ROMA – ‘Il nuovo oppio dei popoli’. Ricordiamo Goffredo Fofi con questo suo articolo del 2009 tratto dal libro “Son nato scemo e morirò cretino” (su licenza Minimum Fax).
La chiacchiera, che i più al giorno d’oggi scrivono ‘chiacchera’, domina le scene e la vita degli italiani, da quando la domenica è un giorno come gli altri e per una non piccola parte di loro ogni giorno è, lo si voglia o no, domenica. Ci sono chiacchieroni e chiacchierini e chiacchierati che parlano più degli altri, che si esibiscono chiacchierando, che hanno tanti o pochi ascoltatori, che sognano di diventare a loro volta chiacchieroni di successo, talvolta riescono a farlo, se si presenta l’occasione, addestrati per tempo a farlo. Questa è democrazia, si dice: pari opportunità, i cinque minuti di Warhol e così via.
Anche se la distanza tra chiacchieranti e ascoltatori non sembra affatto diminuire, nonostante il contatto fisico tra i due poli che è sempre più possibile e che dà la possibilità a chi ascolta di parlare a sua volta e, egli crede, di essere ascoltato. Ne sono un esempio non tanto le televisioni cosa risaputa, e che riguarda i cittadini più sprovveduti, la cosiddetta ‘gente comune’ a cui si è fatto credere che può non esserlo più, o che può esserlo in modi nuovi che l’accostano al protagonismo dei privilegiati – quanto i festival, le fiere, i saloni, i premi, le rassegne, gli eventi che trattano ‘di cultura’: di scrittura e cinema, teatro e musica, saggistica e giochi, filosofia e teologia, educazione e giornalismo, scienza e politica… (Grandi, inattese invenzioni si aggiungono a volte allo sterminato elenco delle vecchie sagre, le quali hanno però per il pubblico degli alfabetizzati la volgarità di parlare al corpo e non allo spirito, avendo alla base l’uva o i carciofi, le lumache o la pasta frolla, e non lo spirito e l’arte.)
Qui arriva un pubblico fatto di ‘ceto pedagogico’, soprattutto femminile – perché le donne leggono e seguono di più – a dar successo all’iniziativa, qua di giovani che vogliono vedere i loro idoli o capire come si fa a diventare famosi studiando gli esempi più riusciti, altrove di famigliole che, nei dì di festa, vogliono qualcosa di diverso eccetera. Le varianti sono tante, ma il risultato è lo stesso ed è invero preoccupante. Perché si ascoltano cose magari intelligenti e uniche (anche se i ‘grandi nomi’ rivendono spesso lo stesso testo, in giro per il mondo), e si applaude, e poi altre meno intelligenti, e si applaude anche quelle, poi gli invocatori di solidarietà per questa o quella buona causa, e si applaude anche quelli, poi i divaganti letterati specializzati nell’intrattenimento finto-profondo, e si applaude pure quelli, poi preti e atei, premi Nobel (vanno forte, da standing ovation!) e super-opinionisti, poi criminali redenti o perseveranti e ancora altra fauna, la più varia e la più colorita. E si applaude sempre, e si va a tavola e a casa soddisfatti per aver preso parte a qualcosa di molto intelligente, e per far parte dei buoni, dei salvati, dei pensosi, dei preoccupati, dei generosi, degli intelligenti.
Fpnte Agenzia DIRE - www.dire.it