Proscenio, Alessandra Barbonetti a Fattitaliani: Il teatro è un traghettatore di pensieri. L'intervista



di Giovanni Zambito - Una nuova settimana di appuntamenti al Tor Bella Monaca Teatro Festival. Stasera martedì 29 e domani  mercoledì 30 luglio (ore 21) in Sala Piccola va in scena ELETTRA, IL DRAMMA DELLE PRIORITÀ, spettacolo ispirato al mito di Elettra di e con Alessandra Barbonetti e la regia di Gabriele Namio. L'autrice e protagonista oggi risponde alle domande di "Proscenio", la rubrica di Fattitaliani.

In che cosa "Elettra, il dramma delle priorità" si contraddistingue rispetto ad altre versioni teatrali?

In primis parliamo di un monologo, quindi tutto ciò che concerne il conflitto dei personaggi sembra essere assente. Abbiamo solo il pensiero di Elettra, le sue idee e le sue impressioni su tutta la vicenda che ruota attorno alla morte del re Agamennone. Questo porta sicuramente il pubblico a fare uno sforzo in più nel cercare di capire che quella è solo la sua visione, e l’opinabilità di quest’ultima è in gran parte nelle loro mani. 

Poi sicuramente la chiave contemporanea ci porta ad un linguaggio molto spesso più esplicito, esageratamente sarcastico e volutamente maleducato, che presenta il personaggio di Elettra in tonalità più grottesche e sgradevoli alle volte rispetto a come ci viene presentato nei classici.

Quale linea di continuità, invece, porta avanti (se c'è)?

Sicuramente la vendetta è il fil rouge che lega questa versione al mito. Una vendetta che diventa unico obiettivo di vita, legato all’attesa del ritorno del fratello Oreste.

Com'è avvenuto il suo primo approccio al teatro? Racconti…

Il mio primo approccio al teatro risale ai tempi delle scuole elementari. Ero in quinta e quell’anno ci fecero fare un corso di teatro con un’associazione culturale della mia città. L’incontro con il palco è stata una delle esperienze più forti che avessi mai vissuto. Ricordo che sentire il pubblico ridere mi diede una carica di energia indescrivibile e scesa dal palco avevo il formicolio in tutte le mani, mi sentivo con i super poteri. Scelsi che avrei voluto sentirmi così per il resto della mia vita.

Quando si scrive un testo nuovo può capitare che i volti dei personaggi prendano man mano la fisionomia di attrici e attori precisi? In questo caso, ha immediatamente pensato a sé stessa?

Devo dire che l’incontro con questo personaggio non è stato tanto visivo, quanto più che altro caratteriale. Era la prima volta che mi cimentavo nella scrittura di un testo teatrale, e spontaneamente stavo scrivendo di un personaggio che avesse la mia stessa dialettica, il mio stesso senso dell’ironia e, perché no, i miei lati più malinconici. 

È successo anche che un incontro casuale abbia messo in moto l'ispirazione e la scrittura?

Mi succede spesso di sentire dei racconti, guardare delle persone per strada che prendono la mia curiosità, e vedere trasformarsi nella mia testa in scene. Molte volte raccolgo queste immagini e riesco a mutarle in storie, altre volte rimangono lì, come un piccolo sogno ad occhi aperti di cui sono l’unica spettatrice.

Per un autore teatrale qual è il più grande timore quando la regia è firmata da un'altra persona?

La paura più grande per me è sicuramente che vengano reinterpretate delle tematiche o delle intenzioni che vanno in contrasto con il messaggio che ho cercato di trasmettere. Tuttavia, un testo può essere pieno di infinite sfumature, alle volte sconosciute anche alle persone stesse che lo hanno scritto (almeno per me), quindi secondo la mia esperienza la regia esterna ha sempre arricchito di significato le mie parole, e di questo ne sono grata.

D'accordo con la seguente affermazione: "Il teatro è un gesto d'amore collettivo tra chi racconta e chi ascolta." di Ariane Mnouchkine? 

Assolutamente sì. Il teatro per me è sempre stato un traghettatore di pensieri, capace di accorciare le distanze tra esseri umani. Mi sento infinitamente fortunata a vivere di qualcosa che mi permetta costantemente di dare e ricevere, e vedere negli occhi delle persone la stessa voglia di accogliere e rimandare.


Il suo aforisma preferito sul teatro... o uno suo personale…

Credo che le parole del caro Maestro Gigi Proietti, tra tutte, sono quelle che più mi lasciano con un sorriso. “Benvenuti a teatro. Dove tutto è finto ma niente è falso.”

L'ultimo spettacolo visto a teatro ? 

Non ricordo con precisione quale è stato l’ultimo, ma non molto tempo fa ho visto “La buona novella” con Neri Marcorè. Sono cresciuta con mia madre che mi faceva ascoltare le musiche di Fabrizio De André e credo di non averne mai colto davvero il senso prima di quello spettacolo. Con estrema poesia e coralità quello spettacolo ha ripercorso le canzoni dell’album rendendo semplice e meraviglioso l’incontro con l’”Uomo” dietro la divinità.

Degli attori del passato chi vorrebbe come protagonisti ideali di un suo spettacolo? 

