La caduta silenziosa di un simbolo
C’è un’immagine pubblica che Jannik Sinner si è costruito negli anni: quella del talento silenzioso, del ragazzo di montagna con i piedi per terra, concentrato solo sulla racchetta e sul sacrificio. Un giovane riservato, allergico alla ribalta, che sembrava immune al fascino del gossip e del mondo glamour. Ma oggi quella narrazione, che aveva fatto innamorare milioni di italiani, sta scricchiolando sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.
Non è solo il ritorno del preparatore condannato per doping, Umberto Ferrara, a sollevare dubbi. A preoccupare è una metamorfosi più sottile, ma molto più insidiosa: quella di un campione che sembra sempre più attratto da una vita mondana sfrenata, visibile, ostentata. Un cambiamento che potrebbe avere un impatto diretto non solo sull’immagine pubblica di Sinner, ma anche sulla sua concentrazione, sulla sua etica del lavoro e, infine, sulle sue prestazioni.
Laila Hasanovic: bellezza e visibilità, ma anche rischio
Negli ultimi mesi, il nome di Laila Hasanovic è diventato inevitabilmente legato a quello di Sinner. La modella danese, classe 2000, è tutto ciò che incarna il lato più scintillante e appariscente del mondo social contemporaneo. Con un profilo Instagram che raccoglie centinaia di migliaia di follower, shooting fotografici in location esotiche, contratti con brand di moda internazionali e un curriculum sentimentale che ha già attirato l’attenzione della stampa rosa, Laila è l’emblema del lusso esibito e della fama costruita attraverso l’estetica.
Il suo passato con Mick Schumacher, figlio del sette volte campione del mondo di Formula 1, ha già abituato la modella a vivere sotto i riflettori. Non stupisce, dunque, che la sua presunta relazione con Sinner sia diventata subito materiale da tabloid. I due sono stati paparazzati insieme in Costa Smeralda, tra yacht, locali esclusivi e residenze da sogno come Villa La Contra, dove hanno soggiornato lontano dagli occhi indiscreti - almeno fino a quando le prime immagini non sono trapelate.
Una storia che, in apparenza, sembra solo una parentesi sentimentale. Ma a ben vedere, il fatto che un campione nel pieno della carriera scelga di esporsi così tanto - tra elicotteri privati, party a Cala dei Sardi, weekend in resort extralusso - solleva più di una domanda. Perché se è vero che ogni atleta ha diritto al riposo e alla leggerezza, è altrettanto vero che l’equilibrio tra vita privata e carriera è delicatissimo. E la presenza di figure così mediatiche può facilmente alterarlo.
Dall'umiltà al glamour: un passaggio pericoloso
Fino a poco tempo fa, Sinner era celebrato non solo per i risultati - straordinari- ma anche per il modo in cui li otteneva: con riservatezza, dedizione, sobrietà. Non concedeva nulla allo spettacolo, se non quello che offriva sul campo. Ora, quel profilo sembra lontano. Le recenti settimane estive lo hanno mostrato più vicino al mondo dello showbiz che a quello del tennis.
Non si tratta di moralismo, ma di una questione di priorità e percezione pubblica. Quando il tempo libero di un campione viene riempito da mondanità, la preparazione atletica, mentale e tecnica rischia di passare in secondo piano. Lo stesso Sinner, dopo la vacanza in Sardegna, ha deciso di saltare il Masters 1000 di Toronto, ufficialmente per “precauzione” in seguito a problemi al gomito. Ma tra i tifosi cresce il dubbio: è davvero un problema fisico, o una scelta dettata anche da una gestione poco accorta degli impegni?
Il ritorno di Ferrara è solo la punta dell’iceberg
A peggiorare il quadro c'è il ritorno - quasi surreale - di Umberto Ferrara, l’ex preparatore fisico sospeso dopo il caso doping che ha travolto il team di Sinner. Il reintegro, comunicato con toni diplomatici e rassicuranti, rappresenta un chiaro segnale: lo staff non ha intenzione di voltare pagina, né di prendere le distanze dagli errori passati. Piuttosto, sembra voler rimettere insieme i pezzi nel nome della “continuità”. Ma a che prezzo?
In qualunque altro paese, un ritorno simile sarebbe stato accompagnato da settimane di dibattiti, critiche e richieste di trasparenza. In Italia, invece, si è preferito normalizzare un comportamento discutibile, archiviandolo come un errore di percorso, già ampiamente perdonato. Così facendo, però, si manda un messaggio devastante: non conta quello che fai, conta solo quello che vinci.
L’esempio antico di un campione senza tempo
Per capire quanto sia lontana da questo modello la vera grandezza sportiva, basta guardare indietro nella storia, fino all’antica Grecia. Un esempio emblematico è quello di Milo di Crotone, un lottatore leggendario vissuto nel VI secolo a.C., famoso non solo per i suoi numerosi titoli olimpici ma anche per la sua disciplina ferrea.
Milo continuò a competere e vincere a livelli altissimi fino a circa 50 anni, un’età inimmaginabile per uno sportivo del suo tempo (e anche di oggi). La sua forza e longevità erano il frutto non solo di un talento naturale, ma soprattutto di un rigido stile di vita, di un’allenamento costante, e di un’attenzione estrema alla sua salute e al suo equilibrio personale.
A differenza di molti atleti moderni che cedono alle tentazioni della mondanità e del consumo sfrenato, Milo incarnava l’ideale del guerriero e dell’atleta: serietà, dedizione e sobrietà. Fu proprio questa condotta che gli permise di dominare per decenni e di diventare un simbolo eterno di eccellenza sportiva.
Un campione ha il dovere di dare l’esempio
Il problema non è che Jannik Sinner abbia una vita privata, o una relazione sentimentale. Il problema è la direzione che quella vita privata sembra prendere, e quanto essa possa interferire con la figura pubblica di un atleta che, oggi più che mai, rappresenta un riferimento nazionale. Sinner è un modello per le nuove generazioni, per i ragazzi che si avvicinano allo sport credendo nei valori del sacrificio, dell’impegno e della disciplina. Vederlo trasformarsi in un personaggio da rotocalco è una delusione cocente.
Serve una riflessione profonda, e non solo da parte sua. Anche i media, i tifosi e le federazioni devono imparare a distinguere tra successo e spettacolo, tra prestigio e popolarità. Perché un campione non è tale solo per quello che conquista, ma anche per ciò che rifiuta di diventare.
Una deriva che l’Italia non può ignorare
Siamo stati troppo rapidi a trasformare Sinner in un eroe nazionale, forse anche troppo indulgenti nel perdonargli il caso doping. Ma ora è il momento della verità. L’Italia tennistica — e non solo — ha bisogno di figure coerenti, limpide, capaci di tenere la barra dritta anche quando tutto intorno sembra spingerle verso il compromesso.
Se questa fase mondana dovesse trasformarsi in una nuova normalità, allora l’ascesa di Sinner rischia di fermarsi. E con essa, l'illusione di avere finalmente un campione diverso, un talento puro, immune alle lusinghe del circo mediatico.
Forse c’è ancora tempo per cambiare rotta. Ma serve coraggio. E, per una volta, una rinuncia alla ribalta.
Carlo Di Stanislao