territorio e la storia. Questi 2000 produttori lavorano per tutti noi, perché la crisi climatica non ha confini né limiti» ha sottolineato Francesco Sottile, Università degli Studi di Palermo - Dipartimento di Architettura.
«Da oltre vent’anni Berlucchi e Slow Food condividono valori e obiettivi comuni: la salvaguardia delle tradizioni agroalimentari, la tutela della biodiversità e la promozione di un modello di sviluppo sostenibile. Lo pratichiamo con il nostro lavoro quotidiano in azienda e lo dimostriamo anche sostenendo l’attività di monitoraggio dei Presìdi oggi. Siamo felici di aver collaborato con Slow Food ancora una volta e di aver contribuito così a valorizzare un pezzo di storia italiana» ha dichiarato Cristina Ziliani dell’azienda Guido Berlucchi.
Insieme a Rosanna Di Pietro, Presidio Slow Food della cipolla di Giarratana e a David Orlandi del prosciutto del Casentino, ha partecipato alla conferenza, Paolo Ciapparelli, rappresentante del Presidio dello Storico Ribelle: «Ho creduto fermamente in questo progetto, e ho difeso l’alpeggio e l’erba, nel momento più duro. Quando è nata la Dop del Bitto, ha puntato sulla quantità, allargando la zona di origine, e consentendo l’uso di mangimi e fermenti. Abbiamo rischiato di perdere tutto, ma abbiamo resistito. Insieme a Slow Food, abbiamo compattato i 15 produttori che lavoravano in malga, abbiamo cambiato nome - oggi il nostro formaggio si chiama Storico Ribelle - e abbiamo salvato un valore immenso. Il prezzo del prodotto è triplicato, ma soprattutto è grazie al Presidio se esistono ancora pascoli in valle, se non si è perso un patrimonio di storia e di cultura ». La conferenza è stata l’occasione per ricordare Alfio Sassella, il giovane caricatore d’alpe dello Storico ribelle mancato recentemente. In sua memoria, Slow Food Lombardia ha finanziato una borsa di studio che permetterà a un giovane di frequentare un Master la Scuola di perfezionamento per la pastorizia estensiva di Calascio (in provincia de L’Aquila).
Il monitoraggio ha coinvolto un campione significativo per quantità e varietà di produzioni, appartenenti a tre diverse categorie merceologiche: 47 prodotti vegetali, 21 formaggi e 14 salumi. Anche il numero dei soggetti coinvolti da questi Presìdi è elevato: 621 produttori, il 29% del totale. In questo campione spiccano, tra gli altri, i risultati riconducibili al coinvolgimento di giovani e donne.
I Presìdi Slow Food guardano al futuro
A discapito del fatto che l’Italia sia il paese più vecchio dell’Unione europea, con un andamento demografico ancora più critico nelle aree rurali, il 27% dei produttori dei Presìdi ha meno di 40 anni. Il dato più elevato riguarda i formaggi, con il 39% delle aziende guidate da giovani. Ma non si tratta solo di un aspetto quantitativo: i giovani dei Presìdi vedono nei mestieri legati alla terra un modo per sintonizzarsi con i ritmi della natura, costruire benessere e relazioni positive. Hanno alle spalle percorsi di studio e portano all’interno dei Presìdi una maggiore sensibilità ecologista, spirito comunitario, innovazione sociale e tecnologica.
Donne e Presìdi Slow Food
Fra i 621 produttori coinvolti nello studio, le donne sono 213. La percentuale più interessante riguarda l’ambito caseario: filiera chiusa, quindi dall’allevamento e gestione dei pascoli alla trasformazione del latte. È un dato rilevante perché la pastorizia, storicamente, è appannaggio degli uomini; in molti casi associata a sistemi patriarcali. Donne-protagoniste e controcorrente, che sono riuscite a ritagliarsi il loro spazio e che hanno adattato questo mestiere alla specificità del genere femminile. Allevano, gestiscono fattorie, fanno formaggio, vendono direttamente e spesso sono impegnate nelle attività educative dell’azienda.
Alla base di tutto, comunità e relazioni
Il tema della comunità è un aspetto fondamentale nel percorso dei Presìdi. Alcuni progetti sono particolarmente emblematici di questo aspetto, è il caso del fagiolo rosso di Lucca, che ha contribuito a dare vita a una rete internazionale che riunisce coltivatori e difensori della biodiversità dei legumi (Slow Beans).
Proprio dai Presìdi, inoltre, è nato un progetto di solidarietà e impegno a favore della biodiversità che mette insieme produttori e ristorazione: l’Alleanza Slow Food dei cuochi. numero dei produttori, non corrisponde necessariamente una riduzione delle superfici coltivate e delle quantità prodotte.
Prezzi e mercati
Nel 56% dei casi la remuneratività delle produzioni è aumentata, mentre nessun produttore ha sperimentato una riduzione. L’ampliamento dei mercati a livello regionale e nazionale è stato sostenuto anche da una buona diversificazione: eventi locali e nazionali, Mercati della Terra, gruppi di acquisto solidale, reti di ristoratori e negozi specializzati. Allargamento dei mercati confermato anche da Alessandro De Conto, responsabile commerciale Valsana, che ha scelto di distribuire, ma prima ancora di conoscere, raccontare e promuovere, molti Presìdi Slow Food.
Preservare il paesaggio
Nel 67% dei casi i Presìdi contribuiscono a conservare un paesaggio rurale di particolare valore (giardini, frutteti storici, piante millenarie, sentieri, tratturi). In particolare, per i Presìdi caseari, che, prevedendo il pascolo degli animali, favoriscono la conservazione e la buona gestione dei paesaggi prativi montani e di alta collina.
Più del 90% dei produttori ha ridotto l’impiego di concimi chimici di sintesi, mentre oltre il 60% ha scelto di orientarsi verso pratiche di fertilizzazione organica. Anche qui, è estremamente significativo l’esito del monitoraggio sui Presìdi caseari: il 90% dei Presìdi caseari prevede la cura di prati stabili; l’86% dichiara di allevare razze locali, quelle più adatte al pascolo e a contesti ambientali difficili e impervi; l’81% contribuisce - con la sola presenza - alla conservazione di un paesaggio rurale (pascolo, sentieri, tratturi, sottobosco gestito). Il 67% garantisce ai propri animali spazi maggiori in stalla rispetto a quelli previsti dalle normative.