Il cuore spezzato del mondo: Gaza, l'Occidente e l’eco dell’impotenza

 

Foto Facebook Segnalibro

"L’inferno sono gli altri."  Jean-Paul Sartre

Tra le sabbie della Striscia di Gaza e le onde calde del Mediterraneo, si sta consumando un dramma che va oltre la geopolitica. Non è solo una guerra. È una crepa morale che si allarga ogni giorno di più nel cuore di chi guarda e non sa cosa fare, nel cuore di un’umanità che, pur vedendo, resta impantanata nel dubbio, nella rassegnazione, nella paura di scegliere.

Le immagini di Gaza — bambini pelle e ossa, madri con sudari legati da uno spago, file di camion carichi di cibo bloccati da carri armati — non sono propaganda: sono realtà. E la realtà, quando è così nuda e spietata, non può essere ignorata. Non si tratta solo di una crisi umanitaria. È un grido collettivo che inchioda ogni coscienza, costringe a una domanda che non ha risposte facili: chi siamo diventati se davanti a tutto questo restiamo immobili?

Ma c'è un’altra realtà che non può essere taciuta. Quella del 7 ottobre 2023. Una data diventata cicatrice. Un attacco disumano, premeditato, feroce. Non solo contro vite, ma contro l’idea stessa di vivere. In quei momenti Hamas ha mostrato il suo volto più crudele: la volontà non di liberare, ma di annientare. Di infliggere morte non per giustizia, ma per vendetta. Bambini, donne, animali: nulla risparmiato. La violenza come messaggio, la paura come linguaggio.

Eppure, proprio qui, in mezzo a questi due inferni, quello dei carnefici e quello delle vittime, si blocca la mente di chi guarda. Perché i bambini scheletrici sono colpevoli di nulla. Perché le madri che scappano tra le macerie non portano armi, ma lacrime. E perché anche nei tunnel della guerra sopravvivono uomini e donne che hanno paura, che hanno fame, che non hanno scelto Hamas, ma ne subiscono le conseguenze. E allora, chi ha il diritto di decidere chi deve sparire?

La verità è che oggi si confrontano due estremi che si negano a vicenda. Hamas ha reso impossibile una convivenza. Ha usato la propria gente come scudo, ha rubato loro cibo, speranze, persino il diritto a vivere. Dall’altra parte Israele, ferito nel profondo, reagisce con una forza che appare cieca, spinta da un bisogno legittimo di sicurezza ma in bilico costante con il limite dell’umano. E nel mezzo c’è un’umanità stanca, delusa, annichilita. Un’umanità che vorrebbe solo vedere finire l’orrore.

E allora? Che fare? L’Occidente, spettatore coinvolto e spesso ipocrita, invoca la pace ma vende le armi. Difende diritti astratti ma dimentica quelli concreti. E si scopre prigioniero della sua incoerenza. Di certo, oggi, non può più permettersi la comoda equidistanza tra oppressore e oppresso, tra terrore e resistenza, tra civiltà e barbarie. Ma nemmeno può scegliere di rimanere in silenzio davanti al pianto di un bambino palestinese che chiede acqua e pane.

Nessuna soluzione sarà perfetta. Nessuna pace sarà pura. Ma una verità esiste: chi ha il potere deve usarlo per fermare il male, non per perpetuarlo. Chi ha il coraggio deve dirlo che questa guerra è una trappola costruita sull’odio, sul tradimento dei popoli da parte dei loro capi. E chi ha la voce deve gridare che un bambino non è mai colpevole. Mai.

Oggi Gaza è un simbolo: del fallimento della politica, della religione, della civiltà. Ma è anche un banco di prova per ciò che resta dell’umanità. E nessuno può più permettersi di dormire mentre l’inferno cresce e si allarga.

Forse aveva ragione Singer: “Un popolo che non può dormire e non lascia dormire nessun altro.” Ma oggi il popolo insonne è l’intera razza umana. E il suo sogno rubato è la pace.

Poesia di Italo Nostromo

Nel silenzio delle macerie,
urla il vuoto dei corpi spezzati.
Bambini che non conoscono sogni,
madri che stringono l’aria.

La guerra è un’ombra senza volto,
un’assenza che pesa sul cuore.
Non c’è giustizia nel pianto,
solo un’eco che si perde.

Chi decide chi deve morire?
Chi cancella il nome di chi spera?
Nel buio, resiste un filo sottile:
la luce fragile della vita.

Cammino con il peso del dolore,
ma porto con me un seme di luce,
perché anche nella notte più nera,
un piccolo fuoco può svegliare il giorno.


Carlo Di Stanislao

Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top