Sicuramente Anna Magnani, anche se non credo che riuscirei a sentirmi all’altezza della sua presenza. Per me è stata un’attrice di un’intensità unica, capace di portare con sé, in maniera del tutto naturale, una verità incomparabile.

Il miglior testo teatrale in assoluto qual è per lei?

Non ne ho uno più di altri. Sicuramente “Re Lear” di Shakespeare è sempre stato uno spettacolo del cuore. Vado un po’ a periodi e tendo a fissarmi con degli autori. Mi piacciono molto i drammaturghi contemporanei inglesi: “Orphans” di Dennis Kelly l’ho letto molte volte e ultimamente sto cercando di recuperare le opere di Duncan Macmillan, in particolar modo “People, Places & Things”. Ah, certamente “Rumori fuori scena”, rimarrà sempre un capolavoro.

La migliore critica che vorrebbe ricevere?

In generale, che sia da scrittrice o da attrice, se ci fosse qualcuno che il giorno dopo aver visto uno spettacolo mi dicesse “Sto ancora pensando a ieri, quelle parole, quello sguardo…" (con qualsiasi cosa gli abbia lasciato) , credo che mi sentirei di aver reso onore al teatro.

La peggiore critica che non vorrebbe mai ricevere?

“Non c’ho capito niente. Ma con quale diritto pensi di poter scrivere”. Un po’ drammatico, lo so, ma quando scrivo mi sento particolarmente vulnerabile.

Dopo la visione dello spettacolo, che cosa Le piacerebbe che il pubblico portasse con sé a casa?

Mi piacerebbe molto che la gente portasse a casa “la comprensione” nei confronti dell’altro. E’ un’opera questa dove ci sono indubbiamente tante decisioni sbagliate, che determinano la vita o la morte di altri (sia fisicamente che psicologicamente). E’ chiaro che chi fa del male, chi sbaglia in maniera decisiva, debba pagare, e su questo non ci sono giustificazioni che tengano. Tuttavia, provare a mettersi dall’altra parte, o cercare di capire senza giudizio, potrebbe farci rendere conto che nessuno nasce con un cartello sulla testa con su scritto “mostro”, e che tutti siamo alla mercè di possibili scelte sbagliate. La comprensione, intesa nel suo senso più ampio, potrebbe avvicinarci e se attuata in tempo, potrebbe anche evitare che tante tragedie si attuino.

C'è un passaggio, una scena che potrebbe sintetizzare in sé l'essenza e il significato di "Elettra, il dramma delle priorità"?

Credo che Elettra sia un personaggio vittima degli eventi, perenne spettatrice di ciò che la circonda, costretta a guardare senza mai poter agire da “protagonista”, e che quando prova a farlo non ha gli strumenti per attuare un’azione reale. Credo che “Eccomi qua, popolo di Micene, pronta per l’ennesima volta a vedere come qualcun altro si avvalga del privilegio di scegliere della mia vita al posto mio”, sia la battuta più sincera che la contraddistingue, l’essenza del suo vissuto.


LO SPETTACOLO

Sono passati ormai sette anni da quando Elettra è stata mandata via dal palazzo. Dieci anni da quando suo padre, Agamennone, fu assassinato ad opera di Clitemnestra, sua madre, ed Egisto, l’amante. Ora è tempo di vendetta e gli assassini devono morire. Attraverso un ironico rapporto con il pubblico da stand-up comedy, Elettra ripercorrerà le vicende della tragica storia della sua famiglia, scoprendosi intrappolata, suo malgrado, nella fragile tela del legame materno, ancora pieno di dolorosi dubbi, profonde ferite ed incancellabile amore.


“La messa in scena vede come unica protagonista Elettra e i suoi pensieri.


Non ci sono altri personaggi, anzi questi prendono vita solo tramite il ricordo e l’opinione che lei ha avuto in passato di loro. Il riadattamento del mito non tende tanto a focalizzarsi sugli atti e sulle azioni dei personaggi mitologici che ruotano intorno all’uccisione del re Agamennone, quanto al loro background psicologico visto dal solo punto di vista di Elettra. Pertanto non è importante la veridicità dei fatti narrati quanto il pensiero della protagonista in merito ad ognuno di loro.”_ annota il regista Gabriele Namio.


“L’unico obiettivo sembra essere quello della vendetta, come viene spesso raccontato nelle varie versioni del mito, da Sofocle ad Euripide o da Hofmannsthal a Yourcenar. Tuttavia, qui è solo un punto di partenza, che vede come viaggio un profondo esame di coscienza dove la protagonista si troverà davanti a delle nuove e deludenti realtà. Il focus registico ruota intorno a due punti cardine: il nucleo familiare e le priorità dell’essere umano. L’attenzione è tutta sulla parola, protagonista assoluta dello spettacolo. Da qui la decisione di evitare distrazioni musicali ed eventuali orpelli recitativi. La musica è presente nei tre momenti principali della drammaturgia: inizio, punto di svolta, fine. La scena è ricca di oggetti di uso quotidiano, ognuno dei quali rappresenta gli altri personaggi che correlano con Elettra il mito dal quale lo spettacolo prende spunto, e che inevitabilmente vengono trattati dalla protagonista con empatia e psicologia reali.”

Fattitaliani

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