di Carlo Di Stanislao
Che succede quando una giornata di sole si spezza all’improvviso? Quando la calma e la leggerezza di una domenica al mare vengono interrotte da una pioggia inattesa? In quei momenti sospesi si apre uno spazio diverso, un tempo che non si misura più solo col calendario, ma con le emozioni e le riflessioni. Partendo da un pomeriggio qualunque, da un libro che parla di antichità — La cultura visiva nel mondo greco e romano di Tonio Hölscher, da poco tradotto in italiano — nasce una narrazione che intreccia percezione, attesa e fuga. Una riflessione su cosa resta, su cosa cambia. Un racconto che si muove tra il saggio e il diario, tra l’osservare e il partecipare. Una piccola epifania estiva, sotto un ombrellone storto.
Il primo tuono arriva improvviso, un colpo sordo che si perde tra il fruscio delle onde. All’inizio nessuno ci fa caso. Poi un vento più freddo inizia a muovere la sabbia e a strappare qualche foglio di giornale. Infine, le prime gocce cadono larghe e pesanti. In pochi minuti la spiaggia si svuota: chi corre a ripararsi, chi cerca un riparo sotto tende o ombrelloni. I venditori ambulanti tirano fuori teli di plastica per coprire la merce, i bambini gridano e scappano. Ma io no, io resto.
Sono seduto sulla mia sdraio, sotto un ombrellone malconcio, mentre l’acqua batte lenta sulla stoffa. Non per testardaggine, ma perché ho qualcosa tra le mani che mi trattiene: un libro denso, La cultura visiva nel mondo greco e romano di Tonio Hölscher. Non solo un saggio, ma un invito a scavare nel tempo, tra immagini e significati. Qui, ora, la realtà si trasforma. Una domenica qualunque diventa un affresco di emozioni e reazioni: c’è chi fugge e chi resta, chi interpreta la pioggia come fine e chi come pausa. Due atteggiamenti opposti, ma entrambi segnati dal bisogno di senso, di controllo, di speranza.
Nel libro, Hölscher spiega come nell’antichità le immagini non fossero semplici rappresentazioni, ma strumenti vivi, capaci di costruire realtà e identità. Statue e rilievi non mostravano soltanto volti o scene, ma creavano mondi da abitare. Allora mi chiedo: cosa sto vivendo io, sotto questo ombrellone bagnato? Un semplice attimo di attesa, o qualcosa di più? Forse questa pioggia è un rito, uno squarcio che rompe la monotonia dell’estate, un invito a vedere diversamente.
Il rumore della pioggia sul telo è come un tamburo lento che scandisce il tempo sospeso. Sulla spiaggia, ormai quasi vuota, restano solo silenzi, ciabatte abbandonate, ombrelloni piegati come fiori chiusi alla sera. Il mare è cambiato: non più azzurro, ma di un grigio profondo, quasi metallico. Le onde sembrano più lente, come se anch’esse riflettessero su qualcosa. Sfoglio una pagina. La carta è umida, quasi viva. Hölscher racconta dell’Ara Pacis e della processione scolpita, dei volti che, pur antichi, non guardano indietro ma sempre il presente, anche quando è incerto, scomodo, bagnato.
Una bambina corre, senza ombrello, ridendo. La madre la rincorre, divertita e stanca. La pioggia per loro non è una rovina, ma un gioco, una liberazione. Mi sorprende pensare: chi ha deciso che la pioggia rovina la festa? In passato mi sarei infastidito, avrei abbandonato tutto per cercare riparo. Oggi no. Oggi ho con me un libro che parla di tempi in cui ogni gesto aveva significato, in cui le immagini erano vivi simboli. Forse sto solo imparando a restare.
Una coppia si siede poco distante, mani intrecciate, silenziosa. Sono loro stessi un piccolo rilievo, scolpito nel momento. La pioggia scende lieve su di loro come una benedizione. Dopo un’ora il cielo si apre di nuovo. Il sole torna, bianco e timido. La sabbia fuma al sole. La musica riprende dai bar, i corpi bagnati si scrollano la pioggia come cani. Chiudo il libro e lo accarezzo piano. Resto ancora un attimo in silenzio. Poi sorrido. E solo allora mi alzo.