Per fortuna ci sono le donne - anche nello sport

 


"La vera forza non è nella violenza, ma nella pazienza e nella costanza." Natalia Ginzburg

Nel 2025, parlare di sport femminile non è più un gesto di sensibilizzazione: è cronaca, è visione, è orgoglio. Le donne sono finalmente protagoniste, non per concessione ma per conquista, in ogni disciplina, in ogni angolo del mondo sportivo. Hanno riscritto regole, risposto al silenzio con i fatti, e guadagnato il rispetto senza doverlo chiedere. Non si tratta solo di talento o di record, ma di una diversa qualità del gesto: la disciplina paziente, la lucidità, il rigore. Questi tratti, spesso attribuiti per stereotipo al "maschile", oggi si riconoscono con forza nella pratica femminile dello sport.

La Nazionale Femminile di Calcio: il sogno che si fa progetto

Nel luglio 2025, la Nazionale italiana di calcio femminile raggiunge le semifinali del Campionato Europeo, dimostrando quanto il lavoro quotidiano, il gioco di squadra e la resilienza possano diventare protagonisti. La squadra, guidata da Andrea Soncin, ha superato le aspettative: non solo per i risultati, ma per il modo in cui li ha ottenuti. Pressing alto, possesso palla intelligente, leadership condivisa. Cristiana Girelli, Sara Gama, e le giovani nuove leve come Chiara Beccari e Arianna Caruso hanno mostrato che il calcio è anche una questione di equilibrio mentale e collettivo, non solo di centimetri e contrasti.

Il percorso fino alla semifinale non è stato semplice, ma ha acceso l’entusiasmo del pubblico, che ha finalmente iniziato a guardare le partite per il gioco, non per il genere. Si è vista in campo una femminilità atletica senza compromessi, capace di competere ad alti livelli senza imitare modelli maschili. È stata una rivoluzione silenziosa, ma profondissima. Una dimostrazione che la preparazione vale più del pregiudizio.

Jasmine Paolini: il coraggio del dettaglio

Nel tennis mondiale, il nome di Jasmine Paolini (foto wikipedia) risplende con una forza nuova. Dopo essere entrata nella top 10 del ranking WTA, ha affrontato il 2025 con grinta e una lucidità impressionante, raggiungendo le semifinali agli US Open e dimostrando di essere ormai una delle tenniste più rispettate del circuito. Ma la sua forza non sta solo nei risultati.

Paolini è piccola per gli standard del tennis moderno, ma il suo gioco è ricco, vario, mentale. Lavora sulla geometria del campo, sul controllo del ritmo, sulla capacità di leggere l’avversaria. Non cerca il colpo spettacolare, ma l’efficacia paziente. La sua grinta non è rabbiosa, ma intelligente. È la rappresentazione perfetta di quella disciplina interiore che distingue chi conosce il valore del lavoro quotidiano, del sacrificio silenzioso, dell’equilibrio psicologico.

È anche un simbolo di inclusione: origini miste, sorriso gentile, visione limpida. Rappresenta un’Italia che non si impone per forza, ma convince con contenuti. E che nello sport sa trovare non solo una forma di espressione, ma una via per affermare sé stessa.

Federica Brignone: la classe che sfida il tempo

A 34 anni, Federica Brignone continua a vincere. Nel 2025 ha collezionato nuove medaglie nella Coppa del Mondo di sci alpino, superando il traguardo degli 80 podi in carriera. E lo fa con una maturità che incanta. Mentre tanti atleti si ritirano, lei prosegue, serena e feroce allo stesso tempo, su piste che conosce come la sua anima.

Brignone è la dimostrazione che la longevità sportiva è frutto di rigore e ascolto del proprio corpo. Dietro ogni sua discesa c’è una squadra, certo, ma anche una testa lucida, un cuore che sa dosare, una mente che non si distrae. La sua femminilità è tutta nel gesto tecnico, nell’eleganza della traiettoria, nella pazienza con cui affronta ogni curva.

Ha anche preso posizione su temi importanti: la sostenibilità, l’ambiente, il ruolo della donna nello sport e nella società. Le sue parole hanno peso perché non cercano polemica, ma senso. Brignone è una guida che non urla, ma conduce. Con classe, con continuità, con una fiducia che nasce da dentro.

Liliana Ronchetti: la memoria che insegna

Tra i grandi ritorni di immagine del 2025, spicca quello di Liliana Ronchetti, leggendaria cestista degli anni '50 e '60, a cui è stata dedicata la serie TV Non me lo aspettavo. Una figura a lungo dimenticata, ma che torna a splendere come simbolo di un tempo in cui fare sport da donna significava sfidare le regole scritte e quelle non dette.

Ronchetti, attaccante instancabile e visionaria, ha inciso il suo nome nella storia con oltre 6000 punti segnati. Ma più di tutto, ha lasciato un’eredità di coraggio, di indipendenza, di gioco come forma di affermazione personale. La serie la racconta non solo come atleta, ma come donna complessa, ironica, scomoda, moderna.

Riscoprirla oggi significa capire che la storia dello sport femminile non è iniziata ieri, ma ha radici profonde, che chiedono di essere riconosciute. E che il futuro si costruisce anche guardando a chi, per prima, ha aperto la strada.

Lo sport come educazione del carattere

In tutte queste storie si riconosce un tratto comune: la capacità di affrontare la fatica con consapevolezza, senza scorciatoie. Le donne che stanno segnando lo sport italiano non sono eroine da copertina, ma professioniste lucide, preparate, solide. Hanno imparato – e insegnano – che la disciplina non è rigidità, ma scelta. Che il rigore non è punizione, ma costruzione. E che lo sport, quando è praticato con misura e passione, diventa una scuola di libertà e autocontrollo.

Maria Bacchetta
di Italo Nostromo, oggi medico

Mi hai insegnato a servire,
non per colpire forte
ma per cercare l’angolo dove l’altro ti aspetta. 

Con la racchetta stretta e le scarpe consumate
tracciavi linee invisibili tra il corpo e il pensiero,
dicendo:
“Lo sport è il tempo che dedichi a te stesso
senza cercare applausi,
ma ritmo.”

Oggi, tra corridoi bianchi e silenzi pesanti,
ricordo il tuo passo lento e deciso,
la pazienza con cui affrontavi ogni errore,
la calma con cui mi insegnavi a non mollare.

Non gridavi mai un punto,
né abbassavi lo sguardo alla sconfitta.
E quando la malattia bussa,
io gioco la mia partita
con ciò che tu mi hai dato:
un passo più calmo,
una domanda in più,
un silenzio che ascolta.

Tu, che mi hai fatto capire
che non si gioca per dimostrare,
si gioca per scoprire chi sei
mentre il tempo scorre lento,
e il coraggio si fa disciplina.

Ora, ogni volta che entro in ambulatorio,
porto con me la tua voce:
“Non si insegna a vincere,
si insegna a restare.”


Carlo Di Stanislao

Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top