di Giovanni Zambito - Si è appena concluso a Roma il Giubileo dei Giovani, uno degli eventi più attesi e partecipati dell’anno santo 2025, che ha riunito oltre 500.000 pellegrini da 146 Paesi. In questa cornice straordinaria, tra spiritualità, festa e condivisione, i The Sun sono tornati a calcare un palco che conoscono bene, quello di Tor Vergata, dove il 2 agosto si sono esibiti poco prima della Veglia e della Messa con Papa Leone XIV.
La band vicentina, da anni punto di riferimento nella scena del rock di ispirazione cristiana, ha vissuto nelle ultime settimane un periodo denso di emozioni e riconoscimenti: a giugno l’incontro privato con il Santo Padre, evento unico che ha fatto dei The Sun la prima band ad essere ricevuta ufficialmente in udienza privata dal Papa; a luglio, la consacrazione artistica e spirituale ai Catholic Music Awards, dove hanno trionfato come Miglior Band, Miglior Canzone Italiana e Miglior Videoclip.
Una storia lunga oltre 25 anni, la loro, iniziata nei circuiti punk rock internazionali e profondamente trasformata da una crisi esistenziale e un cammino di fede che ha ridisegnato la loro missione musicale. Oggi i The Sun sono una voce potente e luminosa nel panorama musicale europeo, testimoni di una musica che non intrattiene soltanto, ma accompagna, interroga e apre al bene comune.
A Fattitaliani raccontano le emozioni vissute durante il Giubileo, l’impatto dell’incontro con Papa Leone XIV, la genesi del nuovo singolo “La via dell’amore”, e il senso profondo di un percorso artistico fatto di coerenza, amicizia e rinascita.
Com’è stato tornare a Roma per suonare davanti a centinaia di migliaia di giovani pellegrini durante il Giubileo?
Tornare a Roma per salire sul palco principale del Giubileo dei Giovani è stata un’emozione travolgente: abbiamo percepito un’ondata di gioia e gratitudine che ci ha attraversato il cuore. Vedere centinaia di migliaia di giovani uniti cantare e ballare sulle nostre canzoni conferma che la musica, quando arriva dal profondo, incoraggia, dona speranza e accende la gioia di stare insieme. Ringraziamo di cuore le migliaia di ragazzi che hanno cantato sulle nostre canzoni perché ci spingono a continuare nel nostro percorso controcorrente.
Che emozione avete provato salendo sul palco di Tor Vergata, poco prima della veglia con Papa Leone XIV? Cosa sperate che i giovani si siano portati a casa dalla vostra esibizione?
“Salire sul palco di Tor Vergata, prima della veglia con Papa Leone XIV, è stata un’esperienza unica di responsabilità e gratitudine. Quel momento ci ha riempiti ancor più di consapevolezza del dono che stiamo vivendo. Noi The Sun, attraverso le nostre canzoni e iniziative, trasmettiamo un messaggio di speranza e coraggio: ci auguriamo che i giovani si portino a casa la certezza di sentirsi amati e “presi per mano”, pronti a vivere la propria chiamata alla vita con fiducia, senza farsi fregare dalla dittatura dell'algoritmo. Il nostro desiderio più grande è che tornino alle loro comunità con il cuore pieno di gioia e libertà ritrovata, pronti a essere luce e testimoni concreti di un modo diverso di vivere.”
Avete già vissuto un momento storico a giugno con l’udienza privata dal Papa. Cosa vi portate dentro da quell’incontro?
“L’udienza privata con Papa Leone XIV è stata un’esperienza che ci ha segnato profondamente. Anche ieri siamo stati ricevuti nuovamente in udienza privata da lui nella Sala Clementina: sentire il suo sguardo semplice ma intenso fa comprendere la vera misura del nostro servizio. È stato un abbraccio di Chiesa, un invito alla semplicità e all’umiltà, e insieme alla gioia piena, che ci ha ricordato perché abbiamo scelto di trasformare la nostra musica in strumento di speranza a servizio del bene comune. Da questi due incontri a distanza di poche settimane, portiamo con noi la consapevolezza che, come artisti, abbiamo un compito che va molto oltre il semplice intrattenimento: accendere un desiderio di verità e pace nei cuori di chi ascolta è una missione da vivere fino in fondo.
Durante i Catholic Music Awards siete stati premiati come Miglior Band e Miglior Canzone Italiana. Cosa significa per voi questo riconoscimento, anche a livello spirituale?
Essere premiati come Miglior Band, Miglior Canzone Italiana (“Un buon motivo per vivere”) e Miglior Videoclip (“Appunti verso la fine del mondo”) ai Catholic Music Awards è per noi un riconoscimento molto significativo: non è semplicemente un premio, ma la conferma di un cammino fatto di scelte costanti e controcorrente che dura da anni. A livello spirituale, poi, questo traguardo ci spinge a puntare sempre al meglio nei contenuti che proponiamo, sapendo di poter contare anche su tantissime persone che ci sostengono con la loro preghiera e la loro amicizia. È un dono che condividiamo con chiunque ci ascolta, con ogni comunità che accoglie i nostri brani come eco di un amore che non ha confini”.
Nel vostro percorso musicale, dalla svolta del 2008 a oggi, quanto è cambiato il modo in cui vivete la musica e i concerti?
