Pierluigi Manzo e la Professione Press Agent: "ci vuole competenza, fermezza, affabilità e gentilezza". L'intervista di Fattitaliani



Dal 23 maggio in libreria Professione Press Agent: manuale di sopravvivenza. Comunicare cinema, fiction e star tra errori, aneddoti e successi, il primo libro in Italia sulla comunicazione dello spettacolo, edito da Les Flâneurs Edizioni. Chi è e cosa fa un press agent? Pierluigi Manzo, ufficio stampa per cinema e TV da oltre vent’anni, ci porta nel suo mondo, fatto di flash, telecamere, set cinematografici e copertine, per raccontarci, con ironia e leggerezza, come si promuove un film, una serie TV e come si gestisce l’immagine delle stelle del piccolo e grande schermo. Il libro sarà presentato in anteprima nazionale al RIFF - Riviera International Film Festival di Sestri Levante (GE), giovedì 8 maggio alle 11.00. Fattitaliani ha intervistato Pierluigi Manzo.

Come nasce l’idea di scrivere Professione Press Agent? Cosa ti ha spinto a raccontare questo mestiere?

Nasce dal fatto che nonostante sia un mestiere quasi onnipresente dietro le quinte dello spettacolo, in pochi lo conoscono e mi piaceva l’idea di dare una “struttura” una “identità” a questa professione. Da anni faccio dei corsi all’interno di un master per studenti, anche post universitari, e ho notato come all’inizio delle lezioni quasi nessuno conosce il nostro ruolo, alla fine delle lezioni sono in molti che lo prendono in considerazione per il loro futuro.

Perché secondo te in Italia mancava ancora un libro dedicato alla comunicazione dello spettacolo?

Me lo sono chiesto anche io e questo è stato un motivo in più per lanciarmi in questa sfida. Tra l’altro anche quel poco che è stato pubblicato una decina di anni fa è già obsoleto, il panorama della comunicazione e dell’entertainment è cambiato in modo radicale negli ultimi anni.

Chi è e cosa fa, davvero, un press agent oggi? Cosa continua a essere frainteso di questa figura?

Gestisce l’immagine e la relazione con i media, intesa anche come promozione, per film, fiction, show televisivi e star del piccolo e grande schermo. Dal pubblico, quello al di fuori del nostro ambiente, viene spesso confuso con l’agente, il giornalista ma anche il pubblicitario.

Quali competenze sono indispensabili per intraprendere questa carriera?

Più che competenze tecniche, come quella indispensabile di una buona scrittura, sintetica e incisiva, ci sono tante doti personali, che io chiamo “attitude” che un buon aspirante press agent deve avere. Il nostro è un rapporto che si basa moltissimo sulle pubbliche relazioni, con giornalisti, attori, produttori. Ci vuole competenza, fermezza ma anche affabilità e gentilezza, una qualità spesso dimenticata. Essere, come si dice, problem solving e multitasking, vivere la magia del cinema e dello spettacolo senza però farsi troppo abbagliare dalla luce dei riflettori.

Quanto è cambiato il ruolo dell’ufficio stampa con l’avvento dei social media?

È molto cambiato, senza dubbio, anche se i social sono un mezzo a metà strada tra informazione (quella che facciamo noi uffici stampa) e il marketing o la pubblicità. Fanno informazione perché sono diventati una fonte diretta di notizie per i giornalisti, pensiamo a tutte le notizie che arrivano da lì, ci sono personaggi che annunciano divorzi, future nascite e nuovi amori direttamente con un post Instagram. Per cui non possiamo ignorarne la forza comunicativa che hanno, specie per i target più giovani.

Nel libro racconti aneddoti ed errori: ce n’è uno in particolare che ti ha insegnato molto?

