Fattitaliani intervista Alessandro Fedrigo, direttore artistico di “Montello è Jazz: tra memoria e innovazione”

XYQuartet ElgotarBeng


di Giovanni Zambito - Il Montello torna a farsi palcoscenico di creatività e sperimentazione con la nuova edizione di Montello è Jazz, rassegna che intreccia musica, natura e arte. Dal 23 al 31 agosto 2025, sei concerti attraverseranno i Comuni di Crocetta del Montello, Giavera del Montello, Montebelluna, Nervesa della Battaglia e Volpago del Montello, trasformando ville, abbazie, parchi e cantine in luoghi di ascolto e scoperta.

Guidato dal direttore artistico Alessandro Fedrigo, il festival propone progetti originali e sonorità innovative, in cui la scrittura incontra l’improvvisazione e il paesaggio diventa parte integrante dell’esperienza. Non solo musica: Montello è Jazz valorizza anche le eccellenze locali, con il coinvolgimento di numerose cantine vinicole che rendono la rassegna un percorso sensoriale a tutto tondo.

Fattitaliani ha chiesto ad Alessandro Fedrigo di raccontarci come nasce e cresce questo progetto unico nel panorama italiano.

Direttore, come è nata l’idea di Montello è Jazz e in che modo il festival è cresciuto negli anni?
L’idea nasce dal desiderio di portare il jazz contemporaneo fuori dai circuiti abituali, costruendo un progetto calibrato sui luoghi del Montello. Oggi il festival è un percorso di sei concerti tra il 23 e il 31 agosto in cinque Comuni, con programmazioni pensate per corti, parchi, abbazie e ville storiche: da Villa Wassermann e Villa Pontello alla Cantina Barchessa Loredan, dal Parco di Villa Correr Pisani all’Abbazia di Sant’Eustachio. È cresciuto perché ha unito cura artistica e relazione con comunità e partner locali, alternando debutti, prime presentazioni e ritorni attesi.

Il Montello è un territorio ricco di storia e natura: quanto ha inciso questo paesaggio sull’identità della rassegna?
Qui il paesaggio non è una semplice cornice: è parte dell’opera. Scegliamo spazi, orari e formati che favoriscono l’ascolto e la prossimità, valorizzando acustiche naturali e dimensioni raccolte. La storia del Montello e i suoi paesaggi entrano nelle scelte artistiche e nelle modalità di fruizione: ogni concerto diventa anche un invito alla scoperta del territorio e al suo rispetto.

In che cosa si distingue questo festival dagli altri appuntamenti jazz del panorama italiano?
Per la vocazione e l’attenzione ai progetti originali: non una passerella di nomi, ma un ambiente di scoperta in cui musica e luogo determinano l’esperienza. La collaborazione con realtà locali (come le cantine del territorio) e l’accessibilità (biglietti popolari, orario condiviso delle 21.00) consolidano un’identità riconoscibile.

L’edizione 2025 propone progetti originali e sonorità innovative: qual è stato il criterio principale con cui ha scelto gli artisti e i repertori?
Ho cercato musiche necessarie: scrittura forte, personalità e una relazione chiara con i luoghi. L’innovazione non è un fine, ma il risultato di una visione: si vede nella ricerca linguistica di XYQuartet con “Lexycon”, nel racconto per immagini sonore del trio di Luca Falomi (“Naviganti e sognatori”), e nella drammaturgia musicale di Nicoletta Taricani (“Memorie – Ritratto in musica”). Linguaggi diversi, un’unica coerenza curatoriale.

Quest’anno si spazia da omaggi a figure come Letizia Battaglia fino a progetti di sperimentazione come Lexycon dell’XYQuartet: come convivono memoria, impegno civile e ricerca sonora nella stessa rassegna?
Convivono perché nascono dalla stessa urgenza di interpretare il presente. L’omaggio a Letizia Battaglia mette al centro il valore della testimonianza; “Lexycon” indaga nuovi territori timbrici e semantici. Insieme aprono all’ascolto prospettive che tengono insieme memoria, responsabilità e futuro.


 

Quanto è importante per lei dare spazio alle nuove generazioni?
È un asse portante: un festival deve essere anche laboratorio. Per questo chiudiamo con Federico Nuti Quintet – “InFormal Setting”, in collaborazione con I-JAZZ / Nuova Generazione Jazz, accanto a formazioni di riferimento e a produzioni ad hoc. Così si alimenta il ricambio e si ampliano le chiavi di ascolto del pubblico.

Lei ha sottolineato che il festival vuole raccontare “quanto il jazz italiano sia vario, creativo e profondamente legato al territorio”: in che modo crede che il jazz riesca a dialogare con la tradizione veneta e con la comunità del Montello?
Il jazz nasce dall’incontro: qui dialoga con ville, abbazie, paesaggi agricoli e rete civica. La collaborazione con i Comuni del Montello e il coinvolgimento delle cantine (tra cui Barchessa Loredan, Giusti Wine, Montellini, Montelliana, Villa Sandi) mostrano come la musica possa restituire valore ai luoghi e, allo stesso tempo, rigenerarsi nel contatto con chi li abita.

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