“Dal 2008, quando ho scelto di cantare in italiano e di trasformare la nostra musica in strumento di speranza, tutto è cambiato: oggi ogni live è una vera e propria esperienza di comunità e di incontro, un momento in cui sentiamo forte la responsabilità di portare un messaggio di speranza e autenticità. Questa svolta ha inciso sul modo in cui ci prepariamo e ci poniamo sul palco: non siamo più “soli” a suonare, ma camminiamo “insieme” al pubblico, in un percorso di crescita, gioia e condivisione. I concerti non sono più solo semplici esibizioni musicali, ma ogni accordo e ogni parola vogliono toccare il cuore di chi ascolta per accendere in tutti il desiderio di vivere con coraggio la propria vocazione.
Avete avuto una storia intensa, fatta di crisi, rinascite, scelte coraggiose. Quanto è stato importante il cammino di fede in questa trasformazione?“La nostra storia è davvero segnata da crisi profonde, rinascite e scelte coraggiose: la svolta decisiva è arrivata proprio grazie al cammino di fede che ho intrapreso dalla fine del 2007. In quel periodo di eccessi la band era in crisi, i litigi e i problemi personali minacciavano di farci sciogliere nonostante il successo raggiunto. È stato l'incontro con Cristo (prima nella testimonianza di alcuni giovani, poi nella sua Parola e nella preghiera) a restituirci prima l’unità e poi una nuova ragione di esistere. La scelta di trasformare la nostra musica in strumento di pace a servizio del bene è stata una conseguenza del cammino intrapreso. Da quel “punto zero” spirituale è iniziata una rinascita artistica e umana: non avremmo mai potuto ricostruire la band se non avessimo messo la fede e l’amicizia al centro di ogni decisione. Quel cammino ci ha donato chiarezza di intenti e forza nelle difficoltà successive, permettendoci di trasformare ogni prova in opportunità. Oggi, quando saliamo sul palco, sappiamo di non suonare soltanto per intrattenere, ma di raccontare una storia di speranza che parla di conversione, amicizia ritrovata e di un Sole che illumina il nostro cammino e quello di chi ci ascolta”.
Ci raccontate com’è nato il nuovo singolo La via dell’amore? Quale messaggio volete trasmettere con questo brano?
“La Via dell’Amore” è un grande abbraccio. È nata mentre ero in viaggio in auto per andare al funerale di una persona cara a centinaia di km da me. Ascoltando il brano, nessuno assocerebbe questa canzone a un momento così, perché è un brano tanto fresco, gioioso, pacificante. Eppure, quando ci si confronta con la morte, il cuore si riempie di domande e ci si ascolta in modo particolare. E, dentro quell'ascolto, chi ci precede nell'esperienza del passaggio ci fa arrivare un messaggio che abbraccia l'intera nostra esistenza. Così è nata “La Via dell’Amore”, una canzone che permette di guardare la propria storia sotto una nuova luce, spezzando le eventuali catene del passato e farci camminare liberi... E felici!
Nel corso della vostra carriera avete condiviso il palco con band internazionali come Deep Purple e The Cure. Cosa avete imparato da quelle esperienze?
«Condividere il palco con giganti come Deep Purple e The Cure è stato per noi un’autentica scuola di rock e a suo modo di vita. Dai Deep Purple abbiamo appreso la semplicità e l'umiltà. Oltre all'evidenza che anche da anziani si può aver più energia di molti giovani. Ascoltare e vedere come un brano possa letteralmente “prendere fuoco” grazie a un riff azzeccato ci ha insegnato l’importanza della preparazione e della passione pura. I The Cure ci hanno mostrato il valore dell’onestà emotiva.
Dal punk rock al reggae pop, siete riusciti a evolvervi senza perdere autenticità. Quanto conta per voi la coerenza tra musica e valori?
“La maggior parte dei nostri brani sono rock, poi talvolta ci divertiamo a sperimentare sonorità e generi non propriamente "nostri". Per noi la coerenza tra musica e valori è il vero fondamento di ogni brano che suoniamo. Passiamo dal punk rock al reggae pop con grande libertà: il nostro percorso artistico è sempre nato da scelte autentiche, indifferenti alle mode del momento, dettate dal desiderio di raccontare noi stessi e la verità delle nostre esperienze. La spinta a mescolare generi è in qualche modo lo specchio del cammino di ricerca personale che si esprime anche nella musica. La coerenza non è mai stata un vincolo, bensì un’opportunità: solo rimanendo fedeli a noi stessi possiamo creare musica che non solo intrattiene, ma accompagna, ispira e trasforma chi ci ascolta.
Nel 2021 siete stati nominati ambasciatori di Save The Planet. Quanto è importante per voi unire musica e impegno civile/ecologico?
«Essere nominati “Colibrì d’Onore” e ambasciatori di Save The Planet nel 2021 è stato per noi un riconoscimento che va al cuore della nostra vocazione: non solo portare sul palco un rock solare e coinvolgente, ma fare della musica uno strumento concreto di sensibilizzazione e di cura del creato. Ogni nota può diventare un piccolo seme di cambiamento, capace di fiorire in gesti quotidiani a tutela del pianeta. Per i The Sun unire musica e impegno civile ed ecologico è un’esigenza “naturale”: la fede ci insegna che il creato è dono e responsabilità, e la nostra arte deve farsi veicolo di speranza anche su questo fronte. Abbiamo sperimentato come un brano come “Appunti verso la fine del mondo” possa aprire dialoghi sul tema della crisi climatica e animare campagne di sensibilizzazione, e dimostrare che la bellezza di una canzone può accendere anche coscienze che magari faticano ad avere fede, ma sono pronte a custodire la Terra.