Quando minacciai di entrare in diretta in un noto salotto televisivo della Rai se avessero mandato in onda un servizio, un po' volgarotto, su un mio attore. Me lo ritrovai in scaletta pochi istanti prima di andare in scena, assolutamente non concordato. Lì ho capito che la gentilezza di cui parlavo prima non deve essere confusa con debolezza. Bisogna avere la capacità di essere fermi e irremovibili quando serve. Avevo tutti contro in quel momento, conduttrice, autori, tecnici. Ma quel servizio non andò in onda, io non entrai quindi in diretta e ricordo i complimenti, fatti sottovoce all’orecchio, dagli stessi autori che avevo contro: avevo fatto rispettare il mio ruolo. Che non è quello di semplice accompagnatore.
C'è stato un momento in cui hai pensato di mollare tutto? E uno in cui hai capito che ce l’avevi fatta?

Proprio mollare forse no ma pensare che avrei fatto poca strada forse. Ero più giovane e vedevo alcuni miei colleghi che per lavorare, frequentavano moltissimo l’ambiente, andando a festa, facendo vacanze con professionisti.



Come si gestisce un red carpet o una conferenza stampa in condizioni di caos o emergenza?

Bisogna sapersi un po' estraniare dalle proprie emozioni personali e saper, al contrario, infondere tranquillità bisogna far credere, anche quando non è vero, che si ha tutto sotto controllo!
Quanto è importante la relazione personale con artisti e giornalisti? Esistono “trucchetti” per non perdere mai il controllo?

La relazione personale è fondamentale e, credo, anche uno degli aspetti più belli e interessanti di questa professione. Ma si devono tenere i binari ben distinti, sei l’ufficio stampa e non l’amico, il padre o il confidente. Il trucco è questo, tenere i piani separati, puoi avere una accesa discussione professionale con un giornalista e il giorno dopo essere in prima fila alle sue nozze.

Hai mai avuto a che fare con una star particolarmente difficile? Come si affrontano le “crisi di immagine”?

Certamente, anche se fare nomi mi sembra poco educato e poi sai, come i medici, anche noi abbiamo il segreto professionale, se raccontassimo davvero tutto quello che abbiamo visto dietro le quinte! Bisogna essere pazienti, molto ma efficienti mai demoralizzarsi. Impossibile generalizzare su “crisi di immagine”, dipende da chi ha questa crisi, i motivi e quanto è forte. Spesso viene sottovalutato, però, il potere comunicativo del semplice “silenzio stampa”, che evita di fare inutili “errori di comunicazione”.

La comunicazione dello spettacolo è sempre più ibrida tra reale e digitale: cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi anni?

Non vedo estreme rivoluzioni nei prossimi anni, sicuramente una maggiore digitalizzazione ma non la scomparsa dei vecchi media. La Televisione resta ancora la regina dei media, la cassa di risonanza senza dubbio più forte e i giornali, benché la crisi editoriale sia innegabile, continuano ad avere il loro fascino.

Se potessi tornare indietro e parlare al “te stesso” di vent’anni fa, che consiglio gli daresti?

Nessun consiglio, vent’anni fa con leggerezza, coraggio e fermezza ho rivoluzionato la mia vita e cominciato da zero questo mestiere. Il me stesso di venti anni fa è stato bravo, non mi posso lamentare. Forse avrei dovuto viaggiare ancora di più di quanto ho fatto, i viaggi aprono la mente e lasciano ricordi e insegnamenti indelebili, è innegabile.
Il libro si chiama manuale di sopravvivenza: oggi, dopo tanti anni, tu ti senti più sopravvissuto o stratega?

Sono stato fortunato, la mia professione mi ha dato molto, direi un privilegiato…se non un miracolato!



Pierluigi Manzo è ufficio stampa di spettacolo da più di vent’anni. Inizia il suo percorso professionale nel team del canale Studio Universal, per passare pochi anni dopo alla libera professione. Nella sua carriera ha curato la comunicazione di oltre 200 titoli per il cinema e la TV, collaborando con le più importanti produzioni, distribuzioni e broadcast televisivi. Ha gestito le press PR in alcuni tra i più noti festival cinematografici e l’immagine di molti artisti italiani e star internazionali durante i loro tour in Italia. È docente, in materia di ufficio stampa, per la 24ORE Business School. Insieme ad Alessio Piccirillo, a cui si è poi unito Antonino Scalzo, ha fondato il team di comunicazione ManzoPiccirillo.


 

Giovanni Zambito

Fattitaliani

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