Leggi l'estratto. UDINE - Ci sono confini geografici e confini umani. Nostra Signora della frontiera (Bottega Errante Edizioni), il nuovo romanzo di Andrea Mella, in libreria dal 27 agosto, ci porta lungo le crepe del confine orientale dove si snoda la vita di Loris Degrassi, un passeur, un contrabbandiere di uomini che fa passare i migranti dall’altra parte.
Loris è solo un manovale al soldo di trafficanti più potenti, ma pagano bene, e tanto gli basta. Lui fa quello che sa fare: batte piste secondarie, le stesse che ha percorso per anni con il suo camioncino delle bibite. Il suo destino si incrocia con quello di Branka, una donna che sconvolge la sua vita, e poi di Adnan, un profugo siriano in viaggio lungo la rotta balcanica con il figlio Nadir. Ed è da questi incontri che si apre una faglia nella sua coscienza, come se fiutasse l’aria che precede la discesa di una slavina, e provasse a invertire la rotta che sembrava tracciata.
IL LIBRO - In Nostra Signora della frontiera Andrea Mella affronta la frontiera orientale italiana come spazio fisico e simbolico. Al centro, un personaggio indimenticabile: Loris, un passeur che si muove tra luci e ombre. Andrea Mella spiega: «Volevo dar vita a un personaggio vivido, autentico, uno di quelli che si possono davvero incontrare nelle nostre osterie, ma doveva per forza conoscere bene i luoghi, per svolgere l’attività di passeur, e cioè per guidare i migranti dall’altra parte, lungo piste nascoste; per questo ho pensato che negli anni precedenti consegnasse bibite a bar e ristoranti delle province di Trieste e Gorizia. Loris, però, ha molte sfaccettature, è una figura attraversata da ombre, con un’anima selvatica. Ed è proprio questa sua natura irrequieta a metterlo in allerta, a offrirgli la possibilità - forse l’ultima - di cambiare rotta, proprio quando tutto sembra già deciso».
LA SIRIA, I BALCANI - Il romanzo affonda le radici in un’esperienza personale legata al Libano e ai profughi siriani incontrati. Andrea Mella racconta che «nel 2013 ho visitato il Libano - il padre di mia moglie era originario di Beirut - e in quell’occasione sono rimasto colpito dalle condizioni dei profughi in fuga dalla Siria in guerra. Credo che sia stato quello il primo seme della storia. Allo stesso tempo, però, sentivo l’urgenza di raccontare qualcosa che parlasse anche di noi, da vicino. Così è nata l’idea di partire dalle nostre terre, che per molti rappresentano ancora una meta di salvezza. In mezzo, i Balcani: un territorio simbolico, crocevia della storia europea, eppure spesso trascurato dal mondo cosiddetto occidentale. Come diceva Arpino: scrivere significa portare testimonianza poetica del mondo in cui viviamo».
LA ROTTA BALCANICA - La rotta balcanica è filo rosso del romanzo, capace di incrinare anche i legami più consolidati di una piccola comunità: «Le figure considerate tradizionalmente autorevoli nel paese sono intaccate dalla corruzione, chi per avidità, chi per far fronte a bisogni economici sempre più impellenti. Del resto, quante volte nelle cronache italiane vediamo persone che rivestono ruoli istituzionali restare immobili? Penso, ad esempio, alla tragedia di Lampedusa del 2013, dove morirono 260 persone. La Corte d’Appello ha espresso un principio fondamentale: “La vita umana, la cui tutela è imposta dalla nostra Costituzione, viene prima di valutazioni asetticamente burocratiche”. Naturalmente questo non significa assolvere gli altri. Ma volevo raccontare una forma di corruzione morale, spesso alimentata dall’avidità o da una sorta di inerzia burocratica.
Detto questo, tengo a sottolineare che i personaggi del romanzo non sono mai monolitici. Ognuno di loro, anche quelli apparentemente più retti o più compromessi, nasconde doti e fragilità. Lo stesso Adnan, il padre in fuga dalla guerra siriana con il figlio, ha compiuto scelte discutibili. Nessuno è completamente innocente».
IL CARSO - Nostra Signora della frontiera è ambientato in un paese non definito del Carso isontino, scelta che Mella rivendica con forza: «Ero, prima di tutto, interessato ad ambientare una storia che partisse da vicino, da qualcosa che ci riguardasse direttamente. Per questo ho scelto il nostro confine orientale. Il Carso è un territorio capace di offrire una geografia straordinariamente fertile anche sul piano narrativo. I personaggi del libro portano dentro di sé qualcosa di sotterraneo, che può riaffiorare all’improvviso, proprio come un fiume carsico. C’è poi tutto lo spirito della frontiera, dove la Storia pulsa ancora. Migliaia di fanti mandati al massacro durante la Prima guerra mondiale. E poi, a pochi chilometri, un mondo che fino a pochi decenni fa era separato dalla cortina di ferro. Un territorio che ha vissuto una guerra civile lacerante e che oggi vede nuove colonne di profughi percorrere le stesse rotte di chi, ieri, cercava salvezza. Ho scelto di non nominare un paese definito per rendere ancor più labile i segni della frontiera: una frontiera porosa, difficile di per sé da essere definita».
ANDREA MELLA
Friulano di nascita, classe 1977, vive circondato dai campi nella provincia di Treviso, dove prova a recepire l’eco e le storie minute dei territori di confine. Nel 2014 pubblica Marittimo blues (Ediciclo), un reportage narrativo sulle genti di mare dell’alto Adriatico. Nel 2018 esce per le Edizioni del Foglio Clandestino la sua prima raccolta poetica, Il misantropo dei Sargassi. Suoi lavori, in prosa o poesia, sono apparsi tra l’altro sulle riviste “Risme”, “Il Foglio Clandestino”, “Digressioni” e sul blog di poesia della Rai.