"La misura di una civiltà si vede da come tratta i più deboli." – Mahatma Gandhi
Il 13 agosto 2025, il mare di Lampedusa ha inghiottito ancora una volta speranze, sogni e vite. Due imbarcazioni sovraffollate, partite dalla Libia e dalla Tunisia, si sono capovolte a circa 14 miglia dall’isola, portando alla morte 27 persone, tra cui una neonata e tre adolescenti, e lasciando almeno 10 dispersi. I superstiti, circa 60 persone, sono stati soccorsi e trasportati all'Hotspot di Contrada Imbriacola, dove hanno ricevuto assistenza medica, psicologica e un primo conforto umano.
Tra le vittime c'è Fatima, una madre somala che ha perso il figlio di un anno e mezzo e il marito tra le onde. "Li tenevo stretti in braccio, poi li ho persi", racconta con la voce spezzata dal dolore. Accanto a lei, Hassan, un giovane pakistano, ha visto il fratello scomparire mentre cercava disperatamente di salvarlo. "Ho visto il suo volto per l'ultima volta mentre lo afferravo, poi è sparito", dice, mentre gli occhi riflettono la tragedia vissuta. Queste storie umane mettono in luce la fragilità della vita di chi affronta il mare in condizioni disperate e la drammatica insufficienza delle misure di prevenzione adottate dalle autorità.
Il fallimento delle politiche migratorie italiane
Il governo Meloni ha promosso l’“hub in Albania” come soluzione principale per gestire i flussi migratori, presentandolo come un modo per ridurre le partenze e organizzare l’accoglienza. Tuttavia, la realtà ha mostrato numerosi limiti: la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha bocciato l’accordo Italia-Albania, sottolineando che la designazione di un paese come “sicuro” non può prescindere da un controllo giuridico effettivo e trasparente. Il centro in Albania è rimasto vuoto e inutilizzato, con costi elevati per lo Stato e senza una reale funzionalità. Le politiche di esternalizzazione e deterrenza, inoltre, non hanno ridotto le partenze via mare: le persone continuano a rischiare la vita spinti dalla disperazione, dimostrando che le dichiarazioni di “controllo dei flussi” e “soluzioni strutturate” sono puramente simboliche, incapaci di proteggere vite reali.
I problemi strutturali dell’Italia
L’Italia affronta problemi gravi e strutturali, che rendono ancora più difficile affrontare emergenze come quella di Lampedusa e garantire un futuro dignitoso a tutti i cittadini e chi cerca aiuto: disoccupazione diffusa, salari bassi, fuga di cervelli, infrastrutture obsolete, rete internet insufficiente, tutela del patrimonio naturale e culturale carente, scuole e sanità in difficoltà, sicurezza sul lavoro insufficiente, tutela delle donne con codici rossi che spesso non bastano, femminicidi continui, braccialetti elettronici non funzionanti, crisi idrogeologica lasciata senza soluzioni, e la difficoltà di offrire un’accoglienza vera e integrata a chi chiede aiuto e non lo riceve. Tutti questi problemi mostrano quanto sia urgente una strategia complessiva e concreta, che non si limiti a interventi simbolici o temporanei.
Confronto con i governi precedenti
Rispetto ai governi precedenti, le politiche attuali si caratterizzano per maggiore durezza e minore attenzione ai diritti umani. L’obiettivo sembra più quello di mostrare fermezza e deterrenza che garantire sicurezza e dignità alle persone. In passato, i governi avevano cercato di conciliare sicurezza e accoglienza, promuovendo corridoi umanitari e collaborando con ONG. Oggi, invece, l’esternalizzazione e l’“hub” in Albania dimostrano una preferenza preoccupante per l’immagine piuttosto che per la protezione delle vite.
Le politiche migratorie in Europa
In Europa, le politiche migratorie sono molto diverse tra i paesi. Germania e Francia continuano a mantenere politiche inclusive, offrendo programmi di integrazione e assistenza concreta ai rifugiati. Ungheria e Polonia, invece, adottano misure drastiche e restrittive, chiudendo i confini e ignorando spesso le garanzie minime dei diritti umani. L’Italia, con le scelte attuali, si avvicina ai paesi più restrittivi, mettendo a rischio la propria reputazione internazionale e ignorando la responsabilità morale nei confronti dei migranti.
Conclusioni
Le tragedie come quella di Lampedusa non sono incidenti isolati, ma il risultato di politiche fallimentari e disumane. Ogni vita persa è un monito: non si può delegare la responsabilità alle procedure o agli accordi esterni senza affrontare il problema umano alla radice.
Non possiamo accogliere tutti, ma non possiamo neanche lasciarli morire a un passo dalle nostre coste. Altrimenti, quale differenza fra noi e Israele?
È urgente un cambiamento di rotta, che metta al centro:
- Dignità umana
- Rispetto dei diritti fondamentali
- Solidarietà internazionale
Solo così l’Europa potrà davvero essere una casa comune per tutti, dove nessuno debba più rischiare la vita in mare per cercare sicurezza e speranza.
Carlo Di Stanislao