È con profonda rabbia, sconcerto e totale incredulità che assistiamo all’ennesima decisione del governo Meloni: l’introduzione della nuova tassa sugli extra-profitti energetici, una misura che rappresenta un vero e proprio colpo basso ai danni dei cittadini italiani, già gravati da un peso fiscale che non ha paragoni in Europa.
Secondo i dati più recenti dell’OCSE, in Italia il peso fiscale medio sul reddito lordo supera ormai il 44%, un livello che ci colloca tra i Paesi con la pressione tributaria più alta del continente. Questo significa che quasi la metà di ciò che un lavoratore guadagna viene sottratto dallo Stato attraverso tasse e contributi, senza contare imposte indirette e altri balzelli che si aggiungono quotidianamente.
Eppure, nonostante questo immenso sacrificio fiscale, i servizi pubblici offerti in Italia spesso risultano essere al livello di un Paese del terzo mondo. Scuole fatiscenti e mal gestite, ospedali sovraffollati e carenti di personale, trasporti pubblici inadeguati e una burocrazia lenta, macchinosa e vessatoria sono solo alcuni esempi di un sistema che fallisce nel garantire ai cittadini il minimo di dignità e efficienza.
Nel confronto con altri Paesi europei, come Germania, Francia o Scandinavia, l’Italia mostra una realtà drammatica: pressione fiscale più alta ma servizi di qualità inferiore. Mentre altrove i cittadini possono contare su infrastrutture moderne, assistenza sanitaria efficiente e istruzione di livello, da noi si continua a pagare di più per avere molto meno.
E proprio in questo contesto il governo Meloni sceglie di imporre un’ulteriore tassa sugli extra-profitti energetici, colpendo imprese che hanno registrato guadagni straordinari a causa della volatilità del mercato e delle speculazioni finanziarie. Ma, come spesso accade, il vero costo di questa tassa sarà sostenuto da chi consuma energia: famiglie, lavoratori e imprese, cioè da tutti noi.
Le conseguenze per le famiglie saranno devastanti. In un Paese dove già oggi la spesa per le bollette energetiche può assorbire fino al 15% del reddito disponibile, questa nuova tassa rischia di far esplodere ulteriormente i costi, spingendo molte famiglie verso situazioni di grave difficoltà economica e sociale.
Anche le piccole e medie imprese, cuore pulsante dell’economia italiana, saranno duramente colpite. Per molte di esse l’energia rappresenta una voce di costo fondamentale, e l’aumento delle tariffe rischia di compromettere la loro competitività e persino la loro sopravvivenza. Questo si tradurrà inevitabilmente in licenziamenti, chiusure e aumento della disoccupazione, con un effetto domino che colpirà l’intera economia nazionale.
Settori strategici come l’agricoltura, la manifattura e i trasporti subiranno un duro colpo. I costi aggiuntivi per l’energia peseranno sulla produzione, rendendo più difficile competere sia sui mercati nazionali che su quelli internazionali. Il risultato sarà una crescita economica ulteriormente rallentata, con conseguenze negative per tutti.
Inoltre, questa tassa rischia di bloccare o rallentare la tanto attesa transizione ecologica. Le aziende, già gravate da un carico fiscale pesantissimo e da un sistema burocratico paralizzante, potrebbero essere scoraggiate a investire in fonti di energia rinnovabile e tecnologie sostenibili, proprio nel momento in cui l’Europa e il mondo intero stanno puntando con decisione su questi settori.
Il governo Meloni continua a giustificare questa tassa come un atto di giustizia sociale, destinato a finanziare interventi a sostegno delle fasce più deboli della popolazione. Ma la storia recente ci insegna che queste promesse sono spesso vuote illusioni, e che le risorse raccolte finiscono per sparire in un sistema che si mostra incapace di erogare aiuti concreti e tempestivi.
Paghiamo tasse altissime e riceviamo servizi scadenti, un paradosso intollerabile che rappresenta un insulto alla dignità di milioni di italiani che ogni giorno si impegnano con fatica e onestà per mantenere in piedi il Paese.
La nuova tassa sugli extra-profitti energetici non è altro che un modo per tappare i buchi di un bilancio pubblico malgestito, scaricando ulteriormente il peso su chi ha già poco. È una scelta miope, che non guarda al futuro, ma solo al breve termine, alimentando rabbia e sfiducia verso le istituzioni.
Se davvero si vuole aiutare l’Italia, bisogna avviare una vera riforma fiscale che riduca il carico su famiglie e imprese, elimini sprechi e inefficienze, combatta corruzione e mala gestione, e investa seriamente in infrastrutture moderne, innovazione e sviluppo sostenibile.
Ma il governo preferisce la scorciatoia più facile e dannosa: aumentare le tasse, peggiorare la qualità della vita e minare ulteriormente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
È ora di dire basta. Basta con le tasse inutili, basta con i servizi da terzo mondo, basta con un’Italia che paga troppo e riceve troppo poco! La protesta deve crescere, la voce dei cittadini deve farsi sentire forte e chiara. Perché l’Italia merita di meglio, molto meglio.
Carlo Di Stanislao